RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

9/4/2016

 

 


 

Buon compleanno, Ludwig!

«Oggi è il 15 dicembre, il tuo giorno di nascita, per quanto ne so; solo non posso essere sicuro se fosse il 15 o il 17, perché non ci si può fidare dell'atto di battesimo». Così scrive il nipote Karl a suo zio, Ludwig van Beethoven, nei suoi Quaderni di conversazione del 1823. Ma a quanto pare i familiari festeggiavano il suo compleanno il 16. Quando sia nato esattamente il grande compositore di Bonn resta un mistero: si può solo fare affidamento sul fatto che, all'epoca, i bambini venissero battezzati il giorno stesso della nascita o al massimo uno-due giorni dopo, data l'alta mortalità infantile.

Sia come sia, l'Orchestra Nazionale della Rai (OSN), diretta da James Conlon, ha deciso di fargli un regalo: l'esecuzione, in occasione del nono concerto della stagione, giovedì 15 e venerdì 16 dicembre 2016 all'Auditorium “Arturo Toscanini” di Torino, della sua Seconda Sinfonia in re maggiore Op. 36. A completamento del programma, due brani di un autore che Beethoven stesso ammirava – Mozart: Eine kleine Nachtmusik, serenata per archi in sol maggiore KV 525, e il Concerto per pianoforte e orchestra n° 9 in mi bemolle maggiore KV 271 detto “Jeunehomme”, dal nome della solista, nonché prima interprete, che folgorò l'autore col suo talento.

Per la Serenata KV 525, nata nel 1787 durante la stesura del Don Giovanni (apparentemente senza alcuna destinazione ufficiale e nata forse in reazione al vicino Scherzo musicale KV 522, un sestetto per due corni e quartetto d'archi in cui Mozart si diverte a canzonare i compositori più dozzinali inserendo appositamente insistite, banali ripetizioni ed errori di armonia), Conlon si avvale di un'orchestra d'archi di undici violini primi, dimensione più che congeniale per un auditorium, anche se certo non molto filologica, tenendo conto delle orchestre da camera per le quali Mozart ha probabilmente concepito il brano (scritto per quartetto d'archi con rinforzo di un contrabbasso, quindi eseguibile da cinque persone). L'esecuzione scorre fluida e leggera, senza nulla da eccepire, grazie all'ottima qualità degli archi dell'OSN, più volte sottolineata.

Il Concerto KV 271 è uno dei più originali del Mozart del periodo salisburghese: è del 1777, antecedente, quindi, alla grande stagione creativa del concerto per pianoforte e orchestra del periodo viennese, stagione che porterà questo genere compositivo al massimo livello dell'epoca, prima di lasciare l'eredità a Beethoven, che, con l'Op. 19, continuerà là dove Mozart si sarà interrotto. L'originalità si manifesta ad esempio nell'ingresso del pianoforte, che compare prima dell'esposizione orchestrale, o negli interventi del Rondò conclusivo, con un Andante e un Minuetto a interrompere il flusso tumultuoso del Presto.

Jonathan Biss, pianista fra i più interessanti delle ultime generazioni (nato nel 1980), chiamato a interpretare il Concerto, si dimostra pienamente all'altezza del compito, restituendo un Mozart tagliato, asciutto, particolarmente spumeggiante, anche durante il secondo movimento, Andantino, in cui la cupa, mesta melodia in do minore avrebbe dovuto suggerire un clima più riflessivo. Vero colpo di genio è però stato la diversa sfumatura data alle tre ripetizioni principali del ritornello del Rondò, in cui Biss ha sottolineato, nella prima, la melodia della mano destra, nella seconda, quella della mano sinistra (un accompagnamento tutt'altro che scontato, perché alla base della ritmicità del pezzo), mentre nella terza ha equilibrato il peso delle due voci, mostrando come esse, sovrapponendosi, diano in sinergia l'effetto massimo.

In risposta ai numerosi applausi, Biss si è prodotto in un encore tratto dalle sue recenti esperienze discografiche: Der Dichter spricht (Il poeta parla), brano conclusivo delle Kinderszenen Op. 15 di Schumann. L'estrema lentezza con cui ha proposto questa breve, semplice (e a suo modo sublime) pagina musicale ha però preso in contropiede il pubblico, che ha reagito con applausi… in sordina.

La Seconda Sinfonia è il culmine degli sforzi creativi di Beethoven nel momento della più tragica presa di coscienza dell'incipiente sordità. L'epoca è il 1802, ma i primi sintomi si erano manifestati già a partire dal 1798, da quando, cioè, aveva iniziato a pubblicare i suoi primi lavori. Ritiratosi per un certo periodo ad Heiligenstadt – all'epoca un paesino dei sobborghi di Vienna immerso nel verde, oggi un quartiere inglobato dall'estendersi della città – Beethoven mette mano a una serie di composizioni, tra cui la Seconda: la partitura più corposa cui fino a quel momento avesse messo mano, che segna definitivamente il superamento del sinfonismo haydniano e mozartiano. Ma tutto il dolore e la disperazione della persona Beethoven paiono non riflettersi per nulla sul compositore e sulla solarità della Seconda, una sinfonia senza una sbavatura, senza traumi o tortuosità, di carattere radicalmente positivo, non priva di un buon numero di sorprese, soprattutto per l'ascoltatore dell'epoca, e di riferimenti quasi teatrali: come se tutte le energie che potrebbero essere impiegate per disperarsi, Beethoven le avesse canalizzate nella costruzione di un edificio sinfonico ancora non tentato: superare i propri limiti, sempre e comunque, diventerà quasi un monito di vita per Beethoven, che, all'incirca con questa composizione, entra in quella che i musicologi chiamano il secondo periodo beethoveniano, o del “titanismo”. Eppure il dolore è presente, e molto: prova ne è la famosa lettera mai spedita ai fratelli Karl e Johann, nota come “testamento di Heiligenstadt”, che il programma di sala del concerto riporta integralmente, con tanto di foto della copia anastatica: idea lodevolissima, che permette di immergersi nel clima e quasi nell'animo del compositore di quel periodo.

L'esecuzione è quanto mai brillante. Forte della recente direzione della Nona, avvenuta appena una settimana prima, Conlon estende l'orchestra rispetto ai brani mozartiani, imprime notevole personalità alla sinfonia, conducendola con polso dall'inizio alla fine. Fin dall'inizio, dall'attacco imperioso dell'Adagio molto alla vivace levità dell'Allegro con brio, fino all'irruenza goffa e burlona dello Scherzo e alla briosità dell'Allegro molto conclusivo. I tempi scelti sono tradizionali, e l'intera performance può dirsi estremamente didascalica: se non si fosse mai ascoltata la Seconda di Beethoven, questa sarebbe stata un'ottima occasione per avviciniarcisi. È quanto è accaduto per più di un ascoltatore al secondo appuntamento di Classica per tutti, una serie di quattro appuntamenti in cui uno dei brani dell'ultimo concerto viene proposto con un ascolto guidato: il musicista Giacomo Tesini, coadiuvato da Conlon che, ha potuto sfoggiare un ottimo italiano, ha provveduto a illustrare, nel corso dell'incontro, avvenuto sabato 17 dicembre 2016, la sinfonia, partendo dalla contestualizzazione storica – la grande fortuna dell'opera italiana nella Vienna imperiale, la sordità di Beethoven, ecc. – per passare poi all'analisi (semplificata) della forma-sonata, dello scherzo e dell'organizzazione formale della sinfonia in toto. Questo ha permesso a un pubblico eterogeneo e non abituato ai concerti di familiarizzare col mondo della musica classica e dell'orchestra, grazie anche al breve dibattito seguito all'esecuzione, in cui vari orchestrali, interpellati, hanno risposto alle domande dei più curiosi.

Christian Speranza

2/1/2017