RECENSIONI
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Vienna

Carmen, protagonista don Josè

Tre recite dell'opera di Bizet con il tutto esaurito hanno una ragione chiara: il debutto nella parte del protagonista maschile di Piotr Beczala, per di più amato a Vienna con delirio, e direi meritato. Il grande tenore polacco ha aspettato un quarto di secolo per alcuni roli che da tempo lo facevano sognare e, come già qui stesso con il Maurizio della Lecouvreur ha fatto capire che la sua prudenza paga. È arrivato con poche prove, come si usa qui per gli allestimenti ormai della casa e da tempo (si arrivava alle 160 repliche di questo spettacolo) ma assolutamente preparato. Dizione esemplare, interpretazione personale, per niente verista, per niente nevrotica, un uomo giovane attirato da un mondo libero senza leggi che entra in conflitto con la figura onnipresente della madre attraverso la giovane che lo ama. Quando si lascia andare finisce uccidendo contro sua stessa volontà. E poi, che cantante. Ha affrontato i momenti più ostici per la sua vocalità lirica (un duetto dell'atto primo e un'aria del fiore da sogno) senza forzare ma con ottimo squillo e grande energia, e penso al finale terzo e al duetto finale con la frase di chiusura dell'opera.

Solo Carlos Álvarez nei panni di Escamillo poteva tenergli testa; il baritono di Malaga non avrà oggi la figura ideale del torero ma ha cantato proprio bene e ha tracciato bene il suo personaggio. Olga Bezsmertna cantava una Micaela di suoni fissi nell'atto primo ma per fortuna si trovava più a suo agio nel terzo. Fa dei bei piani, l'acuto è lí, metallico, ma il timbro è anonimo e l'interprete poco interessante. Purtroppo la Carmen di Margarita Gritskova, di splendida figura e mezzi interessanti, era sbagliata come fraseggio, la voce di petto era troppo richiesta, perfino nei recitativi o i dialoghi non sempre con successo, e la zingara procace non stava nè in cielo nè in terra. Tra i comprimari vanno notati Simina Ivan (Frasquita dagli acuti sicuri), Orhan Yildiz (Morales, un ruolo più adatto di Belcore), ma soprattutto il giovane baritono Igor Onishchenko (un Dancairo di lusso che promette bene).

La direzione di Jean-Christophe Spinosi, lontano per una volta del suo repertorio barocco, era davvero interessante anche se con tempi rapidissimi in molti momenti e non sempre riusciva a evitare che l'orchestra avesse la meglio.

L'allestimento di bellissimi costumi (Leo Bei) per la regia di Franco Zeffirelli, autore anche delle ottime scene, si avvaleva di una coreografia poco interessante di Rafael de Cordova e mostrava le rughe: molto colore, molta (troppa) gente, poca direzione di attori. All'occhio piace ma in teatro l'occhio non è tutto. Pubblico molto generoso negli applausi, con punte di acceso entusiasmo per Beczala.

Jorge Binaghi

1/2/2018

La foto del servizio è di Michael Pohen.