RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 

 

Enrico di Borgogna

inaugura il Donizetti Opera Festival 2018

Il Donizetti Opera Festival 2018 è stato inaugurato con la prima rappresentazione moderna italiana di Enrico di Borgogna al Teatro Sociale in Bergamo Alta. Enrico è la prima opera donizettiana completa e la prima a essere rappresentata pubblicamente: Venezia, Teatro San Luca (oggi Goldoni) 14 novembre 1818. Fu composta nella primavera del 1818, il librettista Merelli firmò un contratto per la stesura di dramma semiserio derivato da Kotzebue, da rappresentarsi nell'autunno successivo e destinato a Donizetti. L'opera è da definirsi semi-seria soltanto perché presenta un ruolo buffo (Gilberto), ma in effetti è un'opera eroica, poiché il buffo ha carattere marginale, anche se esegue delle arie solistiche. Il punto debole dell'opera è il libretto, enfatico ed esiguo, e la drammaturgia non particolarmente ricercata, è vero che trattasi di un “primo” lavoro, tant'è che la parte musicale stenta ad avere una linea omogenea, piuttosto parleremmo di scene e grandi arie a sé stanti. La forma musicale, che risulta più ampia rispetto a Pigmalione, è sotto molti aspetti poco innovativa nel disegno. Le melodie vocali invece sono fluide e con frequenti passaggi di coloratura ove prevale un virtuosismo rilevante, e l'influenza dello stile rossiniano è evidente per un orecchio attento. Doveroso osservare che lo spartito contiene i primi esempi di ensemble donizettiani, il più rilevante è il terzetto del I atto, ma anche il finale è di ottima fattura. Concludendo si possono prendere a prestito le parole di William Ashbrook, autore di un celebre saggio sul compositore bergamasco: «…Enrico è un misto di talento e di inesperienza, senza però essere un dramma interessante», definizione alla quale chi scrive aggiungerebbe trattarsi di dramma in parte interessante per capire e approfondire l'evoluzione compositiva di Donizetti.

Ottima la riuscita dello spettacolo realizzato da Silvia Paoli, regista, la quale utilizza la formula del teatro nel teatro: lo spettatore assiste alle prove e realizzazione dell'opera su un palcoscenico girevole che mette in luce anche il retropalco con i suoi meccanismi del dietro le quinte. È una lettura che gioca la carta principale sull'aspetto comico dell'opera, scelta forse non del tutto azzeccata ma considerata la strampalata drammaturgia ne giustifica la scelta e nell'insieme è vincente. Già dall'inizio vediamo gli artisti arrivare in abiti ottocenteschi alla prima convocazione, e da subito iniziano gli sberleffi e le rivalse delle primedonne, ai margini c'è la figura di un mimo, Donizetti, che tenta, tra mille difficoltà, di mandare in scena la sua opera. Sullo sfondo compaiono i classici fondali, ben realizzati, che donano quel tocco storico d'altri tempi alla visione, che potremmo accostare anche a un teatro dei burattini, nel suo alto senso artistico. La caratura dei personaggi è ben equilibrata, poiché è anche dramma serio, l'alternanza della recitazione è molto fluida. Molto bella la scenografia, ideata da Andrea Belli, che non solo elabora il teatrino citato, ma agli estremi riproduce fedelmente la struttura del teatro ottocentesco, e il piccolo gioiello del Sociale contribuisce in maniera importante alla resa. Splendidi i costumi disegnati da Valeria Donata Bettella, realizzati con bel cromatismo e stile storico impeccabile.

Sul podio la gradita presenza di Alessandro De Marchi, a capo dell'orchestra Academia Montis Regalis, in splendida forma, il quale valorizza lo spartito con un'opportuna lettura che si alterna tra momenti di brio, con dinamiche frizzanti, a momenti più incisivi ma sempre contraddistinti da una rarefatta eleganza e da una concertazione sostenuta. Molto positiva la prova del Coro Donizetti Opera istruito da Fabio Tartari.

Nel cast, molto omogeneo e azzeccato, primeggiano le due primedonne. Anna Bonitatibus, Enrico, che utilizza una voce ben educata in fraseggio e un'eleganza stilistica ragguardevole, soprattutto sotto l'aspetto eroico, anche se abbiamo notato qualche asprezza nel settore acuto, soprattutto nel rondò, che non inficia un'esibizione di buona fattura cui si deve sommare una riuscita interpretazione teatrale. Sonia Ganassi, Elisa, aggiunge un nuovo ruolo al suo cospicuo repertorio, il personaggio è ibrido tra la tessitura di soprano e mezzo, ma la cantante attraverso una linea di canto apprezzabile supera tutte le difficoltà, svettando più nel settore acuto, piuttosto ostico, rispetto al grave.

Levy Sekgapane, Guido, è un tenore molto musicale ma con voce piccola, tuttavia pur non avendo ancora risolto alcuni problemi d'emissione, il settore acuto è piuttosto valido. Francesco Castoro, Pietro, pur non iniziando benissimo, nel corso dell'opera trova più stabilità attraverso una voce pastosa e con un buon equilibrio dei registri. Brillantissima prova quella del basso Luca Tittoto, Gilberto, che per la prima volta ascoltavo in un ruolo buffo. Il bravo cantante, dotato di voce mirabile, profonda e dalla facile proiezione, dona un carattere squisito al ruolo, contraddistinto dall'eleganza e da una prova vocale di prim'ordine. Perfettamente calati nei loro ruoli, e professionalmente irreprensibili, Lorenzo Barbieri (Brunone), Matteo Mezzaro (Nicola), Federica Vitali (Geltrude.)

Al termine un caloroso successo ha accolto tutti i protagonisti alla ribalta.

Lukas Franceschini

8/12/2018

Le foto del servizio sono di Rota-Bergamo.