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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

9/4/2016

 

 


 

Concerti di primavera – La voce e l'orchestra

Secondo concerto: il soprano di Puccini

Il secondo «Concerto di primavera» dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai (OSN) ha avuto luogo giovedì 26/05/2016 all'Auditorium Arturo Toscanini di Torino. Un concerto, ahimè, nato «sotto maligna stella»: per indisposizioni varie, e dopo diversi cambi, Stefano Ranzani e Maria Agresta, direttore e soprano originariamente in cartellone per questa serata tutta pucciniana, sono stati sostituiti da Pietro Rizzo e Fiorenza Cedolins, dopo aver optato per altri interpreti che hanno, anch'essi per loro ragioni, dato forfait.

Il programma ha contemplato, non senza qualche variazione rispetto al comunicato iniziale, celebri arie d'opera alternate a brani puramente strumentali. Questi ultimi, di ascolto raro anche nelle sale da concerto, ma tra i più famosi nella produzione minore di Puccini, appaiono oggi come il giovanile banco di prova di uno studente di composizione ancora incerto sulla strada da intraprendere: il Preludio sinfonico in la maggiore (nella revisione di Pietro Spada), scritto per l'esame finale dell'Anno Accademico 1881-82 del Conservatorio di Milano (tanto per dare l'idea, mentre Verdi aveva da poco finito di rivedere con Arrigo Boito il Simon Boccanegra e Wagner terminava il Parsifal a Palermo), contiene già temi che finiranno dritti nell'Edgar e, in minor misura, nelle Villi, rispettivamente la seconda e la prima opera di Puccini, mentre dal Capriccio sinfonico in fa maggiore (revisione di Marcello Panni), del 1883, sarà tratto di peso l'incipit della Bohème, che vedrà la luce nel 1896. L'Intermezzo dall'atto III della Manon Lescaut e l'Intermezzo sinfonico dalle Villi (o meglio, i due Intermezzi all'inizio del II atto – L‘abbandono e La tregenda) hanno completato i brani dedicati al Puccini orchestrale.

Passando al versante vocale, ed elencandole cronologicamente, nel concerto si sono eseguite le arie Sola, perduta, abbandonata dalla Manon Lescaut, Vissi d'arte, vissi d'amore dalla Tosca, Un bel dì vedremo e Tu, tu, piccolo Iddio dalla Madama Butterfly, e Tu che di gel sei cinta dalla Turandot. Sono arie che colgono alcuni momenti fondamentali dei drammi. Sola, perduta, abbandonata è il lamento di Manon ormai allo stremo nel deserto americano, alla cui deportazione è stata condannata. Vissi d'arte è un'aria quasi sospesa dal tempo in cui Tosca si chiede perché il Cielo remuneri così una donna che «non fece mai male ad anima viva». In Un bel dì vedremo Cio-cio-san illustra a Suzuki come sarà, nella sua fantasia, il ritorno di Pinkerton; ma quando Pinkerton torna solo per sottrarle il figlio, la giovane madre si rivolge al bambino pregandolo di ricordarsi, da grande, delle fattezze del suo viso (Tu, tu, piccolo Iddio). Infine, Tu che di gel sei cinta (su testo dello stesso Puccini, insoddisfatto del libretto a sua disposizione) è l'aria con cui Liù si rivolge a Turandot, predicendole che cosa proverà quando si scoprirà anch'ella innamorata del Principe Ignoto: subito dopo, per non svelarne il nome, si trafigge col pugnale di una guardia.

Fiorenza Cedolins, soprano friulano classe 1966, è uno di quei casi di voci che, dopo un debutto e un inizio di carriera folgoranti, comprendente un repertorio molto vasto, che spazia da Monteverdi a Richard Strauss, ha imboccato un lento ma progressivo declino in un'età ancora prematura per il ritiro. La si sente in questo concerto con un bel volume vocale, indispensabile per certi ruoli pucciniani, ma con un diaframma che, per dirla con Liù, «non regge più»: diverse note non ben ferme nell'intonazione e una lieve incertezza nel registro acuto hanno portato a un esito non proprio felice, controbilanciato in parte da un certo trasporto (che traspariva un poco artefatto) nell'interpretazione, frutto anche dell'abitudine a calcare i palcoscenici, e da una rotondità e pienezza di voce ancora apprezzabile. Nel complesso si è trattato di un concerto mediocre, e, considerando l'odissea che si è vissuta per non annullarlo (riassunta in sala a inizio serata), ci si può dire soddisfatti, grazie anche alla coraggiosa scelta della Cedolins di affrontare un one woman show di questo livello praticamente senza preavviso, per la cui cosa i complimenti sono meritatissimi. A fine concerto, un gradito encore: Io son l'umile ancella dall'Adriana Lecovreur di Francesco Cilea.

Forse a causa del tourbillon resosi necessario per l'organizzazione del concerto, l'OSN non è sembrata in gran forma: una performance generale dal suono non preciso, sovente di stampo bandistico, attenta, sì, alle indicazioni di Rizzo, ma come svogliata. Non si tratta della qualità dell'orchestra, che da anni si dimostra in grado di conseguire risultati splendidi, ma solo, credo, dell'eccezione di una sera, forse istruita prima da un direttore e poi da un altro. Comprensibili perciò le défaillances, riassumibili in una generale impressione di poco bilanciamento dei piani sonori e, come conseguenza, di una mescolanza non gerarchicamente organizzata di linee melodiche e linee aggiuntive. La direzione si è invece attestata su tempi e sonorità piuttosto tradizionali e in generale soddisfacente, ma senza troppa personalità.

Christian Speranza

15/6/2016