RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Candide

al Maggio Musicale di Firenze

"Any question?" così termina l'opera comica Candide, su libretto di Hugh Wheeler dall'omonimo romanzo satirico di Voltaire, musica di Leonard Bernstein e rappresentata per la prima volta a Firenze nell'ambito dell'odierno 78° Maggio Musicale Fiorentino. Opera comica sì, ma non solo, semmai opera morale, la domanda finale è un pugno nello stomaco dell'ascoltatore, poiché di domande ce ne sarebbero molte, ma sappiamo le risposte, il dramma è questo. Leonard Bernstein fu uno dei più geniali direttori del XX secolo, personalità eclettica del panorama internazionale. Difficile dimenticare carisma, precisione, disciplina, modernità, genialità, per coloro che almeno una volta l'hanno sentito dirigere dal vivo. Parallela all'attività direttoriale, per la quale è maggiormente conosciuto, non è meno rilevante la creatività compositiva, basti pensare a West Side Story e alle colonne sonore di film quali Fronte del porto. In tale arte Bernstein ci ha lasciato una delle opere più espressive del secondo dopoguerra, di elevata forza espressiva e soprattutto morale, ancor oggi non si notano differenze su un libretto e gli insiti significati realizzato nel 1956. Innanzitutto bisogna tener presente la lungimiranza dell'autore nel voler musicare in forma di operetta (come lui stesso definiva il suo componimento) un testo come Candide ou l'Optimisme di Voltaire, che è una delle più grandi satire di tutti i tempi, senza esclusione di colpi e zone sociali, nel turbinio delle umane follie sino al termine del romanzo, in tal punto si suggerisce al lettore di porsi domande. Candide appartiene ad un genere di spettacolo ibrido, che riunisce in sé elementi del musical, dell'operetta, del tradizionale teatro d'opera, e s'inserisce nel filone del teatro satirico inglese di Gilbert & Sullivan, tipologia in voga agli inizi del secolo scorso nel quale erano canzonati temi “politici” e di attualità. Nel realizzare la prima stesura Bernstein e Lillian Hellman si rifecero al romanzo di Voltaire attualizzandolo all'età della guerra fredda e del maccartismo. Il prodotto non era pertanto teatro d'evasione ma teatro politico, che sotto l'ironia apparentemente leggera celava una rappresentazione sferzante dell'ipocrisia con la quale l'uomo cercava di nascondere la sua vera natura e il fine delle sue azioni. La parodia presentata sia a Boston e poi a Broadway si rivelò troppo seria e raffinata, perciò non fu colta appieno dal pubblico. Fu solo nel 1973, quando il libretto fu rimaneggiato da Hugh Callingham Wheeler, che rese lo spettacolo più frizzante e ripristinò il tono ironico di Voltaire, che l'opera ebbe un vero successo. Sempre nello stile di Bernstein la musica strizzava l'occhio a molteplici stili e alla danza, peculiarità che impressero nella critica e nell'ascoltatore una positiva affermazione. Volutamente la situazione drammatica sovente stride ironicamente con il carattere della danza creando effetti esilaranti e surreali.

Francesco Micheli realizza in questa nuova produzione uno dei suoi migliori spettacoli da me visti. Quale filo conduttore segue una frase di G. W. Leibniz “Viviamo nel migliore dei mondi possibili?”, e in base all'ironia ci fa capire che è esattamente il contrario. La drammaturgia è sviluppata sulla figura del protagonista Candide, sicuramente ispirato dalle migliori intenzioni ma anche un po' ingenuo, il quale è schernito dalla malvagità che lo circonda. L'ambientazione è in una fabbrica luogo di paradosso quale centro di produzione perfetto, ma lo è? Sicuramente no, tutto è organizzato al meglio ma speculatori cercano di comprare il tutto, il Dio denaro, infatti, apre molte porte. Il giovane protagonista è il bravo ragazzo illuso che vuole sposare l'amata Cunegonde ma le avversità e la malvagità imperante gli rendono quasi impossibile la realizzazione. Le varie traversie lo mettono a dura prova ma alla fine ci riuscirà, modificando le sue ambizioni, e ritirandosi nella casetta di periferia con il giardino. Amplificando ed esasperando nell'attualità tutti i riuscitissimi personaggi, il regista ci offre uno spettacolare spaccato della società odierna cogliendo appieno il messaggio sia di Voltaire sia di Bernstein, i quali allora come oggi evidenziano un mondo retto da soprusi ed ingiustizie, e Micheli segna questo elemento definendo le persone come una rotella della grande catena di montaggio della società, ove le libertà e la correttezza sono latenti da forze superiori. “Viviamo nel migliore dei mondi possibili?”, dice Voltaire (interpretato da Lella Costa), chiedendo al termine “Ci sono domande?”, decisamente no, è il messaggio e lo sappiamo benissimo. Scena spoglia ma in continuo cambiamento con l'entrata di container e flycase giganti, ottimamente realizzata da Federica Paolini, costumi lineari ma spesso sgargianti di Daniela Cernigliaro, luci azzeccatissime di Angelo Linzalata, e una coreografia bellissima di Alfonso Cayetano contribuiscono al meglio alla realizzazione di uno spettacolo che difficilmente si dimentica.

Sul podio abbiamo avuto la pregevole presenza di John Axelrod, un concertatore preciso che ha spronato l'ottima orchestra del Maggio Musicale in una lettura di straordinaria vivacità ed emblematico lirismo. Bravissimo il Coro preparato da Lorenzo Fratini. Il numeroso cast è stato istruito interpretativamente da Micheli in maniera stupefacente. Musicalmente abbiamo riscontrato un'omogeneità generale di alto livello. L'attrice Lella Costa era uno strepitoso Voltaire, in pattini a rotelle, che girovagava per il palcoscenico creando il trait-d'union delle vicissitudini, in perfetto inglese, con la classe che la contraddistingue da sempre. Keith Jameson era un Candide con voce lirica di particolare espressione, Richard Stuart un brillante e sagace Pangloss. Gary Giffiths preciso Maximilian, Jessica Renfro una divertente Paquette, Chris Merritt un indicativo Governatore, ruolo che oggi può ancora permettersi di cantare. Laura Claycomb, la quale cantava l'aria di coloratura più conosciuta, era una precisa Cunegonde, con grandi proprietà musicali anche se gli estremi acuti leggermente tirati, mentre Anja Silja era solo una presenza di nome poiché parlare di canto sarebbe azzardato, anche se il personaggio era mirabile. Completavano la locandina con ottime prestazioni Timothy Martin (Charles Edward), Luca Casalin (Augustus), Hector Guedes (Ivan), Christopher Turner (Sultano), Alessandro Calamai (Stanislaus), Christopher Lemmings (Ragotski) e Gianluca Di Lauro (Cacambo). Una particolare menzione per gli attori dell'Associazione Culturale Teatro della Limonaia e per i bravissimi ballerini di MaggioDanza. Il pubblico ha apprezzato moltissimo lo spettacolo nel suo insieme e al termine ha decretato un autentico trionfo a tutta la compagnia.

Lukas Franceschini

12/6/2015