RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Un dittico contemporaneo

al Teatro Malibran di Venezia

Il teatro La Fenice si conferma ancora una volta molto attento alla musica del '900 e contemporanea. Infatti, al Teatro Malibran è stata rappresentata Cefalo e Procri di Ernst Krenek, opera composta per il Teatro Goldoni di Venezia nel 1934, assieme a Eccessivo è il dolor quand'egli è muto di Silvia Colasanti, un brano lirico-sinfonico, commissione della Fenice, su testo di Giovanni Francesco Busenello tratto da Gli amori d'Apollo e di Dafne di Francesco Cavalli. Colasanti ha affrontato la vicenda di Ovidio favorendo l'originale aspetto tragico, in esso s'incontrano gelosie insinuate da terze figure che sviluppano tradimenti che altrimenti non si sarebbero consumati, per culminare nella tragica morte di Procri. È imperante il sentimento angoscioso e drammatico. Il testo è uguale all'originale e anche la linea vocale è rimasta pressoché identica, con delle aggiunte che potremmo definire preludio e finale orchestrale che si rifanno a una composizione moderna. Convince pienamente l'intreccio tra antico e moderno per la trasformazione armonica che l'autrice utilizza, e l'idea positiva di non interferire drasticamente sulla linea di canto contribuisce a rafforzare la drammaturgia cui si affianca un raffinato utilizzo della narrazione, qui predominante più che mai.

Ernst Krenek nacque a Vienna nel 1900, città ove compì i suoi studi prima di trasferirsi a Berlino, diventando allievo di Franz Schreker. In Germania lavorò spesso come direttore d'orchestra nei teatri d'opera, nel 1922 conobbe Alma e Anna Mahler, moglie vedova e figlia di Gustav, che gli richiesero di completare la Decima Sinfonia del maestro. Egli accettò, lavorando sul primo e sul terzo movimento, e nel 1924 sposò Anna, da cui si separò nemmeno un anno dopo le nozze. L'opera compositiva di Krenek fu messa al bando dal Partito Nazista come esempio di arte degenerata, di conseguenza nel 1938 egli partì per gli Stati Uniti, dove divenne cittadino americano nel 1945 e insegnò in diverse università, principalmente la Hamline University nel Minnesota. Morì a Palm Springs nel 1991. Krenek utilizzò nel corso della sua carriera diversi stili compositivi; partì dal tardo-romanticismo in cui forte si sente l'influenza del maestro, Franz Schreker. In seguito, si cimentò con l'atonalità ma durante un soggiorno a Parigi conobbe Igor Stravinskij e Les Six, che lo portarono verso il neoclassicismo. La sua celebre opera, composta nel 1926, Johnny spielt auf, successo duraturo in tutta Europa, evidenzia il suo interesse per il jazz. Un nuovo peculiare ritorno al neoromanticismo è presente nel ciclo di Lieder Reisebuch aus den österreichischen Alpen (Diario delle Alpi Austriache), per poi passare alla tecnica dodecafonica, uno stile che ha caratterizzato la seconda parte della sua parabola compositiva, un esempio è identificabile nell'opera Karl V (1931-33). Inoltre fu autore anche di musica elettronica e aleatoria. Cefalo e Proci fu composta su libretto di Rinaldo Küfferle , contiene una “moralità pseudo-classica” condensando tutta la forza di un dramma della gelosia e dell'incomprensione tra i due amanti narrati da Ovidio ne Le Metamorfosi. La musica di Krenek si rifà al suo periodo storico di composizione e contiene atonalità, alcuni riferimenti neoclassici, spunti wagneriani e tipici stili dell'opera italiana (lo stesso libretto è in lingua italiana). Dopo l'ascolto non c'è euforia come non vi fu neppure alla prima assoluta, la quale fu notevolmente stroncata dalla critica.

Valentino Villa firma in quest'occasione la sua prima regia d'opera. Il regista ha affermato: “In Krenek la morte di Procri a opera di Cefalo è stata cancellata. Procri sopravvive grazie all'intervento della dea Diana. Al contrario Eccessivo è il dolor di Colasanti si nutre di questa morte il cui lascito è, nella mia visione, tristemente raccontato in Ciò che resta ”. Abbiamo quindi una doppia immagine del mito e di conseguenza una doppia immagine di Procri. Questa linea drammaturgica ha portato Villa a privare la vicenda di Cefalo e Procri dell'aurea mitologica, gli dei sono umani. L'Olimpo è una comoda dimora nella quale gli dei rivaleggiano tra loro e i protagonisti si muovono in una sorta di divertissement che racchiude un frammento del mondo classico. È magistrale il lavoro di “collage” dei due spartiti, attraverso una funzionale narrazione drammaturgica. I quadri visivi, che si rifanno agli storici già riferiti divertissement, la visione umana dei personaggi, cui si aggiungono, come in difformità, i paesaggi alpestri creano una forte emozione in una lettura molto originale e pertinente. La scenografia di Massimo Checchetto aiuta in modo efficace questo intento, i costumi di Carlos Tieppo sono molto belli e molto azzeccato è il disegno luci di Vilmo Furian.

Sul podio c'era Tito Ceccherini, un direttore che è un indiscusso riferimento in questo repertorio. Egli è capace di districarsi con assoluta brillantezza tra lo stile di Krenek e quella della Colasanti, assai differenti tra loro. Se del compositore austriaco coglie appieno ogni tipica sfaccettatura, soprattutto dodecafonica e il ritmo, dell'italiana focalizza una lettura di grande respiro con ricercate armonie e uno sviluppo narrativo-sinfonico di ottima fattura. Silvia Frigato, Procri in entrambi i lavori, è molto valida come interprete nella scrittura barocca della Colasanti, dove sfodera fraseggio e colori davvero ragguardevoli. Altrettanto valida nell'opera di Krenek, nella quale tuttavia non ha modo di esprimere altrettanto talento causa la scrittura stessa dello spartito. Leonardo Cortellazzi, Cefalo, è artista poliedrico capace di districarsi con molta bravura in un repertorio vastissimo. E anche in quest'occasione “moderna” abbiamo apprezzato vocalità, stile e precisione davvero ragguardevoli. Professionali le prove di Cristina Baggio, Aurora, e Francesca Ascioti, Diana, e un cammeo illustrissimo è stato quello di William Corrò nel ruolo di Crono.

Teatro che registrava purtroppo parecchi vuoti, ma in parte era prevedibile, successo convinto a termine per tutta la compagnia, staff tecnico e per la compositrice Silvia Colasanti, presente in sala.

Lukas Franceschini

9/10/2017

Le foto del servizio sono di Michele Crosera-Teatro La Fenice.