RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

L'occasione fa il ladro

alla Fenice di Venezia

Il ciclo delle cinque farse di Gioachino Rossini, allestite in anni recenti al Teatro Malibran, passa ora al Teatro La Fenice. Quest'anno, come anticipo delle celebrazioni rossiniane previste per il 2018, è la volta de L'occasione fa il ladro, produzione 2012 della Fondazione veneziana. L'occasione fa il ladro è denominata burletta per musica in un atto, su libretto di Luigi Prividali, che lo ha tratto dal vaudeville Le prétendu par hasard, ou L'occasion fait le larron (edita nel 1810) di Eugène Scribe. La prima rappresentazione ebbe luogo il 24 novembre 1812 al Teatro San Moisé di Venezia, ed è l'ottava opera composta da Rossini. La farsa ebbe, fin dall'esordio, una buona fama e fu rappresentata spesso sia in Italia sia in Europa, ma con la morte del compositore cadde nell'oblio come ben più celebri opere buffe, e scomparve dal repertorio. Ebbe però un'importante ripresa nel 1892 a Pesaro, nel centenario della nascita del compositore. Nella seconda metà del ‘900 importati furono le esecuzioni alla Piccola Scala nel 1962 (con Fiorenza Cossotto) e la prima rappresentazione al Rossini Opera Festival nel 1987, diretta da Salvatore Accardo, con Luciana Serra, e segnò l'ultima regia rossiniana di Jean-Pierre Ponnelle. In particolare, l'esecuzione pesarese è contraddistinta dall'edizione critica e anche se l'opera non è entrata in repertorio come le opere buffe quali Il Turco in Italia, La pietra del paragone e Le Comte Ory, da allora vanta un considerevole numero di rappresentazioni e qualche incisione discografica. La farsa contiene spunti musicali di grande valore che confermano non solo il talento ma anche lo stile del compositore, ormai talento a tutti gli effetti nel genere comico. In particolare si ammirano, oltre a due bellissime arie per soprano e tenore, i concertati e i duetti, e un “temporale” sinfonico che Rossini utilizzerà come ouverture nell'opera successiva.

Sul podio dell'Orchestra del Teatro La Fenice il direttore e maestro concertatore Michele Gamba offre una prova positiva in una lettura di variegata brillantezza e un ritmo appropriato al brio rossiniano. Va lodata inoltre la capacità di un efficace equilibrio tra voci e orchestra. Rocio Perez, Bernice, è cantante raffinata con peculiare predisposizione al canto d'agilità, cui va sommato un registro acuto di assoluto rilevo. Non meno efficace la brillantezza scenica, che era accompagnata da una prova musicale notevolmente positiva. Giorgio Misseri, Conte Alberto, è cantante diligente e abbastanza stilizzato nel canto fiorito e brillante, senza toccare vette acrobatiche. Omar Montanari, Don Parmenione, si riconferma come uno dei più rilevanti bassi buffi della nuova generazione. Eccellente il gusto interpretativo, sempre elegante e mai parafrasato a macchietta, la voce è rifinita e ben amministrata nel fraseggio e nei colori. Positiva anche la prova di Enrico Iviglia, un Don Eusebio preciso ed elegante. Completavano la locandina la brava Rosa Bove, Ernestina, e il divertente e professionale Armando Gabba, Martino.

Non entusiasma lo spettacolo creato da Elisabetta Brusa, le scene, i costumi e le luci sono realizzati dagli allievi della Scuola di scenografia dell'Accademia di Belle Arti di Venezia. Per la precisione: Alberto Galeazzo scenografo, Laura Palumbo costumista, Sara Martinelli ideatrice della costruzione. Va detto che questi ultimi hanno svolto un lavoro molto rilevante, in particolare lo scenografo che racchiude tutto in uno spazio bianco, quasi immaginario, con dipinti sul fondale, che danno un tocco d' ancienne a tutta la vicenda. Molto belli i costumi anche se sarebbero potuti essere più cromatici, il tutto bianco alla lunga stanca. La regia sarebbe stata anche divertente e frizzante, con un pizzico di concezione astratta che ha un senso preciso nella drammaturgia della farsa. Peccato che la signora Brusa abbia voluto inserire una folta schiera di mini, inutili, sia in platea prima dello spettacolo sia in scena durante l'esecuzione, e un velario che offuscava la vista poiché tutti i cantanti avevano costumi uguali e con lo stesso trucco-parrucco era difficile la distinzione. Tuttavia non si può non rilevare un'eleganza innata, anche se avremmo preferito fosse più marcata nel gioco del teatrale. Vivissimo successo al termine.

Lukas Franceschini

28/9/2017

 

La foto del servizio è di Michele Crosera.