RECENSIONI
-

_ HOMEPAGE_ | _CHI_SIAMO_ | _LIRICA_ | _PROSA_ | _RECENSIONI_| CONCERTI | BALLETTI_|_LINKS_| CONTATTI

direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


Madrid

Noi, povera gente

 

La stessa messinscena del Wozzeck di Alban Berg che ebbe battesimo a Parigi, per la regía di Christoph Marthaler, veniva portata (come è solito fare) da Mortier a Madrid. Continua a non convincermi. Impossibile ridurre tutte quelle scene, ‘squarcio di vita' e il contrario, alla scena unica di un bar di periferia dove ci stanno dall'inizio tutti o quasi e dove magari ci restano anche quando non hanno niente da fare (pure i bambini che giocano fuori ma anche dentro – non guardano neanche il figlio dei protagonisti quando gli dicono che la madre è morta, così come il bambino non ha neanche il suo cavallino e il suo terribile ‘hip hop' diventa incomprensibile). Tutto illuminato dalla luce del giorno o dalle lampade o lampadine. In un titolo che lavora tanto sull'ombra e i colori scuri, un'inutile trasgressione fine a se stessa e perciò inutile. Quando si arriva alla resa dei conti, Marie sparisce spinta nella bocca di una bambola-macchina per bambini e Franz, tornato al luogo del delitto, siccome acqua non c'è, viene ossequiato con l'unico momento (brutale) di buio (ma la situazione scenica non si risolve neanche così). C'è poi l'elemento militare…che, tranne un po' il Capitano non si vede…Non c'è caserma, non ci sono altri soldati, e il Tamburo è un rockettaro un po' maturo di una volgarità estrema. Ma se gli autori non hanno voluto dargli un nome (come non ce l'hanno il medico o il capitano appunto) perchè cercare di farne dei personaggi quando non sono che ‘tipi'? Gli unici personaggi sono la ‘povera gente' che dicono Franz, Marie, Andres, Margret (perfino il ‘pazzo' è pazzo e basta, perfino il bambino è ‘il figlio'). Le due uniche scene davvero riuscite, guarda caso, sono quelle che trascorrono in una cantina. Franz sembra un cameriere tra il nevrotico e il folle, Marie una puttana consenziente e annoiata: non pare troppo azzeccato e invece risulta riduttivo.

Nell'aspetto musicale le cose erano molto più soddisfacenti, con un'orchestra ottima anche se Cambreling ci metteva due scene complete prima di capire che assordare pubblico e cantanti non era la cosa migliore. Il direttore è più interessante poi in questo repertorio che in altri, che purtroppo frequenta insistentemente e con risultati poco esaltanti. Molto bravo il coro preparato nei brevi interventi da Andrés Maspero. I membri che cantavano piccole parti molto corretti. Lo stesso va detto per il coro di bambini e il figlio di Marie (diretti da Ana González).

Bene Katarina Bradic (Margret), Francisco Vas (pazzo) e Scott Wilde (primo apprendista); discreto Tomeu Bibiloni (secondo apprendista). Bravo davvero Roger Padullés nella breve ma difficile parte di Andres. Franz Hawlata è molto più adatto al medico che – anni fa – al protagonista, ma il grave è sempre più aperto e per fortuna il registro acuto (fisso) non gli viene molto richiesto. Jon Villars ha ancora qualche acuto ma la voce sembra stimbrata e opaca anche se il tenore ce la mette tutta per il suo Tamburo.

Nadja Michael è una donna bellissima, una presenza scenica magnetica ma molto meno seducente come cantante: urla gli acuti, mentre i gravi sono quasi sempre ingolati e solo in centro il timbro è caldo, da mezzosoprano e di grande volume. Naturalmente dice con grande intensità. Davvero eccellente il Capitano di Gerhard Siegel in tutti gli aspetti di un ruolo irto di ostacoli. E poi c'era Simon Keenlyside, un Wozzeck più che da manuale. Come direbbero inglesi e americani, ‘bigger than life'. E' stato sempre uno dei suoi grandi ruoli ma adesso l'ha portato a livelli difficilmente superabili per lui stesso. Non solo è la chiarissima articolazione del testo, non solo la voce, il canto, lo ‘sprechsgesang', la recitazione tra l'allucinato, il folle, il ‘caso psicologico' e il filosofo-sociologo. L'ho visto appena un mese fa a Londra nei panni di un Papageno fuori classe. Qui siamo in presenza di qualcuno che è qualcosa di più di un grande cantante e grande attore, e quindi, tanto di cappello.

Jorge Binaghi

13/6/2013

Le foto del servizio sono di Javier del Real.