RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Elisabetta al Castello di Kenilworth

al Donizetti Opera 2018

Secondo e imperdibile titolo del Donizetti Opera è stato Elisabetta al Castello di Kenilworth, che non era rappresentato da circa trent'anni, in un nuovo spettacolo ideato da Maria Pilar Pérez Aspa. Opera seria in tre atti, segna un passo in avanti nell'evoluzione compositiva del musicista, anche se dobbiamo ancora parlare di periodo “intermedio”. Eseguita per la prima volta al Teatro San Carlo di Napoli il 6 luglio1829 in occasione del compleanno della regina, dunque una serata di gala, è imposto il lieto fine di prammatica opportunità poiché si doveva rendere omaggio alla regale signora presente nel palco reale. Curioso sarebbe sapere se la clemenza della regina sulla scena potesse in qualche modo identificare lo stile di Maria Isabella.

Per anni l'opera fu considerata una partitura irrilevante, ma dopo la prima ripresa moderna, sempre a Bergamo nel 1989, ebbe una certa rivalutazione, anche se è doveroso ammettere che l'intreccio drammaturgico non ha chiare motivazioni, inoltre, a pro, dovremmo registrare che gli abbellimenti vocali sono davvero esuberanti. Non mancano evocazioni rossiniane, specialmente nel duetto tra Amelia e Warney, anche se si nota una notevole potenza drammatica che distingue un nuovo stile donizettiano, il quale in seguito si svilupperà nei capolavori che sappiamo. Altra particolarità dell'opera: fu la prima delle opere serie di Donizetti con due ruoli femminili contrapposti, questo spiega soprattutto l'intento del compositore di cercare altri spazi teatrali di rilevante espressività, e il pubblico del San Carlo ne fu entusiasta e confermò il successo per l'autore. Nel 1830, un anno dopo la prima napoletana, Donizetti sottopose a revisione il ruolo tenorile di Warney trascrivendolo per baritono, ma le tracce della partitura originale restano evidenti nella tonalità del canto.

Lo spettacolo ideato da Maria Pilar Pérez, con scene di Angelo Sala, si può ascrivere al teatro essenziale, una pedana obliqua, pochissimi elementi in scena, trionfa un anonimo tavolo, poi qualche tappeto, e una cancellata movibile che rappresenta la prigione di Amelia. La vicenda è narrata in maniera didascalica e pertinente ma senza momenti teatrali che si ricordino, sconfinando sovente nelle ruotine e nella superficialità. Bellissimi i costumi in stile elisabettiano ideati da Ursula Patzak, tranne quello da frate per il personaggio di Warney.

Sul podio la gradita presenza di Riccardo Frizza, direttore musicale del Festival, che concerta con consumata esperienza attraverso un perfetto equilibrio tra buca e palcoscenico, capace inoltre di trovare anche in questo Donizetti un po' acerbo il giusto dosaggio delle sonorità e un ritmo teatrale adeguato per la partitura. Positiva la prova dell'Orchestra del Donizetti Opera, e ottima l'esibizione del Coro diretto dal bravo Fabio Tartari.

Nel cast primeggia Jessica Pratt, un gran lusso per un ruolo come quello di Elisabetta. La cantante anglo-australiana svetta in una parte tipicamente virtuosistica, nella quale ha modo di mettere in luce le sue straordinarie qualità belcantistiche, con splendidi acuti, trilli e una padronanza del canto d'agilità davvero ragguardevole. A essere precisi bisogna dire che talvolta accusa una certa staticità nel recitativo e nell'interpretazione, ma sono caratteristiche già note della cantante, che tuttavia non pongono a sfavore dell'interprete che offre una prova di alto livello.

Francisco Brito, Leicester, è un cantante di buona scuola, che forse affronta una parte troppo ostica poiché composta per il celebre David e talune carenze in zona acuta erano evidenti. Nell'insieme però dimostra di avere un bel timbro pieno e latino, e uno smalto molto seducente, accomunato da un vigoroso fraseggio e un discreto uso dei colori. Carmela Remigio, Amelia, è sempre la cantante precisa e puntuale che conosciamo ma come evidenziato anche in altre occasioni la voce è sempre velata e con poca proiezione, tanto da non trovare uno stile adeguato, che era ben rifinito sino qualche anno fa, nel canto più elegiaco, contraddistinto da suoni più contenuti se non eseguiti con forza. Ottima la prova di Stefan Pop, Warney, brillante e preciso cantante che contrariamente alle sue corde riesce a primeggiare in una parte di baritenore, con un sapiente uso di fiati, accenti e una voce uniforme in tutti i registri. Buone le prove di Dario Russo, Lambourne ricco di sfumature, e di Federica Vitali, una Fanny precisa e musicale.

Pubblico numeroso alla recita cui abbiamo assisto, il quale al termine ha accolto l'intera compagnia con applausi calorosi e ovazioni.

Il festival ormai consolidato negli ultimi anni e sempre più in ascesa ha già annunciato i tre titoli della prossima stagione, che riprenderà al Teatro Donizetti in Bergamo bassa, per cui aspettiamo con curiosità la prima rappresentazione scenica de L'ange de Nisida, assieme al raro Pietro Il Grande e alla celeberrima Lucrezia Borgia.

Lukas Franceschini

19/12/2018

Le foto del servizio sono di Gianfranco Rota.