RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Studio per Carne da Macello

per la Giornata Internazionale contro la violenza sulla donna

Il 25 novembre, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulla donna, il Teatro Stabile di Catania ha proposto Studio per Carne da Macello, un crudo testo teatrale scritto dalla coppia Valentina Ferrante-Micaela De Grandi, il cui merito più grande è quello di aver saputo con concisione e brevità, ma senza compiacimenti, descrivere non solo la quotidiana violenza che le donne sono costrette a subire, ma anche le responsabilità che le autorità che dovrebbero essere preposte alla prevenzione e alla repressione (perché parlare di punizione è dir poco) hanno nel dilagare di tale fenomeno che, lungi dall'accennare a placarsi, assume di giorno in giorno proporzioni più rilevanti e patologiche.

La serata, aperta da Laura Sicignano, direttore dello Stabile di Catania, che ha sottolineato l'intento e le finalità civili che dovrebbe avere ogni stagione teatrale, prevedeva anche la partecipazione dei rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, che dopo lo spettacolo, insieme alle registe, hanno incontrato il pubblico, dando il via a uno stimolante dibattito.

Le attrici presenti sulla scena, Elisabetta Anfuso, Giovanna Criscuolo, Laura Giordani, Raniela Ragonese, insieme alle stesse De Grandi e Ferrante e alla sessuologa Susanna Basile, hanno tratteggiato a tinte fosche e truci tutto l'inferno che le donne vivono spesso tra le mura domestiche, sul lavoro, senza risparmiare una volta tanto (alla faccia di certe politicanti che ancor oggi osano definire cultura l'Islam) le lapidazioni ancora in uso presso i popoli islamici, talvolta con la complicità e l'acquiescenza delle stesse donne che, lungi dal ribellarsi, supportano con il loro colpevole e delittuoso silenzio tali barbari costumi (senza offesa per i barbari!).

Né sono state salvate le istituzioni: il dito è stato puntato sulla scarsa prevenzione, sulle autorità di pubblica sicurezza che spesso ignorano e minimizzano gli accorati appelli e le denunce delle vittime, tranne poi a intervenire solo e soltanto quando ci scappa il morto, ma soprattutto sull'esiguità delle pene riservate a violentatori, assassini e stalker. Stessa sorte è toccata all'odiosa argomentazione secondo la quale una donna che gira scollata o in calzoncini per strada, in discoteca, o in spiaggia (basti pensare a quella demente che non molto tempo fa ha osato dire in pubblico che agli islamici bisogna insegnare che le donne non si violentano in spiaggia, perché poverini non lo sanno!) se la va a cercare perché provoca gli uomini…

E degno corollario di questo atto di accusa, che non ha escluso nemmeno il mondo della carta stampata e della televisione, con certi giornalisti dediti a domande idiote ai familiari delle vittime di violenza e intenti a trasformare gli assassini in morbosi oggetti di desiderio per un pubblico ancora più cretino, è stato l'aver chiamato sul palcoscenico, alla fine dello spettacolo, la dottoressa Serafina Strano, violentata una notte mentre svolgeva il suo lavoro di medico presso la guardia medica di Trecastagni. Un caso emblematico, esempio di una tragedia annunciata ed evitabilissima, alla quale però, con un'arroganza che ricorda mutatis mutandis quella del delitto Fava, dove si arrivò a insinuare che l'omicidio fosse avvenuto per motivi erotici o ricattatori, e dunque assolutamente estranei alla mafia, si è tentato quasi di dare una giustificazione all'aggressore, insinuando un presunto, precedente rapporto amoroso tra il medico e il suo stupratore, degenerato in una lite e culminato con lo stupro.

Giuliana Cutore

27/11/2018