RECENSIONI
-

_ HOMEPAGE_ | _CHI_SIAMO_ | _LIRICA_ | _PROSA_ | _RECENSIONI_| CONCERTI | BALLETTI_|_LINKS_| CONTATTI

direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Cucù di Francesco Romengo

al Teatro Machiavelli di Catania

Venerdì 18, sabato 19 e domenica 20 marzo, presso lo storico Teatro Machiavelli di Palazzo Sangiuliano a Catania, l'Associazione Ingresso Libero e la Fondazione Lamberto Pugelli hanno presentato la pièce drammaturgica Cucù di Francesco Romengo. Lo struggente e coinvolgente testo narra di Peppino, un povero orologiaio abitante da decenni in un piccolo e soffocante sottoscala, dal quale deve sloggiare perché sfrattato senza remissione e perché lo stesso stabile è inesorabilmente destinato alla demolizione. Il pover'uomo, che ha come interlocutore unico Nicola, il ragazzo di bottega, ripercorre le tappe della sua misera e desolata vita, nella quale unica certezza assoluta è stata la meschina abitazione. Persa anche quella il pover'uomo sarà in mezzo alla strada, in balia degli eventi e senza un pur minimo lavoro dal quale trarre sostentamento.

Il testo canta così una storia di emarginati, di derelitti, di sconfitti, di povera gente destinata a soffrire e patire senza tregua. I due poveri Cristi vivono in comune ed in perfetta simbiosi la stessa realtà di indigenza e umiliazione ed i loro destini sono così simili e uniti che perfino gli orli delle loro giacche sono cucite insieme, quasi a simboleggiare un gemellaggio di sfortuna e sventura. L'intera dolorosa e commovente rappresentazione si snoda fra le significative musiche di Arvo Part e di Edith Piaf che la punteggiano e la contrappuntano con fascino e significativa pregnanza emotiva.

Nicola Notaro e Gabriele Zummo hanno reso molto bene il dramma vissuto dai due protagonisti dell'opera, ma avremmo forse preferito una recitazione meno concitata e rutilante di quella alla quale abbiamo assistito. Siamo certi che avrebbe potenziato ed aumentato la forza passionale della sua già profonda, meditata e malinconica tristezza.

La regia semplice ma incisiva dello stesso Francesco Romengo e le luci di Michele Ambrose, quasi bassorilievi scultorei atti a delimitare e rendere soffocante e opprimente proprio come un tetro sottoscala lo spazio scenico nel quale si muovevano i due attori, hanno messo a punto e aumentato in modo esponenziale la disgraziata condizione umana che spesso attanaglia la vita dei tanti poveri e disperati indigenti che affollano la nostra ipocrita e spesso ingiusta società civile!

Giovanni Pasqualino

21/3/2016