RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Kaballà nello spettacolo

“Viaggio immaginario nella Sicilia della memoria”

Domenica 4 gennaio 2015 al Teatro A. Musco di Catania si è esibito, con vasto consenso di pubblico, il compositore e cantautore Pippo Rinaldi, in arte Kaballà, in uno spettacolo di grande suggestione  e fortissima carica affabulatoria, poetica ed emotiva. Egli ha intonato con il suo solito originale e particolare stile, nel quale si fondono armoniosamente la tradizione popolare siciliana, certi moduli dello chansonnierre alla francese e le particolari inflessioni foniche della canzone all'italiana di tradizione politica e protestatoria. L'arte di Rinaldi si avvale anche di una forte capacità di trasmissione del proprio mondo emotivo, unita ad una vivace e coinvolgente disinvoltura che gli conquista subito la simpatia e l'attento interesse dell'uditorio. Le sue canzoni si manifestano come vere e proprie tappe di un viaggio quasi antropologico-culturale nella terra di Sicilia, nei suoi miti, nelle sue ancestrali angosce, nelle sue memorie, nelle sue speranze, nelle sue profonde delusioni e disillusioni

Accompagnato ottimamente dal maestro Antonio Vasta, prima con il pianoforte e poi con la fisarmonica, Kaballà ha saputo dare vita ad un mondo nel quale la visionarietà sonora si liquefaceva prima e condensava poi in vera e propria interferenza-ingerenza fra suono, parola e immagine che sboccava e sbocciava in inquietanti ed affascinanti sinestesie dall'afflato magico e quasi portentoso. A rafforzare infatti la sua poesia sonora intervenivano, oltre alle parole, anche le caratteristiche immagini visive montate con diligenza e sapienza dal critico cinematografico Sebastiano Gesù, il quale riproponeva assieme a sue proprie e originali riprese, anche spezzoni tratti da La terra trema di Luchino Visconti, dal Don Giovanni in Sicilia di Alberto Lattuada e da altri films girati nella terra di Sicilia, dove il sole, il mare, il Vulcano, i fichidindia ed i secolari ulivi, pur fotografando uno scenario quasi oleografico, rimandano tuttavia nel loro atavico simbolismo ad un universo tanto semplice quanto rassegnato nel suo ineluttabile destino di sconfitta sociale e culturale. Tuttavia i testi (significativo e altamente incisivo l'uso del dialetto) e l'intera performance offerta dall'estroso Pippo Rinaldi, aprivano senza dubbio alla speranza di un riscatto civile e morale che l'isola non ha ancora rinunciato a conseguire. In tal senso lo spettacolo oltre che gradevole si rivelava anche eticamente e socialmente meritorio.

Giovanni Pasqualino

8/1/2015

La foto del servizio è di Antonio Parrinello.