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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

9/4/2016

 

 


 

Pamela Villoresi recita Shakespeare

al Silvano Toti Globe Theatre

L'ensemble Musica Antiqua Latina riscopre la dimensione musicale del teatro elisabettiano

L'universo di Shakespeare è intessuto di musica, come l'isola dove Prospero esercita le proprie arti magiche è una misteriosa conchiglia nella quale il suono stesso diviene veicolo di significati teatrali. Si potrebbero citare innumerevoli luoghi, più o meno noti, nei quali il drammaturgo ribadisce l'importanza della musica, il suo influsso sull'animo umano. Solo la prassi moderna ha sancito il predominio assoluto della parola sulle tessiture musicali, reali o immaginarie, evocate dal bardo di Stratford-upon-Avon. Conscio di tutto ciò, già da tempo il Globe londinese ha attivato progetti volti a ricostruire la drammaturgia dell'epoca elisabettiana nella propria interezza. Un'esperienza ripresa dal Silvano Toti Globe Theatre di Villa Borghese, grazie alla sensibilità del direttore artistico Gigi Proietti, all'impegno del gruppo Musica Antiqua Latina guidato da un esperto della prassi esecutiva antica quale Giordano Antonelli, e alla maestria attoriale di Pamela Villoresi. Un esperimento concretizzato in uno spettacolo nel quale parole e musica interagiscono in una affascinante alchimia, gettando nuova luce su alcuni fra i brani più noti nella multiforme produzione del grande drammaturgo.

L'occasione è ghiotta per comprendere il filo sottile che lega l'intera sua esperienza teatrale. Si pensi alla morte di Cleopatra. Prima di uscire definitivamente di scena la regina, come una consumata attrice, indossa il manto e si pone la corona sul capo, quasi a ribadire il proprio ruolo di primadonna. Perché Shakespeare, quasi ovunque, riflette sulla funzione dell'attore e dell'opera d'arte. Vengono in mente le parole di Macbeth: “La vita non è che un'ombra che cammina; un povero attore che si pavoneggia e si agita per quell'ora sulla scena e del quale poi non si ode più nulla”. Di tutto questo la Villoresi è perfettamente consapevole. La medesima scelta dei brani svela le dinamiche sottese all'intera drammaturgia shakespeariana. Così l'apparentemente pacato lirismo della Dodicesima notte, al quale era affidata l'apertura della serata, non è poi tanto lontano dalle atmosfere tragiche dell' Amleto. In entrambi i casi l'ordine del mondo è stato definitivamente incrinato, e il suo ripristino appare perlomeno problematico. Il reale non offre più appigli né certezze, tutto appare confuso e pervaso da una profonda inquietudine. Un tema che coinvolge egualmente il Macbeth. Qui la Villoresi, nei panni della terribile lady, abdica ai propri attributi femminili per convincere il tiepido consorte a intraprendere le sanguinose azioni che lo porteranno sul trono. La voce stessa assume innumerevoli sfumature e attinge a profondità inusitate, come se il personaggio fosse posseduto da un demonio che ne offusca la reale umanità. L'attrice non si limita a sfoggiare un repertorio pressoché inesauribile di accenti ed inflessioni come quando, nei panni di Caterina D'Aragona, simula l'accento spagnolo per marcare l'alterità della regina di fronte al tribunale inglese che la deve giudicare. A volte sembra voler addirittura seguire la musica, intonando intere frasi come in un recitar cantando di monteverdiana memoria. Ne risulta una galleria di eroine estremamente varia, sempre pregna di una profonda umanità. Perché i personaggi di Shakespeare non sono mai inerti marionette, ma uomini e donne immersi in una realtà priva di punti di riferimento e di certezze.

Da parte sua l'ensemble Musica Antiqua Latina guidato da Giordano Antonelli, attinge a piene mani al repertorio dell'epoca. Non solo le songs direttamente legate all'esperienza shakespeariana, come la celebre O mistress mine di Thomas Morley tratta dalla Dodicesima notte, ma anche brani di derivazione orientale, per tratteggiare ad esempio le atmosfere esotiche di Otello. Vibrante l'esecuzione musicale del gruppo strumentale composto appunto dal maestro Antonelli (ribeca), da Francesco Tomasi (liuto), Silvia De Maria (viola da gamba) e Massimiliano Dragoni (percussioni), varia nella ricerca timbrica, ricca di pathos e perfettamente aderente allo spirito del tempo. Bravo anche il tenore Andrès Montilla Acurero, toccante in talune malinconiche inflessioni. Lo spettacolo, con la regia essenziale di Francesco Sala, la drammaturgia di Michele Di Martino e i costumi di Susanna Proietti, lascia giustamente ampio spazio alla recitazione e alla musica, rinunciando a qualsiasi elemento superfluo. Buon successo di pubblico, anche se una tale occasione avrebbe meritato una sala ben più gremita.

Riccardo Cenci

2/8/2017