RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Madama Butterfly al Bellini di Catania

una farfalla dalle ali di velluto

 

La Madama Butterfly di Giacomo Puccini su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica fu presentata per la prima volta al teatro La Scala di Milano il 17 febbraio del 1904, interpreti Rosina Storchio, Giovanni Zenatello, Giuseppe De Luca, direzione di Cleofonte Campanini, cadendo fra le urla scomposte e gli schiamazzi di un pubblico ostile e ottenendo in seguito il suo riscatto qualche mese dopo, con la stessa compagnia di Milano, al Teatro Grande di Brescia. Venne anche considerata da certa critica musicale “intellettualistica” una smaccata espressione dell'Italietta giolittiana, nonché una men che mediocre opera commerciale dalla trama tanto banale quanto di facile presa sentimentale.

Solo il tempo ed un approccio critico più dialettico ed equilibrato hanno permesso di riconoscere in Madama Butterfly un vero e proprio capolavoro, l'opera prediletta dallo stesso musicista che la definiva «…la più sentita e più suggestiva che io abbia mai concepito». Puntare su una messinscena eminentemente drammatica e tragica avrebbe potuto costituire grave impaccio se non risultare addirittura deleterio, rischiando di solennizzare troppo il personaggio e di trasformarlo in un prototipo da teatro naturalista, dal quale sarebbero emersi schianti emotivi e ruggiti disperati. Il dolore della protagonista tende a diventare invece più incisivo e penetrante se sussurrato e bisbigliato, se riesce a muoversi e districarsi sulle ali morbide e vellutate di una giovane “farfalla”, perché tale è l'adolescente Cio Cio San, che ne assume anche l'identico effimero, ineludibile e breve destino.

Ed è proprio sulla linea della delicatezza e della tenerezza dimessa che si è mossa l'edizione realizzata dal nostro teatro in coproduzione con il teatro Maribor della Slovenia. Ci riferiamo in particolar modo a regia, scene, costumi e luci, curati con estrema diligenza da Roberto Laganà Manoli, artista dal gusto squisito e dalla estrosa creatività, che ha saputo sviscerare, senza scadere mai nell'enfasi e nella forza, la ricca pregnanza spirituale ed emotiva dell'opera.

Donata D'Annunzio Lombardi ha delineato il personaggio eponimo da un punto di vista canoro con eleganza, musicalità, schiettezza di modi ed emissioni sostanzialmente ben controllate; altrettanto scorrevole e disinvolta ci è parsa anche la sua recitazione. Giorgio Casciarri ha sagomato un Pinkerton di buona comunicatività timbrica e sonora, anche se non sempre preciso nell'intonazione e nel fraseggio. Carmelo Corrado Caruso si è rivelato uno Sharpless apprezzabile, molto colloquiale e confidenziale, con un'ottima presa di voce e una dinamica equilibrata e ben controllata. Duttili e misurate anche le prestazioni di Antonella Colaianni (Suzuki), Concetto Rametta (zio Bonzo), Stefano Osbat (Gonzo), Daniele Bartolini (Yamadori), Antonella Guida (la madre), Aurora Bernava (la cugina).

Fabrizio Maria Carminati ha diretto la partitura con efficace fluidità e raffinatezza, sempre molto attento alle più piccole sinuosità e trasparenze foniche, curando di far emergere l'afflato di languido e accorato intimismo lirico sprigionantesi da essa.

Giovanni Pasqualino

La foto del servizio è di Giacomo Orlando.

 

 

 

 

 

 

 

 

Giobbe Covatta all'ABC di Catania

Una serata all'insegna dello sberleffo

La satira nasce con l'uomo e scopo degli attori comici è certo quello di divertire, allietare, svagare e ricreare il pubblico. Ma in verità ci sono forse due modi di indurre alla risata: uno più leggero, ameno, superficiale, che si avvale dell'eterno contrasto uomo-donna, della barzelletta, del calembour, del motto di spirito ecc; ed un secondo più mordace, tagliente, acre, ma dall'intento più profondo, che intende diventare pedagogico, irriverente verso governanti, politici ed alti magnati della finanza, quasi rivalsa beffarda dell'uomo comune.

Quest'ultima tipologia di satira è tipica del comico “impegnato”, del comico contestatario, che vuole dar voce ai deboli, ai vinti, agli sconfitti, ai diversi, agli emarginati, ai discriminati, insomma un comico alla Dario Fo, alla Maurizio Crozza ed appunto alla Giobbe Covatta, per distinguerlo da quello più ovattato, disimpegnato e quasi cabarettista, come Gino Bramieri, Raimondo Vianello, Sandra Mondaini ed altri.

Venerdì 19 novembre, presso il teatro ABC di Catania si è esibito Giobbe Covatta, un comico che ha evidenziato ampiamente di appartenere alla gamma dei comici che come scriveva Orazio intendono con le loro interpretazioni cogliere le profonde contraddizioni della realtà e del sociale, il cui intento è quello «ridendo castigat mores» e nel contempo oltre loro stessi di far ridere anche la gente mettendo in ridicolo figure di ministri, onorevoli, giornalisti, divi, politici e ogni sorta di personaggio della vita pubblica.

Bersagli quasi fissi dello humor partenopeo messo in campo dall'abilissimo, versatile e spassoso comico sono stati il presidente del consiglio Silvio Berlusconi ed i ministri Brunetta, Gelmini, Carfagna, Bondi, messi alla berlina con una verve davvero esplosiva, scoppiettante ed esilarante, rimarcandone perfino gli enormi strafalcioni e svarioni. L'attore ha dimostrato di essere un eccellente showman, riuscendo da solo a tenere la scena per quasi due ore, modulando la voce con estrema accortezza ed abilità, utilizzando una gestualità elegante e disinvolta ma sempre perfettamente contestualizzata, non annoiando mai, perfino quando ha proposto la lettura della Carta Internazionale dei Diritti dell'Uomo. Il foltissimo pubblico assiepato nella platea del teatro ABC ha gratificato Giobbe Covatta di lunghi, calorosi e reiterati applausi.

Giovanni Pasqualino

20/11/2010