RECENSIONI
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Barcellona

Una Lucia d'importanza

Grande attesa per il debutto di Juan Diego Flórez nel ruolo di Edgardo nella Lucia di Lammermoor. Sebbene il successo mediatico e di pubblico sia stato dovutamente enorme va detto che la sua interpretazione non è stata del tutto convincente, soprattutto per questioni di peso vocale, di un registro centrale che si è certamente un po' sviluppato ma alquanto opaco, e perfino di fraseggio: manca l'incisività, il vigore dell'accento nei momenti più appassionati di una parte eminentemente romantica. I momenti più lirici o raccolti gli stanno molto meglio; ‘Verranno a te sull'aure' ma non prima, ‘Fra poco a me ricovero' e particolarmente ‘Tu che a Dio' ma non il recitativo ‘Tombe degli avi miei'. L'interprete è volenteroso.

Elena Mosuc ripeteva la sua ormai notissima e buona Lucia, perfino molto buona se si vuola, mai memorabile vista la sua intepretazione piuttosto generica. Marco Caria (Enrico) ha una voce di volume medio, che in certi momenti come la fine del secondo atto sembrava robustissima perchè era senz'altro la voce maschile che si sentiva di più, con un acuto ottimo, ma un interesse artistico, parte scenica compresa, alquanto scarso. Simón Orfila evidenziava nuovi e importanti progressi nel registro grave e il suo Raimondo veniva ricevuto con entusiasmo nei saluti finali. Albert Casals era un Arturo corretto, senza pregi particolari, ma sempre molto più interessante del Normanno di Jorge Rodríguez-Norton. Piuttosto notevoli i mezzi che sfoggia Sandra Fernández (Alisa). Un po' forte la bacchetta di Marco Armiliato, e l'orchestra del Teatro più in forma in questa recita che nell'altra affidata alla seconda compagnia. In quest'occasione spiccavano i nomi di una coppia di giovani spagnoli di tutto rispetto: Ismael Jordi e María José Moreno seducevano per timbro, canto, avvenenza, compenetrazione e, fin dove potevano, interpretazione. Non ho mai visto prima così comodo e sicuro il tenore di Jerez, padronissimo della sua parte; il soprano di Granada rendeva in modo notevole la fragilità del personaggio: qualche acuto di forza non veniva sempre facile,e più di una volta il vezzo del portamento si faceva sentire. Marko Mimica offriva una voce imponente nei panni di Raimondo, che richiede ancora un po' più di lavoro e di flessibilità, anche come attore. Giorgio Caoduro (Enrico) dimostrava buona volontà e un acuto fin troppo sfruttato (la corona alla fine della cabaletta era eccessiva e non bella); come interprete e fraseggiatore il suo livello era appena discreto.

La messinscena di Damiano Michieletto, che veniva da Zurigo (un palcoscenico parecchio più piccolo di quello del Liceu, che restava troppo aperto) era assolutamente spoglia, ma non perciò azzeccata e soprattutto non pareva molto interessata aipersonaggi. Non c'erano poi troppe novità, a parte (non lo è già molto) il fantasma della donna uccisa,con tanto di secchio e rosa al posto della fonte, che si aggira nei momenti più critici vestita tra la Thatcher e la regina madre (non so se gli scozzesi sarebbero molto lieti) e qualche passo tra il rock e il twist (applausi ogni tanto) per un coro vestito stile anni 40/50 del secolo scorso.

Jorge Binaghi

22/12/2015