RECENSIONI
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Vienna

Ancora la Lecouvreur

Per dimostrare che, come si diceva poco fa, i tempi sembrano cambiati in favore dell'Adriana Lecouvreur di Cilea, questa bellissima opera è ritornata per la seconda volta nella storia della celebre Opera di Vienna, per consentire il debutto nei ruoli principali di Anna Netrebko e di Piotr Beczala. Il soprano – l'aveva cantato per la prima volta poco fa nel suo paese – ha sempre una voce enorme e ricca, ma questa volta sembrava che non fosse del tutto in possesso del personaggio, soprattutto per quanto concerne i recitativi o il canto di conversazione, e l'esempio più lampante è stato il monologo di Fedra; d'altronde il timbro è sempre più scuro e non sempre corrisponde all'ideale. Per fortuna le note acute e i pianissimi erano, come al solito, favolosi. Il tenore polacco era alla sua prima assoluta e cantava e fraseggiava in modo magistrale, non facendo mancare l'ardore e il canto sfogato, ma nei momenti richiesti; per una volta, Maurizio era nelle mani di un cantante di musicalità eccezionale – memorabile “L'anima ho stanca”.

Roberto Frontali era un bravo Michonnet benchè non particularmente interessante. Raúl Giménez , finora un magnifico Abate, era qui parecchio sopra le righe sia come interprete che come cantante. Alexandru Moisiuc era un molto corretto Principe di Bouillon. La Principessa veniva affidata al mezzosoprano Elena Zhidkova, il cui grave è parecchio ingolato e gutturale mentre negli altri registri il colore è troppo chiaro per un ruolo in cui non eccelleva neanche come presenza scenica. Bene gli altri, fra i quali vanno notati il basso Ryan Speedo Green (Quinault) ed il tenore Pavel Kolgatin (Poisson). Il coro, di cui in questi giorni si celebrano i novant'anni, veniva preparato per l'occasione da Stefano Ragusini. L'orchestra, come del resto è il caso anche del coro, quasi sempre è all'altezza della sua meritata fama, ma in quest'occasione la direzione eccessivamente nervosa di Evelino Pidò, con tempi rapidi che non consentivano di approfondire il lirismo e la malinconia di tanti momenti, non la lasciava brillare come avrebbe potuto.

L'allestimento che si riprendeva era quello scelto per la prima qui del titolo e che è stato visto per la prima volta alla Royal Opera House di Londra qualche anno fa per la regia di David McVicar. Con il trascorrere del tempo è diventato quasi (o senza quasi) tradizionale e anche non si annovera tra i migliori lavori del regista, funziona molto bene anche quando la coreografia di Andrew George riempie troppo il palcoscenico dentro il palcoscenico e diventa – volutamente – grottesca per finire in un caos forse molto teatrale ma poco ballettistico. Bravissimi, come era d'aspettarsi, tutti i ballerini.

Naturalmente i biglietti erano esauriti e andavano a ruba e le ovazioni, con fiori per i principali, non finivano mai, durante e dopo lo spettacolo e anche per strada all'uscita: ovviamente i destinatari delle maggiori espressioni di tripudio erano Netrebko e Beczala.

Jorge Binaghi

22/11/2017

La foto del servizio è di Michael Pöhn.