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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Un nuovo grande balletto alla Scala

Una prima assoluta molto attesa da tempo ha visto finalmente la luce – doveva venire presentata a marzo dell'anno scorso ma la nota situazione in cui in parte ancora versiamo l' ha rimandata fino a questo mese di ottobre. Madina, pensata prima come opera lirica, è finita come ‘teatro-danza', e cioè un balletto che ha anche un libretto cantato da due solisti e coro, recitato da un attore, più solisti e un corpo di ballo. Tre quadri senza interruzione ci raccontano, in un'ora e un quarto, la storia della protagonista che, manipolata dallo zio Kamzan, va a farsi esplodere in un attentato terrorista ma a ultimo momento decide di vivere. La condanna a vent'anni di carcere per la morte del artificiere che disinnescava l'ordigno mentre lo zio viene martoriato e ucciso, si tratta di un potentissimo ritratto di uno dei nostri problema globali attuali e si basa su un romanzo della libretista stessa, Emmanuelle de Villepin ( La ragazza che non voleva morire).

La musica di Fabio Vacchi è di una forza enorme, brutale per momenti ma non difficile o impossibile da seguire, per niente ‘intellettuale', ma neanche un racconto realístico o naturalistico; piuttosto un'astrazione su sentimenti e situazioni molto attuali (è ovvio che non c'è troppo posto in questo caso per la melodia, almeno nel senso più ‘tradizionale' del vocabolo). Personalmente non ho trovato allo stesso livello la scrittura per le voci, che è più interessante quando si tratta degli interventi corali (interludi e commenti dell'azione, registrate per le stesse ragioni ricordate prima) che all'ora di far cantare i solisti (il tenore Chuan Wang se la cava meglio perchè la linea è ‘moderata' anche se alquanto monotona; il mezzosoprano Anna-Doris Capitelli che compare a metà recita ha una vita molto più dura, non direi con richieste impossibili ma sì di quelle che possono mettere in rischio una voce; entrambi se la cavano bene): insomma continuiamo a confermare ancora una volta la difficoltà quasi insuperabile di scrivere oggi per voci liriche (Tutino, e non solo, dimostra però che impossibile non è). La parte di prosa ha dalla sua un testo molto interessante che ci offre le voci di tutti i personaggi della vicenda: Fabrizio Falco recita bene ma in modo – forse deliberatamente – poco partecipe.

Notevole il lavoro dell'orchestra del Teatro sotto la bacchetta del giovane e talentuoso Michele Gamba, che vanta anche una frequentazione notevole del repertorio moderno e contemporaneo oltre a quello ‘tradizionale', ed era un abile concertatore, capace anche di una grande espressività ma senza trascurare il coordinamento con i vari livelli d'interpretazione che si trovavano sul palcoscenico (cantanti, coro, narratore e ballerini).

Perchè in fondo in fondo la parte fondamentale la costituisce il balletto. Non scopriremo adesso il corpo di ballo della Scala: è stato fantástico in una coreografia – quella di Mauro Bigonzetti – che obbliga i corpi a tensioni estreme costringendoli a passi e posizioni difficili molte voto sotto una luce acceccante e con proiezioni in video molto azzeccate; e benché in molte occasioni si uniscono in figure o quadri potenti la sensazione prevalente è quella d'isolamento, fisico o mentale che sia.

Olga e Louis, i parigini che cercano di salvare con ogni mezzo, venivano affidati ai piedi – e tutto il corpo- di Martina Arduino e di Gioacchino Starace, entrambi arcibravi, notevolissimo. Il Sultano risulta ideale per le condizioni di Gabriele Corrado. Sulla coppia protagonista quasi non so bene cosa dire. E' naturale, per esempio, che su Roberto Bolle si usino aggettivi elogiosi quasi convenzionali. A più di 45 anni (che non dimostra per niente) e nel suo primo grande ruolo di antieroe o eroe negativo che si voglia era semplicemente più che perfetto: ogni posizione, ogni salto, ogni gesto non erano solo netti, precisi e superlativi dal punto di vista estetico, ma sempre al servizio della composizione di un personaggio difficile e complesso anche se può sembrare unidimensionale a prima vista.

Eccezionale altrettanto la protagonista di Anotnella Albano, mirifica nell'espressione delle ansie e sofferenze fisiche e psichiche, nei suoi momenti a solo, nei ‘duetti' e nelle scene d'insieme.

Alla fine l'applauso assomigliava a un'esplosione catarchica e raggiungeva il quarto d'ora. Ed era il secondo giorno di sala piena e senz'alcuna restrizione, e si vedeva e si sentiva eccome.

Jorge Binaghi

20/10/2021

La foto del servizio è di Brescia e Amisano.