RECENSIONI
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Barcellona

Rarità russa

Il Liceu presentava per la prima volta l'opera più nota di Anton Rubinstein, Il demone del 1875. Questa rarità veniva programmata per dare a Dmitri Hvorovstovsky un ruolo su misura, con cui dimostrare al meglio le sue doti di cantante e artista. Invece lo si poteva dedicare solo alla sua memoria, com'era doveroso, per tutta la serie di recite. Ma senza il formidabile baritono, e anche se in quest'allestimento che arriva da Mosca il protagonista sembra un suo doppio, l'operazione – d'ovvio interesse culturale – risultava meno seducente, e così il pubblico non accorreva in grande quantità e rispondeva con moderato entusiasmo. Il titolo naturalmente merita l'opportunità, ma probabilmente sarebbe stato meglio presentarlo in forma di concerto visto che il libretto di Alexandrovich Viskovatov, sulla base del poema dello stesso nome di Lermontov, risulta poco teatrale.

L'allestimento, per la regia di Dmitri Berman, era bellissimo per gli occhi, con un enorme cerchio dentro il quale si sviluppava l'azione, eccellenti luci, abiti fuori da ogni riferimento temporale preciso, in particolare il coro, il protagonista e l'angelo, non così i protagonisti umani, ma con i personaggi – ammettendo che lo siano – non è che si possa fare molto.

La direzione musicale di Mikhail Tatarnikov, contrariamente a quanto potesse pensarsi, era quasi sempre piatta, benchè l'orchestra suonasse bene e il coro (istruito come al solito da Conxita García) ce la mettesse tutta imparando bene il testo in russo con grande successo, e difatti è stato uno dei punti di riferimento della serata.

Egil Silins era il protagonista e lo faceva bene, magari molto bene, tranne qualche acuto travagliato, ma – non è colpa sua – mancava del carisma che ci vuole per la parte. Il soprano Asmik Grigorian era Tamara, la principessa desiderata dal diavolo che fa morire il promesso sposo ma non riesce a portarsela via quando la va a cercare perfino in convento, ed è stata la più applaudita: la voce è importante ma parecchio stridula, malgrado la mezzavoce che è lodevole (come attrice non destava troppo interesse). Si applaudiva anche il basso Alexander Tsymbaliuk (Gudal, di lei padre), che sfoggiava grande volume e bel colore, ma cantava in forma alquanto sbrigativa (l'ho sentito altre volte molto meglio). Di mezzi piuttosto belli il tenore Igor Morozov nei panni dello sventurato Sinodal (lo sposino di cui sopra), che ha solo una lunga scena dove può mettere in luce le sue risorse vocali, ma che non coinvolge dal punto di vista teatrale. Corretti Roman Ialcic (vecchio servitore di Sinodal), Larisa Kostyuk (balia di Tamara) e Antoni Comas (messaggero). L'angelo che si presenta all'inizio e alla fine dell'opera per combattere e discutere con il demonio veniva affidato questa volta, come si suol fare sempre di più, a un controtenore anziché al mezzosoprano previsto da Rubinstein: Yury Mynenko lo cantava bene, naturalmente senza troppo volume, ma non lo si vedeva troppo immedesimato nel ruolo.

Jorge Binaghi

11/5/2018

La foto del servizio è di Antonio Bofill.