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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


Peralada

Due concerti lirici del festival presso il Castello

Piotr Beczala

Il Festival s'inaugurava l'undici luglio con un concerto di arie e duetti interpretati da Piotr Beczala, accompagnato dal giovane soprano Erika Grimaldi e dall'Orchestra di Cadaqués diretta da Marc Piollet e praticamente si chiudeva con la stessa orchestra, ora diretta da Jochen Rieder, in una serata di arie cantate da Jonas Kaufmann. Come si vede, il Festival ha un debole per i tenori: con Marcelo Álvarez sono stati tre i nomi di primissimo livello che si sono esibiti qui in meno di un mese. L'intervento dell'orchestra da sola era discreto, e nel caso di Piollet, chiaramente superiore nel repertorio francese. Grimaldi sembra essere un soprano con delle possibilità, di voce scura e non particolarmente bella nè personale, ma con un repertorio che dovrebbe sorvegliare: Mimí, Bolena, Marguerite, Juliette, Mathilde e Medora non sono ruoli adatti per una sola voce, ‘assoluta' o meno che sia o voglia essere. Beczala dimostrava ancora una volta la sua classe raffinata, la padronanza delle sfumature, la sovrana eleganza del suo canto, il suo stile e la sua tecnica: Werther, Romeo, Faust, Edgardo, Vasco, Rodolfo. Forse i bis, il Brindisi di Traviata e il duetto finale de La vedova allegra, sono stati i momenti meno fortunati in particolare visto che il soprano – che certe partiture le leggeva – doveva rispondere in italiano mentre il tenore lo faceva in tedesco; alla fine, gentilezza da gran signore, il tenore passava all'italiano.

Quasi un mese più tardi è arrivato l'atteso concerto lirico di Jonas Kaufmann, sempre con la stessa orchestra guidata questa volta da Jochen Rieder, una bacchetta noiosa che purtroppo aveva una più grande parte nell'evento, e difatti i frammenti sinfonici superavano ampiamente la durata delle singole arie, e questo è stato già un elemento molto negativo. Il capiente auditorio traboccava e il tenore confermava ‘la lunga attesa' ma a liveli variabili: ineccipibile nei frammenti operistici di Wagner (ma non invece in due dei Wessendoncklieder –‘Schemerzen' e ‘Traume', che non gli stanno bene malgrado l'artista ci torni un po' ostinatamente), ma non tanto in due di operette di Lehar, e naturalmente uno era ‘Tu che m'hai preso il cuor', l'altro la celebre canzone di Paganini: timbro e interpretazione non risultavano troppo adatti. Molto bene in Massenet (Le Cid) e variabile nel repertorio italiano (dovrebbe sorvegliare le ‘r' tra l'altro), in buona parte grazie alle sue famigerate mezzevoci che non sempre sembrano del caso: Verdi (Don Carlo, Il Trovatore, La forza del destino), Puccini (il momento migliore, Manon Lescaut e un lamento di Federico, applauditissimo, ma con una prima parte tutta ‘particolare' e una seconda invece di grande effetto.

Jorge Binaghi

7/8/2014