RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Falstaff

al Festival Verdi 2017

Il Festival Verdi 2017 presenta tre titoli: Jérusalem, Stiffelio e Falstaff, tre nuove produzioni appositamente create per l'evento nella città di Giuseppe Verdi. Falstaff è un capolavoro assoluto e a sé stante nel teatro d'opera italiano agli sgoccioli del XIX secolo. Ancor più sorprendente è che un simile spartito sia uscito dall'inventiva musicale di un grande compositore ottantenne, ancora capace di produrre un lavoro così complesso e originale. L'opera tuttavia, pur non raggiungendo i favori e forse i vertici di altri melodrammi verdiani, resta un punto di riferimento nel teatro lirico. Le ragioni del mancato riscontro di massa sono riassumibili in pochi concetti. Falstaff richiede una preparazione molto accurata di squadra e tranne il protagonista non ha parti così rilevanti per gli altri personaggi. Il linguaggio musicale è frazionato in numerosi e continui stimoli acustici, sia dall'orchestra sia dai pezzi d'insieme e anche dall'intrecciato chiacchiericcio degli interventi solistici. Il libretto, un gioiello di Arrigo Boito, è farcito di espressioni auliche, sottintesi, allusioni, ed è sviluppato e offerto attraverso la bellezza dei recitativi verdiani, con ovvia conseguenza di umorismo e commozione, che culmina nella fuga finale, una morale della commedia.

La produzione di Falstaff a Parma è stata creata da Jacopo Spirei, coadiuvato da Nikolaus Webern per le scene e da Silvia Aymonino quale scenografa. Trattasi di un bellissimo spettacolo di ambientazione moderna con qualche tocco di vintage. Tutta l'opera è contraddistinta da una vivida regia, elegante, ironica, talvolta surreale, di ottimo effetto teatrale e aderente al libretto. Il pregio di Spirei è di raccontare con molta fantasia e garbo senza mai eccedere, anzi ha creato un perfetto equilibrio che va apprezzato e diverte moltissimo. Oltre alla camera del protagonista, ove campeggia il ritratto della regina, abbiamo una visione onirica di un classico paese di campagna inglese, ovviamente Windsor, tutta colorata e ben ordinata, ma gli edifici sono sbilenchi, ottima idea per rilevare che si tratta di un racconto di fantasia, quasi una favola. Infatti, la vicenda del panciuto Sir John con le sue avventure galanti non è altro che una commedia allegra, anche se contiene una morale non predominante ma leggiadra, che in parte ognuno può vedere a modo proprio. Ben caratterizzati i personaggi, lo sbruffone ma simpatico protagonista, le quattro comari a cominciare da Mrs. Quickly, con un tono rockettaro, sino alle più sofisticate Mrs. Alice e Mrs. Meg, ancora piacenti donne di mezza età, ma con look notevolmente giovanili e con vestitini succinti della domenica. Simpatico il giovane Fenton, in gonnellino di pelle scozzese, più sobri Ford e Cajus in giacca e cravatta attorniati da un coro in bombetta e impermeabile in perfetto stile inglese, anche se ormai sorpassato, ma di facile richiamo nella memoria collettiva. Molto efficace il disegno luci di Fiammetta Baldiserri. Gran bello spettacolo, spassoso, che raccoglie un consenso unanime.

Doveroso rilevare che il cast nel suo complesso ha dimostrato un'omogeneità molto apprezzabile e un contributo sia vocale sia teatrale di ottima fattura. Trionfa nel ruolo del protagonista il baritono Roberto De Candia, il quale forse debuttava il ruolo ma comunque non ha molte recite all'attivo di Falstaff, ma sarà un personaggio che negli anni a venire “dovrà” affrontare spesso. Il physique du role è perfetto e le arti di creare un personaggio credibile sono insite nella personalità del cantante. Inoltre, la tecnica vocale gli permette di sfoggiare un fraseggio d'eccellenza, è capace di trovare colori e sfumature meravigliose, sia patetiche sia brillanti. Un Falstaff ben costruito e delineato in tutte le peculiarità del ruolo. Altrettanto valido il Ford di Giorgio Caoduro, un cantante che meriterebbe di frequentare con maggior frequenza i palcoscenici italiani. Anche nel suo caso siamo di fronte a un grande artista che sfodera tutte le sue non comuni frecce interpretative, abbinate a una voce robusta ma valida nell'accento, nell'espressione e con una linea di canto possente e rifinita.

Ben assortito anche il quartetto delle comari nel quale si distinguevano la brillante ed elegante Alice di Amarilli Nizza, precisa in ogni intervento, l'irruente Quickly di Sonia Prina, molto stilizzata vocalmente e spassosa in scena, cui mancava quel tratto vero e proprio della comare dovuto probabilmente al repertorio solitamente affrontato. Gustosissima e di estrema eleganza la Meg di Jurgita Adamonyte, molto efficace in un canto preciso e raffinato. Bravissima Damiana Mizzi, Nannetta, la quale pur facendosi annunciare indisposta non ha dato segno di particolari carenze, anzi la sua prova è stata davvero ragguardevole per pulizia e morbidezza. Al suo fianco l'innamorato Fenton, Juan Francisco Gatell, era un personaggio simpatico e molto efficace che trovava un meritato plauso nell'aria del terzo atto, realizzata con molta ispirazione.

I due servitori di Falstaff, Bardolfo e Pistola, erano perfettamente caratterizzati rispettivamente da Andrea Giovannini e Federico Benetti, due eclettici cantanti ben assortiti nei ruoli e nella prova musicale. Infine, ma non per ultimo, l'eccellente Gregory Bonfatti, che donava al personaggio del Dottor Cajus un accento e una resa scenica da manuale.

L'orchestra Filarmonica “Arturo Toscanini”, in ottima forma, era diretta con mano sicura da Riccardo Frizza, che ha saputo regalarci una lettura pertinente, mantenendo un buon equilibrio sia con il palcoscenico sia con le diverse sonorità dello spartito. Ragguardevole la scelta dei tempi, ora brillanti e spumeggianti, ora più delicati e aerei. Molto buona la prova del coro del Teatro Regio, istruito da Marino Faggiani. Al termine successo trionfale per tutta la compagnia, e aggiungo ben meritato.

Lukas Franceschini

17/10/2017

Le foto del servizio sono di Roberto Ricci.