RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Una Tosca cinematografica ed emozionante

al Teatro Valli di Reggio Emilia

La scintillante atmosfera del Teatro Valli, luminosissimo nei suoi colori prenatalizi in occasione della serata di apertura della stagione lirica, fa dimenticare per pochi minuti, prima che lo spettacolo inizi, la notte buia e piovosa che i numerosissimi spettatori si sono lasciati alle spalle entrando.

Poi, sulle note di un'ouverture roboante, torna a calare l'oscurità: davanti ai nostri occhi, sul palco, si staglia un'enorme cancellata in controluce, un gigantesco dettaglio di chiesa al contempo cupamente realistico e dal bizzarro aspetto espressionista. L'idea di fondo del progetto, fornita dal regista Andrea Cigni e che mi era capitato di ascoltare qualche tempo fa in un'intervista, era stata semplice e precisa, e in un momento, all'inizio del primo atto, appare materializzata: una visione “quasi cinematografica, con largo spazio alle emozioni ”. Ed è proprio questa la Tosca di Cigni, anche nella musica, condotta con grande trasporto dal direttore Valerio Galli ed eseguita magistralmente dall'orchestra I Pomeriggi Musicali Di Milano: una versione asciutta, fedele al libretto ed alle indicazioni del compositore, priva di imbarazzanti rivisitazioni postmoderne e per questo densa di autenticità e di bellezza. In questo ambiente scenico talmente di scorcio e in controluce da sembrare una specie di ricordo reale continuo, si rimane meravigliosamente concentrati sulla melodia, come cullati, precipitati in quell'incredibile intreccio di temi ricorrenti che è la musica di Tosca. Gran parte della magia la fanno i cantanti: Tosca è interpretata dalla bravissima – e bella – Charlotte-Anne Shipley, soprano dotato di grande freschezza vocale e ottima presenza scenica; Azer Zada è Cavaradossi, voce giovane e agile, piacevolmente a suo agio col repertorio pucciniano. E poi c'è Scarpia. Angelo Veccia è un grande cantante, ma ciò che qui vale la pena ricordare sono la sua abilità mimica e il suo essere perfettamente, intimamente calato nel personaggio; a Cigni va riconosciuto il merito di aver ideato uno Scarpia moderno, cristallino nella sua mefistofelica malvagità, ed averlo messo al centro dell'opera, cioè dove deve stare, essendo egli il motore di questo capolavoro eterno, il mostro di cui tutti ogni accanito melomane è segretamente invaghito.

Degno di nota il Te Deum, con un buon lavoro dei maestri Diego Maccagnola e Mario Mora, rispettivamente Maestro del Coro e Maestro del Coro di Voci Bianche.

Come in tutte le buone produzioni, completa la riuscita della messinscena un efficace binomio scenografia-costumi ( Dario Gessati e Lorenzo Cutùli) , in questo caso felicemente combinato in un misto di rigore fin de siècle, riconoscibile nelle tinte scure dei costumi dal taglio semplice e austero, e un monumentalismo scenografico difficilmente collocabile dal punto di vista stilistico, ma davvero convincente nella sua prorompente seppur minimale espressività. Però l'altra parte della magia che veniva citata poc'anzi la fanno, a mio avviso, le suggestive luci di Fiammetta Baldiserri, una convincente combinazione di naturalismo e minimalismo che raggiunge il suo apice nel secondo atto, durante il quale il pubblico, nel quale è palpabile l'appagamento visivo, assiste ad un meraviglioso gioco di ombre mutevoli e fiamme fumanti, ottenuto attraverso il sapiente uso di sagomatori a bordo palco e vere candele sistemate sul tavolo di Scarpia.

Se Tosca si conferma un'opera di grande fascino – non a caso una delle opere più rappresentate al mondo – capace di travolgere con le sue arie perfette e la sua modernità musicale anche chi l'Opera la frequenta di rado, questa Tosca convince pienamente, accogliendo lo spettatore in una Roma sfarzosa, papalina e napoleonica, capitale lucente e sobborgo avvolto nell'oscurità.

Giovanni Giacomelli

24/11/2018