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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 

 

La lezione di canto

al palazzo Biscari di Catania

L'intermezzo non era altro nel Settecento che un'azione comica, di solito in due parti, che veniva rappresentata fra un atto e un altro di un'opera seria. E fu proprio a Napoli che tale genere musicale ebbe un grande favore popolare, raggiungendo il suo fulgore nella prima metà del secolo con alcune creazioni di Alessandro Scarlatti, Leonardo Leo, Rinaldo da Capua, Leonardo Vinci e sicuramente La serva padrona di Giambattista Pergolesi del 1733, considerata a ragione il capolavoro assoluto degli intermezzi musicali.

Mercoledì 18 ottobre, presso il salone delle feste del Palazzo Biscari di Catania, all'interno dell'Ottavo Festival Internazionale del Val di Noto "Magie Barocche", presieduto dal prof. Antonio Marcellino e diretto dal maestro Michele Gasbarro, ha avuto luogo la rappresentazione in forma semiscenica (cioè con costumi dell'epoca) de La lezione di canto, un pasticcio musicale in un atto ideato da Luca Dardolo, che lo ha basato sull'intermezzo musicale Cantarina e il Maestro (1698) del compositore partenopeo Giovanni Antonio Costa, creazione della quale esiste una sola copia manoscritta presso la Sächsische Landesbibliothek di Dresda. Tale musicista, di cui si posseggono poche e blande notizie biografiche, pare sia stato un sacerdote al servizio della Congregazione del SS. Crocefisso a Roma e membro dell'Accademia Filarmonica di Bologna.

Il pasticcio musicale realizzato da Dardolo ha utilizzato la semplice trama della lezione di musica impartita da un maestro alla sua allieva come struttura portante sulla quale innestare alcune arie e duetti tratte da altre opere, per offrire così al pubblico un pastiche piacevole, simpatico e spiritoso. I brani inseriti, rispettosi di quell'uso che in seguito, nella pratica della storia della musica, li definirà congruentemente come “arie da baule” erano: Usurpator tiranno di Giovanni Felice Sances; Amanti, io vi so dire di Benedetto Ferrari; Bel pastor dal cui bel guardo, il duetto di Valletto e Damigella da L'incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi; le arie Avrilla mia, O fonte serena, Che fai tu vita mia, Sonino, scherzino, di Giovanni Girolamo Kapsberger, e Nel cor più non mi sento di Giovanni Paisiello.

Il mezzosoprano Debora Troìa nella parte della Cantarina ha esibito una vocalità salda, luminosa e ben tornita, tutta riflessa su morbide, calde e gradevoli gradazioni espressive. La sua abilità canora trovava adeguata corrispondenza nella sua sbarazzina ed effervescente esibizione drammaturgica e nella spontanea gestualità corporea. Altrettanto in ruolo ci è parso il tenore Luca Dordolo che ha evidenziato oltre ad una sicura tecnica vocale anche destrezza e sicurezza nel ruolo del maestro di musica, reso con spirito di leggerezza e leggiadria. Ottime le prove strumentali offerte da Basilio Timpanaro (clavicembalo) e Silvio Natoli (tiorba, chitarra barocca e viola da gamba) che hanno messo in campo alto gusto e sicura musicalità, accompagnando i due solisti con notevole precisione, discrezione ed equilibrio.

Il folto pubblico intervenuto alla serata ha tributato ai quattro artisti calorosi e prolungati applausi ai quali essi hanno risposto con un raffinatissimo encore , l'aria di Claudio Monteverdi “Pur ti miro” dall'Incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi.

Giovanni Pasqualino

18/10/2018