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Bellini… e gli altri

Da sinistra: Leonardo Bonura, Minji Kim ed Enrico Castiglione.

Il Festival Belliniano, fondato e diretto da Enrico Castiglione, giunto ormai all'undicesima edizione, prosegue a Catania il suo itinerario concertistico, iniziato a settembre, mese della morte del Cigno, per concludersi a novembre, mese della nascita del compositore catanese, con una maratona il 3 che proporrà film e documentari su Bellini nel corso della mattinata e del primo pomeriggio, e infine un concerto alla Badia di Sant'Agata, per chiudersi con il tradizionale incontro musicale in Cattedrale il 4, che vedrà protagonisti, oltre all'Orchestra da Camera Vincenzo Bellini e il Coro Lirico Mediterraneo, il mezzosoprano francese Geraldine Chauvet, concerto commemorativo che sarà offerto a titolo gratuito fino all'esaurimento dei posti.

All'ultimo appuntamento del mese di ottobre, svoltosi il 31, dal titolo We love Bellini!, hanno partecipato due dei finalisti del Bellini World Opera Competition, che ha sede a Parigi, l'altra città del Cigno, legata alla sua morte nel sobborgo di Puteaux, in contemporanea con le manifestazioni catanesi. Il maestro Castiglione ha quindi proposto al pubblico il soprano Minji Kim e il tenore Leonardo Bonura, che sono stati accompagnati dalla pianista Eugenia Tamburri.

Il programma, ricco e articolato, si snodava attraverso il panorama operistico italiano, con un'incursione anche nel grand-opéra, rappresentato dal compositore tedesco Giacomo Meyerbeer, con la cavatina di Marguerite Ô beau pays de la Touraine!, tratta da Les Huguenots. Fedele a una concezione diacronica della storia del melodramma, tesa a inserire Bellini quale punto di snodo tra la prevalenza del canto sulla drammaturgia, rappresentata grosso modo da Rossini e Donizetti, e la piena sinergia tra musica e testo ricercata con impegno e ostinazione da Verdi prima e da Puccini dopo, concezione dalle feconde possibilità per una nuova e più articolata visione del ruolo di Bellini all'interno del panorama operistico, e non solo italiano, il concerto ha visto impegnati i protagonisti in un ampio excursus musicale che, partendo proprio dal Cigno, proponeva arie famose che hanno nel contempo permesso al pubblico di apprezzare la qualità della scelta operata dai giudici del Bellini World Opera Competition.

Il tenore Leonardo Bonura, dotato di una voce possente e di uno stile di canto che potremmo definire all'italiana, ha eseguito Cielo e mar, da La Gioconda di Ponchielli, la cavatina di Pollione Meco all'altar di Venere insieme alla cabaletta Me protegge e me difende da Norma di Bellini, per proseguire con il Lamento di Federico da L'Arlesiana di Cilea, con E lucevan le stelle da Tosca di Puccini e concludere con l'aria di Alfredo De' miei bollenti spiriti, tratta dal secondo atto de La Traviata di Verdi. Il giovane cantante ha evidenziato nel corso dell'esecuzione una buona tenuta di fiato e una discreta musicalità, unite a un'estensione che gli ha permesso di affrontare senza soverchie difficoltà arie abbastanza impegnative come quelle tratte da Gioconda e Tosca, trovando poi in Cilea il suo momento più felice, mostrando nel Lamento una morbidezza di suono e accenti lirici che, se coltivati opportunamente, insieme al fraseggio ancora da perfezionare, gli permetteranno probabilmente di ritagliarsi un posto di rilievo nel panorama lirico italiano.

Discorso ben diverso va fatto per il soprano Minji Kim: cantante perfettamente a proprio agio nelle agilità, dotata di una tecnica sicura, di ottima tenuta di fiati e di una dizione impeccabile, si è esibita in alcune tra le arie più difficili e impegnative del repertorio operistico, spaziando con padronanza e disinvoltura da Eccomi in lieta vesta, da I Capuleti e i Montecchi di Bellini, per proseguire con Regnava nel silenzio, eseguita con l'impervia cabaletta Quando rapito in estasi da Lucia di Lammermoor di Donizetti, ripetuta come da tradizione due volte, dove la giovane cantante ha sfoggiato grande musicalità e agilità vocale, unite a una cura estrema degli abbellimenti e della copertura degli acuti, che sono risultati sempre morbidi e rotondi, come anche in Chi il bel sogno di Doretta da La Rondine di Puccini, ma soprattutto nell'aria di Gilda Caro nome da Rigoletto di Verdi, che ha messo in evidenza, oltre che la lunghezza e la duttilità, anche la luminosità della sua voce, in special modo nella zona acuta. Ottima anche l'esecuzione della già citata aria di Meryerbeer e del duetto del primo atto de La Traviata, Un dì, felice, eterea, cantata insieme al tenore.

La pianista Eugenia Tamburri ha accompagnato i cantanti con sobria discrezione, secondandoli nei tempi ma dando al contempo prova di fine musicalità, di morbidezza di suon e di una ricca tavolozza agogica.

Giuliana Cutore

2/11/2019