RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Stiffelio

al Teatro Massimo Bellini di Catania

Rappresentato per la prima volta al Teatro Grande di Trieste il 16 novembre del 1850 su libretto di Francesco Maria Piave, Stiffelio rimane ancor oggi un'opera poco eseguita del repertorio operistico verdiano. Certo questo melodramma, assieme alla Luisa Miller dell'anno precedente, rappresenta un mutamento di percorso nella drammaturgia del maestro, spostando il timone verso il dramma di mezzo carattere, dove l'attenzione si sofferma su fatti di vita intima nel gusto tipico della commedia borghese, collocati in spazi differenti da quelli epici, eroici e leggendari, sicuramente più vicini alla quotidianità ed alla normalità. Tale mutamento di traiettoria coincide storicamente con la fine del ribellismo quarantottesco, la repressione delle Cinque Giornate di Milano, la caduta delle Repubbliche di Venezia e Roma e la sconfitta del regno di Piemonte accorso in aiuto dei patrioti italiani.

Con Luisa Miller prima e con Stiffelio dopo il rigorismo del giovane Verdi si attenuò, non immaginando più per simboli ed emblemi, incarnati in personaggi gestuali e rappresentati in situazioni singolari. La realtà gli comincia ad apparire dialettica, più flessibile ed articolata di quanto prima non avesse supposto, diviene meno rigido e severo nei suoi giudizi etici, rendendosi sempre più cosciente delle contraddizioni inerenti al cuore dell'uomo, distaccandosi sempre più dal dramma di costume ed avvicinandosi al dramma in abiti e personaggi moderni. Così il protagonista, un pastore protestante, perdona la moglie adultera citando proprio il Vangelo.

Stiffelio ha avuto finalmente la sua prima esecuzione assoluta al Teatro Massimo Bellini di Catania in un'edizione realizzata dallo stesso anche per commemorare il bicentenario della nascita del Cigno di Busseto. Così il 25 ottobre 2013 abbiamo assistito a questa “cosa rara” verdiana che si è avvalsa di una regia, quella di Ezio di Donato, molto scarna ed essenziale benché certamente funzionale al plot ed all'azione scenica. Il tenore Roberto Iuliano ha saputo cogliere del protagonista eponimo tutti i contrasti psicologici e interiori, esibendo uno squillo tenorile potente e luminoso, dallo smalto nitido e ben tornito. Dimitra Theodossiou (Lina) ha dominato in modo quasi assoluto la tessitura canora affidata al suo personaggio, delineandone e sottolineandone anche scenicamente le sue lacerazioni affettive ed emotive. Le belle bruniture e le bronzee cesellature della voce del baritono Giuseppe Altomare (Stankar) hanno sviscerato al meglio il dramma dell'onore offeso e vilipeso. Di buona fattura anche le prove offerte da Giuseppe Costanzo (Raffaele), Mario Luperi (Jorg), Salvatore D'Agata (Federico di Frengel), Loredana Rita Megna (Dorotea), Luca Iacono (Fritz). Di singolare avvenenza apparivano i costumi di Dora Argento, le luci di Salvatore Campo e le scene di Renzo Milan e Salvatore Troppa.

La sagace e misurata direzione orchestrale di Antonino Manuli ha fatto risaltare in modo davvero magistrale tutta l'arcana ieraticià della partitura, che si avvaleva anche di penetranti interventi corali, in special modo l'ultimo, di altissima caratura mistica e contemplativa.

Giovanni Pasqualino

1/11/2013

La foto del servizio è di Giacomo Orlando.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giobbe Covatta all'ABC di Catania

Una serata all'insegna dello sberleffo

La satira nasce con l'uomo e scopo degli attori comici è certo quello di divertire, allietare, svagare e ricreare il pubblico. Ma in verità ci sono forse due modi di indurre alla risata: uno più leggero, ameno, superficiale, che si avvale dell'eterno contrasto uomo-donna, della barzelletta, del calembour, del motto di spirito ecc; ed un secondo più mordace, tagliente, acre, ma dall'intento più profondo, che intende diventare pedagogico, irriverente verso governanti, politici ed alti magnati della finanza, quasi rivalsa beffarda dell'uomo comune.

Quest'ultima tipologia di satira è tipica del comico “impegnato”, del comico contestatario, che vuole dar voce ai deboli, ai vinti, agli sconfitti, ai diversi, agli emarginati, ai discriminati, insomma un comico alla Dario Fo, alla Maurizio Crozza ed appunto alla Giobbe Covatta, per distinguerlo da quello più ovattato, disimpegnato e quasi cabarettista, come Gino Bramieri, Raimondo Vianello, Sandra Mondaini ed altri.

Venerdì 19 novembre, presso il teatro ABC di Catania si è esibito Giobbe Covatta, un comico che ha evidenziato ampiamente di appartenere alla gamma dei comici che come scriveva Orazio intendono con le loro interpretazioni cogliere le profonde contraddizioni della realtà e del sociale, il cui intento è quello «ridendo castigat mores» e nel contempo oltre loro stessi di far ridere anche la gente mettendo in ridicolo figure di ministri, onorevoli, giornalisti, divi, politici e ogni sorta di personaggio della vita pubblica.

Bersagli quasi fissi dello humor partenopeo messo in campo dall'abilissimo, versatile e spassoso comico sono stati il presidente del consiglio Silvio Berlusconi ed i ministri Brunetta, Gelmini, Carfagna, Bondi, messi alla berlina con una verve davvero esplosiva, scoppiettante ed esilarante, rimarcandone perfino gli enormi strafalcioni e svarioni. L'attore ha dimostrato di essere un eccellente showman, riuscendo da solo a tenere la scena per quasi due ore, modulando la voce con estrema accortezza ed abilità, utilizzando una gestualità elegante e disinvolta ma sempre perfettamente contestualizzata, non annoiando mai, perfino quando ha proposto la lettura della Carta Internazionale dei Diritti dell'Uomo. Il foltissimo pubblico assiepato nella platea del teatro ABC ha gratificato Giobbe Covatta di lunghi, calorosi e reiterati applausi.

Giovanni Pasqualino

20/11/2010