RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 

 

Uno straordinario “Billy Budd” di Britten

all'Opera di Roma

Nella costante ricerca di eminenti appigli letterari per il suo teatro in musica, Benjamin Britten non poteva trascurare un testo paradigmatico come Billy Budd. In esso Melville sparge una quantità enorme di suggestioni che l'autore britannico non manca di recepire, dando vita a un lavoro di grande impatto emotivo e notevole profondità, grazie anche alla sapiente confezione librettistica fornita dal grande scrittore Edward Morgan Forster e dall'esperto drammaturgo Eric Crozier. Un titolo desueto, che ben si inserisce nella costante esplorazione del repertorio britteniano portata avanti in anni recenti dal direttore James Conlon all'Opera di Roma. Il protagonista è un personaggio edenico, il quale addita un mondo precedente la caduta dell'uomo, inconsapevole della tentazione e dunque incapace a fronteggiarla. Una figura cristologica destinata al sacrificio, tradita per pochi denari dal novizio. La sua balbuzie è un difetto essenziale, che lo lascerà privo di difese di fronte alla falsa accusa di ammutinamento pronunciata da Claggart, il maestro d'armi della nave da guerra che, similmente allo Iago shakespeariano, aspira alla distruzione del bene, a qualsiasi costo. Non a caso Britten gli affida un grande monologo, che richiama nel nichilismo assoluto che lo innerva un analogo momento dell'Otello verdiano. L'impotenza verbale di Billy esplode in un gesto che, provocando la morte di Claggart, lo precipita nella colpa e nell'inevitabile condanna prevista dal codice militare. La vicenda viene rievocata dal capitano Vere il quale, pur consapevole dell'innocenza di Billy, non ha potuto fare nulla per salvarlo. L'angelo è destinato a cadere sotto i colpi di un ineluttabile destino, mentre il suo involontario carnefice porterà sempre indelebili i segni del rimorso. Il riferimento biblico al sacrificio di Isacco, del resto evocato dallo stesso Melville, ha qui un epilogo tragico. Da questo punto di vista, l'opera è una grande parabola dal significato complesso e per nulla univoco. Né appare trascurabile il tema dell'omosessualità, centrale in Britten. L'ossessione di Claggart scaturisce dalla visione del corpo di Billy, dalla manifestazione epifanica della sua bellezza, dalle spinte di un desiderio represso (e non a caso l'ispirazione di Britten si rivolgerà in futuro a un testo apparentemente anti-operistico, in realtà estremamente pregnante nell'ottica del compositore inglese, come Morte a Venezia di Thomas Mann). Una omosessualità velata si insinua nel mondo esclusivamente virile del vascello, adombrando le minacce omofobe che investiranno lo stesso Britten. Perché questa è un'opera totalmente maschile, dalla quale le voci femminili sono escluse. La nave da guerra è un microcosmo, una zattera della Medusa abitata da uomini ugualmente perduti, nonostante le differenze gerarchiche che li dividono. La nebbia, simbolo dell'indistinguibile confine fra il bene e il male, fra realtà e apparenza, avvolge il loro agire. Come in Moby Dick, la foschia ostacola la caccia (in questo caso è la nave nemica a fuggire), confonde le coscienze. Grande personaggio Billy Budd, innocente come il principe Myškin di Dostoevskij, schietto come il ragazzo selvaggio appena precipitato nel mondo, esente dalle storture del cosiddetto mondo civilizzato. La sua vicenda addita un percorso di salvezza in grado di trascendere la violenza che governa l'universo.

Lo spettacolo allestito all'Opera di Roma, coprodotto con il Teatro Real di Madrid e il Covent Garden di Londra, annovera fra le cose più belle alle quali lo scrivente ha assistito nella sua più che trentennale esperienza in questa istituzione lirica e non solo. La regia di Deborah Warner appare perfettamente calibrata sulle esigenze della musica. Le scene di Michael Levine costruiscono lo spazio in maniera efficace, con un ponte mobile che di volta in volta definisce gli ambienti. Assistiamo a un brano di teatro puro nel quale ogni movimento, ogni dettaglio contribuisce alla riuscita dell'insieme. La staticità dell'azione si traduce in una trama interiore di eccezionale pregnanza. Magistrale la scena finale del primo atto, con lo spazio scenico diviso fra il ponte del vascello, sul quale Claggart enuncia il suo monologo, e lo spazio sottocoperta all'interno del quale si dipanano i destini dei marinai. Toccante la scena nella quale, dopo essere stato condannato a morte, Billy precipita lentamente in basso, il braccio che fatica a staccarsi dal corpo del capitano Vere. Il carnefice è già stato assolto, il dramma viene risolto in un gesto colmo di significati. Nel momento della sua fine, la vittima sale una lunga scala che lo sottrae alla vista degli spettatori. La morte non viene mostrata, ma appare riflessa negli sguardi rivolti verso l'alto dell'equipaggio. L'ascesa assume, ancora una volta, significati di forte valenza simbolica.

Ugualmente magistrale la resa musicale. James Conlon dimostra di intrattenere un rapporto privilegiato con questa musica. La sua lettura lascia trasparire, nel nitido scorrere delle trame orchestrali, profili umbratili e mossi. Il mare e la nebbia, nella loro fantasmatica presenza, appaiono immagini del caos nel quale l'uomo si dibatte. Ottima l'Orchestra, che sfoggia tutto il proprio valore quando viene affidata a una bacchetta come quella di Conlon. Altrettanto valida la prova del Coro, impegnato in pagine di grande impatto evocativo.

Straordinario il capitano Vere di Toby Spence, un vero miracolo di introspezione psicologica reso con formidabile varietà di accenti. Ottimo il Billy Budd di Phillip Addis, tanto dal punto di vista scenico quanto da quello vocale. Eccellente anche John Relyea nel ruolo di Claggart, delineato con un vigore che non sfocia mai nella banale brutalità, ma giunge a evocare le oscure profondità del male. Perfettamente caratterizzate e ben cantate tutte le parti di contorno.

L'entusiasmo del numeroso pubblico testimonia come sia possibile investire sul teatro del Novecento senza rinunciare a riempire la sala, scardinando le riduttive maglie del più usuale repertorio.

Riccardo Cenci

17/5/2018

Le foto del servizio sono di Yasuko Kageyama.