RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Peralada

Tre eventi diversissimi

Ludovic Tézier

Il Festival Castell de Peralada, sempre ricco di espressioni artistiche diversissime, che finiranno con una nuova Traviata e dei concerti di Flórez, Dudamel e un omaggio alla Caballé con la presenza di Sondra Radvanovsky, che per motivi di non ubiquità non potrò recensire, iniziava con tre forme artistiche ben diverse, anche se dentro l'ambito musica classica in senso lato.

Dopo una prima serata inaugurale con il ballet del Mariinsky in una nuova coreografia sulle quattro stagioni con musica arrangiata di Vivaldi, che ha dimostrato la capacità tecnica della bravissima compagnia ma non altrettanto l'interesse della coreografia, c'erano una messinscena già applaudita in Francia dell'inclassificabile L'histoire du soldat di Stravinski diventata Història d'un soldat secondo le idee de La Fura dels Baus che apparentemente ha sì il dono dell'ubiquità. L'incaricato dell'allestimento era Àlex Ollé. Sempre interessante la concezione scenica, che questa volta non era fine a sé stessa come in altri casi, con delle scene e abiti molto semplici e adatti di Lluc Castells, più le luci di Elena Gui e Urs Schoenenbaum, ma soprattutto un video molto efficace di Emmanuel Carlier, con questo soldato sempre camminando non si sa bene dove, perchè a casa non arriva anche se vuole arrivarci. La scommessa – perduta ovviamente – con il diavolo ha come oggetto un piccolo violino (qualcosa come l'anima o la coscienza del soldato) e tutto passa come un sogno, un incubo, un ricordo o un'allucinazione del soldato che agonizza con tanto d'infermieri e medici e le visite della mamma e l'ex fidanzata sposata con un altro. Intensissima l'interpretazione nei panni del narratore (sempre in rima), del diavolo e del soldato del bravissimo attore Sébastien Dutrieux, bene tutti gli altri artisti e comparse che non parlano ma solo si muovono, e ottima l'interpretazione della musica incidentale del compositore russo dall'Orchestra Camera Musicae (sette strumenti in tutto). Il testo era sempre quello originale di Charles Ferdinand Ramuz. Entrambi gli eventi hanno avuto luogo al Teatro del Parco del Castello, la scena principale

Di propriamente lirico c'era il concerto alla chiesa del Carmine con il quale si presentava qui il grande baritono francese Ludovic Tézier – tutta una bella novità perchè è ormai nota la predilezione per le voci acute di signore e signori della direzione del Festival – tra due recite a Madrid (800 e passa chilometri, scusate se è poco) del Trovatore verdiano qui recensito. Bene accompagnato dalla brava pianista Maria Prinz, Tézier si esibiva nel Lied romantico tedesco (due Schumann e due Schubert, più due Mozart), nella mélodie francese, tre Liszt su testi di Victor Hugo – impressionante O quand je dors, più il numero finale del ciclo di Berlioz Les nuits d'été, e in tutte si mostrava padrone della lingua, dello stile e di una tecnica che gli consente, nonostante le dimensioni della voce –ancora più impressionante nell'ambito di questa chiesa di 400 posti – delle mezzevoci impalpabili.

Finiva con arie d'opera che l'hanno reso celebre: la serenata del Don Giovanni, personaggio che ancora incarna sul palcoscenico, la romanza del principe de La dama di picche, che aveva interpretato nell'ultima versione scenica al Liceu di Barcellona, e che è stata ancora più geniale di allora con chiara padronanza del russo; tutta la scena della prigione con la morte di Rodrigo del Don Carlo di Verdi – in perfetto italiano, anche se ha cantato pure la versione francese in teatro. Per finire il programma l'aria principale di Carlo Gérard dall'Andrea Chénier che prossimamente canterà per la prima volta in Australia, un Nemico della patria che finiva con il pubblico in piedi. Ha ringraziato con una bellissima canzone alla stella di Wolfram (Tannhäuser) e con il meraviglioso Lied di Richard Strauss, Zueignung. Tanto di cappello.

Jorge Binaghi

25/7/2019

La foto del servizio è di Miquel Gonzalez.