RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

 La scena ritrovata

al Teatro Machiavelli

Giuseppe Montemagno

Il Teatro Machiavelli, in piazza Università 13, ha ospitato ad Aprile la mostra dal titolo “La scena ritrovata”, sotto la curatela scientifica di Paolo Caponetto, Giuseppe Montemagno e Teresa Spina. L'esposizione, che riaprirà dall'uno al tredici ottobre 2017, comprende trentotto lavori che vertono su bozzetti di scenografie e figurini di costumi creati per le opere del compianto regista milanese Lamberto Puggelli (trapiantato a Catania), prescelti da lui stesso col fine di arricchire la sua casa milanese, crocevia di artisti da ogni parte del mondo. Le opere sono firmate da sei artisti, quali Paolo Bregni, Guido Cozzolino, Eugenio Guglielminetti, Renato Guttuso, Luisa Spinatelli e Rouben Ter-Arutunian, a testimonianza dell'impegno teatrale del regista che tanto credette nel teatro a sfondo civile e sociale, dove la parola, dallo stato “immobile” della scrittura si decodifica “per tornare a vivere in mille modi sempre diversi e sempre uguali” ( come si evince dal testo a firma Puggelli “Nel dolore la gioia mi parla… Tanti modi di dire teatro, edizioni Skira).L'itinerario artistico del maestro si dipana da un'edizione di Pagliacci (firmata al Teatro La Fenice di Venezia nel 1968) che attinge dagli appunti di lavoro di Giorgio Strehler di cui Puggelli fu assistente di regia (e già alle prese con regie di spettacoli allestiti al Festival dei Due Mondi di Spoleto fondato da Giancarlo Menotti) fino a una Luisa Miller palermitana del 2003: arco di tempo nel quale intercorrono le opere alle quali la mostra è dedicata, ovvero La condanna di Lucullo di Paul Dessau , La forza del destino scaligera (scene e costumi di Guttuso), Il piacere dell'onestà di Pirandello (scene di Paolo Bregni), Ifigenia fra i Tauri di Euripide, traduzione di Vincenzo Consolo e Dario Del Corno (scene di Roberto Laganà, costumi di Luisa Spinatelli) Andrea Chénier di Umberto Giordano( scene di Paolo Bregni, costumi di Luisa Spinatelli), Pelléas et Mélisande (scene e costumi di Rouben Ter-Arutunian), La sposa Francesca di De Lemene, Il malato immaginario di Molière, Orfeo all'inferno di Jacques Offenbach ( scene e costumi di Eugenio Guglielminetti) Il combattimento di Tancredi e Clorinda di Monteverdi e Kiss me, Kate, di Cole Porter. Grazie alle cure del musicologo Giuseppe Montemagno la mostra è stata documentata e illustrata nel ricco quaderno promosso dalla Fondazione Puggelli (presieduta da Grazia Pulvirenti Puggelli), dall'associazione Ingresso Libero e dall'Università degli Studi di Catania (progetto grafico di Gianni Latino, impaginazione di Marco Giannì, fotografie di Andrea A.Maccarrone), Tyche edizioni. Esso rende omaggio all'estro creativo del regista lombardo, attraverso i contributi di Paolo Caponetto, Giuseppe Filianoti, Giuseppe Montemagno, Maria Caterina Paino, Grazia Pulvirenti Puggelli, Luisa Spinatelli. Tutti dediti a sottolineare le doti di quel primattore e maestro di teatro che fu Puggelli, nella sua lunga esperienza che lo vide sotto la guida dei numi tutelari Bertold Brecht e Luigi Pirandello, nel richiamo di Montemagno.

In quello spazio assoluto…di infinita potenzialità che fu il palcoscenico, colmato dei segni della recitazione della gestualità e del colore, come ricorda la moglie Grazia Pulvirenti che si sofferma sul taglio avanguardistico degli ultimi spettacoli (Luisa Miller, Rigoletto e I Lombardi alla prima crociata), Puggelli amava curare il dialogo con i colleghi e con l'interprete, sul quale lavorava come un sarto esperto per creare il personaggio che di lì a poco sarebbe andato in scena-scrive Filianoti- studiato e rifinito insieme al maestro, come quello di Fernand (martire d'amore, travagliato fra il bene terreno e quello spirituale), tenore protagonista de La favorita di Donizetti. Senza trascurare tutto il bagaglio delle emozioni analizzate in profondità nel montaggio della rappresentazione e riuscendo in quell'occasione a trasformare gli effetti spettacolari del grand-operà in una rappresentazione degli affetti sulle scene di Bregni, dai toni cavallereschi.

Il regista che, nei suoi duecento spettacoli, è assertore di un teatro per imparare l'arte di vivere, dove il tempo si dilata e si contrae in ottica avveniristica inventando il futuro, per un superiore senso di giustizia e di bellezza. Quel teatro inteso come totalità della vita, dove la finzione che si ripete sulla scena è verità e vita. Con l'intuizione dei colpi di scena di cui parla la Spinatelli, a proposito della steady camera in Kiss me, Kate (al Regio di Torino nel 2002) con l'operatore sul palcoscenico per seguire i cantanti e gli attori lungo un racconto in chiave pop art; o il colore blu delle kenzie (dal verde naturale) ottenuto con i colori per alimenti nella Fedora scaligera del 1993, creando un'atmosfera nostalgica di un passato romantico e perduto. E ancora rappresentazioni incisive, come quelle catanesi di Romeo e Giulietta e Medea (l'uno al Castello Ursino, l'altra al Teatro Massimo Bellini) ricordate da Maria Caterina Paino per gli effetti di coralità scenica e attoriale che ha suscitato una completa immedesimazione del pubblico. L'insieme dei bozzetti e figurini dalle varie tecniche (tempera, acquaforte, litografia, tecnica mista su carta da spolvero e incisione) oggetto del vernissage Lamberto Puggelli, sono custoditi a Palazzo San Giuliano e fanno parte dell'Archivio del regista milanese, che ha convogliato le sue attenzioni su uno spazio teatrale inteso quale luogo di cultura e di incontro storico-geografico, dove, a suo dire, l'artificio e la verità si fondono nelle regioni della poesia.

Anna Rita Fontana

2/5/2017

La foto del servizio è di Gattopino.