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Hyperion

di Bruno Maderna alla 66ª Sagra Malatestiana di Rimini

Nell'ambito della 66ª Sagra Malatestiana è stata prodotta una nuova versione di Hyperion di Bruno Maderna, in collaborazione con Muta Imago, la quale in seguito sarà riproposta in diverse città italiane ed estere.

Il catalogo teatrale di Maderna comprende solo cinque titoli, dei quali due soltanto, Hyperion e Satyricon, sono destinati alla scena, mentre gli altri nacquero come opere radiofoniche. Hyperion è un work in progress, un'opera “aperta” che ha avuto forme diverse a ogni sua rappresentazione, se ne contano quasi una ventina, e per sua natura è estranea da ogni sorta di classificazione. La prima versione, che si riferisce all'esecuzione al Teatro La Fenice il 6 ottobre 1964 con Severino Gazzelloni al flauto, si differenzia dalle successive di cui sono catalogate anche quattro diverse versioni da concerto e due suites. L'opera nasce dalla collaborazione di Maderna con Virginio Puecher, il quale mise in scena in precedenza alcune composizioni “autonome” del musicista.

L'azione, ideata da Muta Imago che non si scosta dal lavoro originale, è un'esplicita metafora della condizione alienata dell'uomo contemporaneo nella realtà che lo circonda. Essa si svolge nella Sala Pamphili del Complesso degli Agostiniani, luogo anche suggestivo ma claustrofobico e che può ospitare solo una cinquantina di persone. La versione scelta è quella per flauto, soprano, voce recitante e nastro magnetico; pertanto eliminati orchestra e coro. Il caldo lirismo del canto della donna sembra pessimisticamente prefigurarsi come l'unico rifugio per l'uomo contemporaneo. È questo, per alcuni aspetti, il “messaggio” conclusivo di Hyperion, un nucleo drammatico che garantisce organicità ai materiali musicali ideati ‘dentro' quel clima poetico ed esistenziale di Hölderlin nelle diverse stesure del suo romanzo. Maderna pare individuare nel poeta l'emblema del lacerante isolamento dell'individuo nella società.

Di grande effetto lo spettacolo ideato da Muta Imago con la regia di Claudia Sorace e la drammaturgia di Riccardo Fazi. Essi creano uno spettacolo crudo e tetro ove è emblematica la lotta dell'uomo che vuole combattere per riuscire ad afferrare frammenti d'unità per cercare intorno a sé lo spazio e il tempo che possa sollevarlo dall'alienazione del disperato finalismo del mondo in cui vive. Questo ricercare non è tranquillo ma impervio ed ogni volta destinato a ricominciare. Lo spettacolo è incentrato su un danzatore, lo strabiliante Jonathan Schatz, con il suo logoro e continuo affannarsi nella ricerca di materiale circoscritto nello spazio disegnato con il gesso sul pavimento e in perenne rielaborazione. Bravissima Karyn de Fleyet, flauto solista magistralmente usato in una musica d'effetto e di difficile tecnica, cui si aggiunge l'unica voce di buona fattura di Hanne Roos. Spettacolo ed esecuzione di valore, che esplorano un mondo musicale poco eseguito, Maderna, il quale meriterebbe più attenzione da parte delle istituzioni musicali. Il ristretto pubblico che gremiva la sala ha decretato un autentico e meritato successo al termine della recita durata circa settanta minuti.

Lukas Franceschini

5/10/2015

La foto del servizio è di Luigi Angelucci.