RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Barcellona

Alla Terfel

Era da molto che Bryn Terfel non passava da queste parti ed è stato egli stesso a ricordare quei momenti dei suoi primi passi fuori dal paese natale, quasi trent'anni dopo. Com'è solito fare entrava subito in confidenza con il pubblico, rivolgendogli la parola più volte in un dialogo che, sicuramente preparato con molta cura, dava l'impressione di una chiacchierata alla mano. Strano che con il successo avuto alla fine aggiungesse soltanto, e sottolineandolo, un unico pezzo, la tipica canzone gallese che non manca mai in un suo concerto: Suo Gan, una ninna nanna molto bella e cantata molto bene, anche se insistendo troppo con il gesto e con degli effetti fra l'umoristico e il sentimentale, piuttosto primitivi.

Coglieva l'occasione per ricordare che la canzone si può ascoltare nel film L'impero del sole, e sicuramente questo aiuta a spiegare le scelte dell'ultima parte del programma – molto eclettico direi – con una canzone accompagnata dal coro di Marta Keen, Homeward bound, e due frammenti di musical: la celebre Some enchanted evening da South Pacific di Rodgers e Hammerstein e, da The fiddler on the roff, di Jerry Bock, If I were a rich man completa del recitativo precedente. Quest'ultimo era uno dei momenti più alti del recital (benchè io non capisca perchè mai bisogni cantarlo senza giacca), come lo erano stato prima la morte di Boris Godunov (completa, con coro e mezzosoprano solista non identificata per le parole di Fjodor), che finiva in ginocchio, e tutto il finale dell'atto terzo di La Valchiria in cui, più che negli addii veri e propri di Wotan, spiccava nella splendida invocazione a Loge.

Il suo primo intervento, molto discutibile, era stato Son lo spirito che nega dal Mefistofele di Boito, dove i gravi erano poveri per quanto esagerati e il timbro poco pulito. Seguiva poi una buona versione del monologo dell'onore dal Falstaff verdiano, con un acuto straordinario, ma le spiegazioni su personaggio e opera erano a mio avviso superflue, così come l'asciugamani che si metteva sotto la camicia per dare ancora più rilievo al di per sé importante addome. In realtà, come nei concerti con pianoforte, risulta parecchio smisurato quando non c'è bisogno perchè è ancora padronissimo di voce e tecnica; ma si vede che si diverte, e il pubblico insieme a lui.

L'accompagnavano il coro dell'Orfeó Català e anche la sezione giovane della stessa compagine, volenterosi e bravi, tranne nel coro dei Pellegrini dal Tannhäuser dove le voci maschili si trovavano in difficoltà. Molto migliori gli interventi già accennati con Terfel, così come il coro degli zingari da Il trovatore; se non arrivavano allo stesso livello nel Va pensiero dal Nabucco, è piuttosto da attribuire alla bacchetta di Gareth Jones, un direttore competente, ma privo d'ispirazione. L'orchestra Gulbenkian, molto valida per quanto riguardo l'aspetto materiale dell'esecuzione, suonava priva di drammaticità e di tensione nel preludio de La traviata (qui chiamato ‘sinfonia'!) e nella sinfonia del Nabucco. Meglio certamente negli altri frammenti, ma soprattuto nel finale con le canzoni e i musical e la sinfonia di South Pacific.

Jorge Binaghi

10/4/2018

La foto del servizio è a cura di palaudelamusica.bcn.