RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

9/4/2016

 

 


 

Macerata

Biancocoraggio e la libertà del Dissoluto

Il nome per il Festival 2020 era stato scelto prima dell'incubo dovuto al coronavirus, ma ha acquistato un valore simbolico ben più alto. Macerata è stato forse il primo Festival a dare un segnale di risveglio dichiarando che, con i cambiamenti d'obbligo, l'attività si sarebbe svolta lo stesso. Il direttore musicale, Francesco Lanzillotta, lasciava uno dei titoli sospesi fino all'anno prossimo e a lui veniva affidata il solo titolo operistico con allestimento scenico, che in principio era una collaborazione con Orange, ma che, grazie alla situazione creatasi, costringeva il regista Davide Livermore a trovare nuove soluzioni sceniche. Essendo l'unico titolo in queste condizioni venivano aggiunte delle recite, tutte esaurite anche se il limite di poco più di 800 persone ti faceva sentire solo nell'immenso Sferisterio.

Alla tristezza che produce un simile spettacolo la sensazione (reale) di allontamento tra il pubblico e tra pubblico e artisti (e in questo caso fra gli artisti stessi) corrisponde l'ancora più forte ansia di riprendere la frequentazione di sale cinematografiche e di teatro. Talmente forte in verità che un temporale inopportuno non riesce a ottenere la cancellazione di una recita che si fa lo stesso malgrado le difficoltà acustiche grazie all'umidità, il vento e il freddo posteriori: gli artisti, quelli in buca e gli altri sul palcoscenico, tutti piccoli o grandi eroi pronti lì a fare il suo mestiere/dovere e con grande entusiasmo (se vi pare poco)...

Un titolo di Mozart non è che sia quanto di più ‘popolare' possa offrire un festival italiano anche se certamente non si tratta di una scoperta. E la compagnia praticamente tutta italiana ti faceva capire ogni parola di recitativi ed arie a dimostrazione che un Mozart italiano interpretato da questi artisti in concreto è una festa per l'orecchio ma anche per l'occhio (il che non guasta, anzi...). Lanzillotta, con un'orchestra ‘tradizionale', quella del Teatro Petruzzelli di Bari, in buona forma, sceglieva appunto di dare una versione anche ‘tradizionale' (che personalmente preferisco) di questo capolavoro immenso, con tempi inappuntabili, bacchetta precisa e allerta (aiutava molto qualche cantante un po' distratto), gesti misurati: il tempo passava in fretta e non si tratta di osservazione banale ultimamente nelle interpretazioni del genio di Salisburgo – né di altri compositori...

Il protagonista di Mattia Olivieri era semplicemente sensazionale – non conviene dire perfetto perchè questo tipo di artista è per definizione alla ricerca della perfezione e ti sorprende poi superando quello che pensavi impossibile da migliorare: voce, fraseggio, intenzione, disinvoltura notabile in un ‘morto vivente' come pare voglia Livermore, ma più ‘amorale' che ‘cattivo', come credo volessero Da Ponte e Mozart, e come credo vuole il mito: se si tratta di un libertino è per la sua libertà rispetto alle convenzioni sociali. Non era al suo debutto come qualcuno ha detto. Si presentava sì a Macerata, ma è la quarta volta che riveste i panni del seduttore. È una pura questione personale scegliere un momento in tutta la prestazione, ma i recitativi erano davvero notevoli. È chiaro che ha stoffa, tecnica e stile non solo per Mozart, Rossini e i primi romantici anche se adesso, e fa benissimo, sono loro la ‘base' del suo repertorio.

Tommaso Barea era un bravo Leporello alquanto proclive all'iperattività e con un registro centro-grave di non grandissima qualità: mi pare, come già al Viñas di Barcellona, che si tratti piuttosto di un baritono – e non dei più scuri – che non di un bassobaritono.

Eccellente la Zerlina di Lavinia Bini di squisita musicalità e grande credibilità: il giovane soprano è anch'essa continuamente in crescita negli ultimi due anni.

Valentina Mastrangelo è ottima cantante e attrice, ma il personaggio di Elvira le chiede troppo, in particolare per le richieste in centro e grave, palesi subito nell'aria di sortita ma anche in altri passi. Karen Gardeazabal (l'unica eccezione per l'all Italian cast ; soprano messicano che lavora però in Italia) aveva l'onere d'interpretare Donn'Anna, un ruolo micidiale che riusciva a tratteggiare bene come psicologia e parecchio interessante nel canto: sicuramente ha ancora lavoro da fare – per esempio i trilli – ma quanto si ascolta è già una bella realtà e comunque non ha messo a repentaglio dei mezzi esenzialmente lirici per venire a capo della grande scena dell'atto primo –quella del secondo le sta meglio se riesce a ricordare le parole. Giovanni Sala presentava un Ottavio discontinuo, con momenti molto buoni e altri (‘Il mio tesoro', il grande duetto iniziale) che lasciavano un po' perplessi non tanto per un timbro scuro –troppo per il personaggio, ma se si vuole un Sabbatini per la parte allora si deve cantare come faceva lui – quanto per la tendenza a piazzare la voce troppo indietro e a non sorvegliare il fiato. Davide Giangregorio è un basso o al limite un bassobaritono, e Masetto si trova meglio nelle corde di un baritono, anche se detto questo era molto corretto. Antonio Di Matteo invece mi è sembrato meno interessante che in occasioni anteriori: la voce ha sì volume ma il timbro risulta spesso ‘sporco' e in acuto si avvertono tensioni (com'è noto il Commendatore é ruolo breve ma non facile). Succeso meritatissimo.

Jorge Binaghi

11/8/2020

La foto del servizio è di Tabocchini Zanconi.