RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


Verona

Da dimenticare

Si capisce che se all'Arena si deve alzare il sipario (si fa per dire) ogni giorno durante tre mesi o passa e per di più con titoli arcinoti, sempre amati ma ripetuti fino alla sazietà – a grande richiesta, è vero – i risultati non possano essere sempre esaltanti, anche se si tratta del centenario dell'Anfiteatro e del bicentenario della nascita di Verdi (tutte le opere in cartellone, tranne il Roméo et Juliette di Gounod, sono sue).

Invece si tratta di una battaglia perduta con i tempi che corrono per l'interpretazione di Verdi. Comunque, pure prendendo in considerazione le circostanze, questo Nabucco è stato di una noia mortale: non molto pubblico ma plaudente a ogni numero – perfino il terzetto dell'atto primo – e molto soddisfatto del bis del ‘Va pensiero' e non solo per tradizione; è stata la pagina in assoluto migliore, anche per un coro che non si è mostrato in grande forma in tutta la serata. Gli intervalli lunghi tra gli atti e fra i quadri hanno fatto perdere ogni continuità drammatica a una messa in scena di Gianfranco de Bosio che era sì molto spettacolare, con tanti lampi, tuoni, fulmini, fumo, incendi, e scale da salire e scendere e grandi fiaccolate e poco più.

Julian Kovatchev ha diretto discretamente ma con poco rilievo già dalla sinfonia. Tre sono i grandi ruoli di quest'opera. Raymond Aceto era il migliore in campo: il suo Zaccaria aveva una certa compostezza e il registro grave e centrale adesso è quello di un basso... peccato che nella strada l'acuto si sia irrigidito. Marco Vratogna era pochi anni fa una voce da considerare con speranza. Oggi non si può dire lo stesso: ha le note, quasi tutte, ma il fraseggio c'è solo qualche volta, ci sono suoni nasali e l'artista sembrava poco interessato. Lucrecia García aveva già dimostrato alla Scala che ha volume e un acuto importanti ma anche che questo non basta per certi ruoli (anzi, per quasi nessuno). Qui la sua Abigaille è arrivata più di una volta molto vicina all'urlo, con un suono metallico e più di un indizio di vibrato; il grave, artificiale, non è bello e di centro non so se si possa parlare. L'interprete, quando si muove, è una ‘summa' di gesti iperconvenzionali, e di fraseggio o intensità di accenti non è che si possa proprio parlare.

Restano le voci interessanti di Geraldine Chauviret (Fenena), Giorgio Berrugi (Ismaele – non dovrebbe andare oltre questo personaggio per un tempo e meno che mai all'Arena) e gli acuti nei concertati di Francesca Micarelli (Anna). Tra i comprimari Gianluca Breda dimostrava di avere un materiale importante che ancora deve mettere a fuoco.

Jorge Binaghi

18/8/2013

Le foto del servizio vengono pubblicate per gentile concessione della Fondazione Arena di Verona.