RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

 Faust

al Teatro Comunale di Firenze

Una delle più celebri opere del repertorio francese, Faust di Charles Gounod, ha avuto pochissime rappresentazioni al Teatro Comunale di Firenze, infatti prima di questa produzione 2017 si registrano solo altre due allestimenti: nel 1948 in versione italiana e nel 1985 in lingua originale. Faust, dramma lirico in cinque atti, subì cambiamenti, aggiunte e trasposizioni dal suo esordio al Théâtre Lyrique nel 1859 fino all'allestimento definitivo all'Opéra del 1869 per il quale fu aggiunto il balletto della “Notte di Valpurga”, e i recitativi vennero sostituiti agli originali parlati. Il soggetto, una riduzione da Goethe, è indicativo per l'epoca e riflette inoltre, secondo alcuni, la problematica del compositore, disgiunto tra timori religiosi e tentazioni del desiderio. Gounod, raffinato e soprattutto accomodante, forgia questo contrasto fondendolo in una melodia dolce e cavillosa, con armonie aperte e solenni, il valzer è spesso presente in maniera semplice.

Nel colmare una non frequente proposta l'Opera di Firenze ha avuto l'azzeccata idea di riallestire il bello spettacolo di David McVicar creato per il Covent Garden nel 2004. Il regista scozzese firma un bellissimo e tra i più interessanti spettacoli d'opera degli anni recenti. Innovatore ma senza stravolgere, tra i più moderni, allestisce una regia molto potente e ricca di elementi innovativi. La vicenda è trasportata in pieno ‘800 all'epoca della guerra franco-prussiana, dalle cui battaglie torneranno i soldati feriti nel IV atto. Il vero protagonista dell'opera è Mèphistophélès, istrionico illusionista con baule al seguito, nel quale trova tutte le sue magie da vendere a cominciare dalla “giovinezza” per Faust ma anche i gioielli per incantare Margherita e che la porteranno all'inesorabile destino. Mirabile e impressionante la scena fissa laterale nella quale a destra si erge un organo di chiesa, a sinistra i palchi di Palais Garnier. Il centro scena è variabile secondo l'azione, abbiamo una perfetta ricostruzione del quartiere dove vive Margherita, la taverna, e un cabaret nel quale il demonio fa incontrare i due giovani. Meravigliose e azzeccate alcune soluzioni registiche: far sgorgare vino da un crocefisso durante “Le veau d'or”, la grande scena della chiesa al IV atto dove Mefistofele dapprima statua si trasforma in umano stringendo Margherita nell'abbraccio mortale. Altro memorabile momento è il Sabba che prende idea dalla parodia di un balletto con la “regia” del Diavolo abbigliato come una matronale tenutaria di bordello e il balletto che allude a un turbine di baccanti che si conclude in un'orgia molto castigata. Sul finale, impressiona la grande grata della prigione e la piccola bara del bimbo con uno spettacolare ritorno all'inizio, a quel baule che porta tutto all'indietro. Una drammaturgia forte ma coerente e compatta che posso affermare inchioda lo spettatore alla sedia per le oltre tre ore di spettacolo, che definire magnifico è superfluo. Assieme al regista hanno contribuito in maniera straordinaria lo scenografo Charles Edwards, la costumista Brigitte Reiffenstuel, il coreografo Michael Keegan-Dolan e il light-designer Paule Constable, tutti perfetti nel loro compito. Una produzione assolutamente da non perdere, anche se già utilizzata in molteplici riprese.

Non da meno la parte musicale a cominciare dalla direzione di Juraj Valcuha. Coadiuvato da una brillantissima Orchestra del Maggio Musicale, ha saputo reggere le redini di una partitura complessa e variegata con una tensione drammatica di altro livello. I tempi serrati o lirici erano ricchi di colori e sfumature, e mai ha ceduto in minima parte alla narrazione romanzesca sempre tenuta nel vivo mordente dell'impulso demoniaco. Una grande prova di concertazione.

Tra i solisti emerge con preponderanza il Mèphistophélès di Paul Gay, basso con voce imponente e morbida, avvezzo al canto delicato ricco di sfumature e accenti, cui va sommata una presenza scenica affascinante di forte impatto teatrale. Wookyung Kim è un tenore con bellissima voce, calda e abbastanza educata. È carente il gusto d'interpretare e qualche raffinatezza, inoltre l'intonazione non sempre controllata e il registro acuto non particolarmente rifinito. Carmela Remigio, Margherita, è cantante molto musicale e di grande bravura nel fraseggio, ma il settore acuto è limitato, il grave poco incisivo. Emerge nelle scene liriche ma come cantante virtuosa è appena accettabile e nella parte drammatica manca di temperamento e spessore.

Serban Vasile è un Valentin di corretta impostazione e buona resa vocale, brillante e disinvolto il Sibel di Laura Verrecchia, la quale si ritaglia un momento di plauso nella sua aria. Gabriella Sborgi è una simpatica e bravissima Martha, Karl Huml un Wagner di ottima professionalità. Brillantissima la prova del coro del Maggio Musicale diretto da Lorenzo Fratini.

Alla recita domenicale lo spettacolo, integro dopo lo sciopero della prima, ha ottenuto un clamoroso successo decretato da un pubblico festante e numeroso che riempiva quasi completamente il grande Teatro dell'Opera di Firenze.

Lukas Franceschini

26/1/2017

Le foto del servizio sono di Simone Donati Terra Projet-Contrasto-Opera di Firenze.