RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Barcellona, 4 gennaio 2013

Lezione magistrale

L'anno 2013 incomincia in modo splendido con due recite in concerto de Il Pirata di Bellini, un'opera che è purtroppo sparita dal ‘repertorio' in mancanza di emuli di Rubini, della Méric-Lalande e di Tamburini. E con questo si dice presto che la prima cosa per far risplendere il titolo sono i signori cantanti. Per una volta non si sono sprecati soldi in regie stupide (tradizionali o meno) ma si è andato al sodo: Devia e Kunde. Due maestri, bravissimi veterani, che hanno fatto tanto (e ancora sono in grado di farlo, come si è visto qui) per la causa del belcanto del primo Ottocento. E il pubblico è andato in estasi al punto di accogliere tutti, ma ovviamente soprattutto le due star – un po' dimenticate per la verità dai ‘grandi teatri' che però cercano disperatamente lo ‘star system' senza capire che non c'è gioventù, bellezza – e magari smorfie – al mondo che possano superare il lavoro, lo studio, la dimestichezza con un repertorio e uno stile, la tecnica e via discorrendo: proprio come Bellini comanda. Le voci non sono più giovanissime certo, ma come il buon vino hanno acquistato un'altra dimensione. Nel caso del tenore vorrei che mi si dicesse chi può oggi vantare di avere in repertorio i due Otello, Vespri, Ballo, Norma e adesso Il Pirata (tralascio Meyerbeer e Donizetti ‘rari' cantati una o due stagioni fa). Il fraseggio di Kunde e il suo temperamento hanno poi sviluppato un' ulteriore forza. La Devia è, si sa, un'interprete raffinata, piuttosto raccolta, aristocratica, ma l'evoluzione della voce le consente adesso dei gravi non potentissimi ma naturali, e la miracolosa articolazione e il rispetto delle note scritte (senza rallentandi, fioriture e ornamenti ‘ad hoc', coccodè, portamenti, filati a non finire e corone varie) ci hanno dato un'Imogene commovente. Salutata con entusiasmo dal pubblico già prima di aprire bocca, ogni suo intervento è stato un vero (e giustificatissimo) delirio.

Ovviamente non era possibile raggiungere la perfezione. Ma Vladimir Stoyanov ha campato un bravo Ernesto, non molto feroce (con un Gualtiero simile accanto è infatti impossibile) alle prese solo con le agilità del secondo atto e qualche acuto emesso in modo non ortodosso. Molto interessante il giovane Fernando Radó nei panni di Goffredo: dovrebbe imparare però a dosare meglio la sua voce (è bello farsi notare – e ha avuto alla fine un bell'applauso – ma il ruolo non è stato pensato per Lablache e nella piccola preghiera aveva qualche difficoltà). Bene Vicenç Esteve Madrid ed Elena Copons. Ottimo il coro preparato da José Luis Basso, che aveva tutto il fuoco che più di una volta mancava alla volenterosa orchestra, anche perchè Antonino Fogliani accompagnava bene, ma ha solo ‘diretto' davvero la scena finale (la sinfonia e la tempesta, o certe sezioni delle arie e numeri d'insieme risultavano piuttosto piatte e sembravano provenire da un Rossini non in particolare stato di grazia e alquanto meccanico). Del vivissimo successo per tutti si è detto. E poi Il pirata non sarebbe opera di repertorio.

Jorge Binaghi

10/1/2013