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Chopin e l'Italia

pregiato libro edito dal “The Fryderyk Chopin Institute” di Varsavia

Il volume Chopin e l'Italia, edito dal “Fryderyk Chopin Institute” di Varsavia nel 2015 e proposto in un'elegante veste tipografica a cura del prof. Jerzy Miziolek, direttore del Museo dell'Università di Varsavia, in collaborazione con Wojciech Bonkowski e Leonardo Masi, offre al lettore rari, curiosi ed interessanti spunti riguardo al rapporto del grande compositore polacco con la cultura, l'arte e la musica italiana.

Il primo saggio del pregevole testo ha per titolo “L'Italianità di Varsavia ai tempi di Chopin”, di Jery Miziolek e Leonardo Masi, e si occupa degli studiosi e uomini di cultura italiani che vissero o passarono da Varsavia nei primi decenni dell'800, nel novero dei quali spiccarono il musicista Carlo Evasio Soliva, l'architetto Antonio Corazzi, il commerciante di stampe e spartiti Daltrozzo, fino alla grande cantante Angelica Catalani che nel 1820, dopo avere ascoltato ed elogiato il decenne Chopin al pianoforte, lo gratificò anche di un orologio d'oro. Inoltre viene adeguatamente ricostruito il milieu dell'enclave italiana all'interno della capitale polacca.

Il saggio seguente di Zofia Helman, tradotto da Leszek Kazana, si occupa in modo meticoloso e dettagliato del rapporto fra il giovane compositore polacco ed il musicista italiano Carlo Evasio Soliva, nominato all'epoca docente di canto e direttore del Conservatorio di Varsavia, ove soggiornò fino al 1832.

Il terzo saggio di Alina Zorawska-Witkowska, tradotto da Wojeciech Bonkowski, analizza in modo circostanziato e particolareggiato gli influssi della musica italiana in generale nell'opera del compositore, mentre il quarto saggio di Michele Sganga osserva con competenza l'influenza della musica di Gioacchino Rossini su quella del grande polacco, soffermandosi in particolare sul Trio della Polacca in si bemolle minore, nel quale viene ripreso un tema de La gazza ladra, vale a dire dell'aria cantata nel primo atto dal soldato Giannetto, “Vieni fra queste braccia”, di ritorno dalla guerra, al suo apparire sulla ribalta.

Il quinto saggio di Artur Szklener “Chopin e Bellini”, nella traduzione di Wojciech Bonkowski, sviluppa un interessante confronto fra l'arte del musicista polacco e quella del siciliano, comparando creazioni che evidenziano profonde affinità nella conduzione della linea melodica e nella struttura armonica. Vengono riportati in modo congruente perfino degli esempi musicali tratti da alcune ariette per canto e piano di Bellini, quali “Per pietà bell'idol mio” e “Ma rendi pur contento” ed alcuni Notturni di Chopin quali l'op. 15 n. 1, l'op. 9 n.2 e altri ancora.

Il terzultimo studio “Venezie immaginarie, appunti sulle barcarole di Chopin” redatto da Jean-Jacques Eigeldinger e tradotto da Leszek Kazana, affonda nell'analisi di due celebri creazioni nelle quali il musicista si affida all'evocazione di cullanti ninne nanne, dove l'acqua col suo dolce ondeggiare e sciabordare rappresenta l'evocazione ed il simbolo di un dolce ritorno allo stato prenatale, dove ogni affanno e dove ogni dolore esistenziale trovano requie e quiete assoluta. Evidenzia infatti l'autore dello studio: «La stellare Berceuse in re bemolle maggiore op. 57 e l'antitetica solare Barcarola in fa diesis maggiore op. 60 sono due imprescindibili punti di arrivo tanto dell'opera di Chopin, quanto di tutta la letteratura pianistica mondiale».

Il penultimo scritto di Giuseppe Tavanti “Operisti italiani al pianoforte. Il modello pianistico chopiniano nel salone italiano”, dichiara subito il suo intento precipuo: «In queste pagine vogliamo però evidenziare un aspetto che reputiamo abbastanza interessante, forse sino ad oggi non ritenuto di primo piano: il fiorire di una letteratura pianistica italiana sul modello dello stile chopiniano». Vengono così passate in rassegna varie composizioni di pianistiche di Vincenzo Bellini, Gaetano Donizetti, Giuseppe Verdi e Giacomo Puccini.

Conclude il volume, last but not least, il saggio di Dario Miozzi “Maurizio Pollini e il suo Chopin, prima e dopo la vittoria al concorso Chopin di Varsavia del 1960”. In esso il critico musicale e musicologo catanese ricostruisce con competenza e perizia la parabola artistica del grande pianista milanese, nonché la storia delle sue preziose interpretazioni dell'arte del polacco e perfino delle molte registrazioni, a partire dalla vittoria ottenuta nel 1960 a Varsavia fino ai nostri giorni.

Da rilevare infine una singolare Appendice del curatore del libro, che ricostruisce con estrema puntualità il rapporto di Fryderyk Chopin con l'ambiente socio-culturale polacco, in particolare con il Liceo, l'Università ed il Conservatorio di Varsavia.

Giovanni Pasqualino

26/6/2016