RECENSIONI
-

_ HOMEPAGE_ | _CHI_SIAMO_ | _LIRICA_ | _PROSA_ | _RECENSIONI_| CONCERTI | BALLETTI_|_LINKS_| CONTATTI

direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Venerdì 17

due preti di troppo

Fedele a un'idea di teatro che inizia quasi in sordina, con intenti smaccatamente comici, anche stavolta Antonio Grosso è riuscito a scrivere una pièce che è un vero e proprio climax di impegno civile, che penetra inavvertito nella coscienza degli spettatori, mentre la risata cede pian piano a brandelli di ricordi di cronaca, di fatti ormai sepolti tra le pagine dei giornali, che poco o nulla affatto hanno di comico. Se in Minchia signor tenente, presentato lo scorso anno al Brancati di Catania, una data emergeva nascosta dal balbettio di un carabiniere un po' imbranato, sino a svelarsi per quel 20 maggio 1992 nella quale persero la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta, in Venerdì 17, in scena sempre al Brancati dal 15 novembre al 2 dicembre, la data compare sin dal titolo, tradizionalmente presaga di sciagure e disgrazie, ma subito volta in riso da una girandola di situazioni comiche che immediatamente catturano l'attenzione del pubblico.

Due preti vengono spediti in uno sperduto paesino del casertano a rimettere in sesto una parrocchia completamente disastrata, dove ha stabilito il suo alloggio abusivo un ragazzo drogato, a sua volta legato a due giovani del luogo, di fatto come lui privi di futuro e supinamente abituati a obbedire agli ordini del camorrista locale. Tra mille difficoltà, i due giovani sacerdoti riusciranno a rimettere in attività la chiesa, ad attirare un gran numero di persone, complice anche l'ottima predisposizione musicale di uno dei due, che non esiterà a trasformarsi in cantante, con tanto di CD in vendita, pur di riavvicinare i parrocchiani a Cristo e restaurare la chiesetta, salvando al tempo stesso i tre giovani da un destino di miseria e di abiezione. Ma tutto questo non può che disturbare il boss, che prima invierà ai sacerdoti denaro, poi li minaccerà, e infine ordinerà di far fuori uno dei due.

Superfluo citare gli echi di cronaca, questa volta non legati a un episodio preciso, ma a un diffuso malcostume meridionale, che in effetti ha visto l'arroganza mafiosa giungere a livelli inammissibili, talvolta anche con la complicità di certi sacerdoti indegni di questo nome, e nel contempo preti di frontiera ammazzati solo perché dediti alla bonifica di quella miseria umana che costituisce il vivaio della malavita, e dunque scomodi e dannosi al sistema mafioso.

Una commedia amara, che segna il suo punto più alto nella seconda parte, dove la comicità si mischia esplicitamente all'impegno sociale, e della quale la bella regia di Paolo Triestino, insieme alle luci di Gigi Ascione, ai realistici costumi di Maria Marinaro e alle scene di Alessandra Ricci, ha esaltato l'aspetto naif, a tratti ingenuo e volutamente oleografico di un'ambientazione campagnola, isolata dal mondo, dove tutto sembra affidato al tranquillo coraggio dei due sacerdoti. Una storia di giovani, ciascuno con il proprio vissuto, che tentano giorno per giorno di cambiare la prospettiva di un'esistenza che, almeno nel Meridione, sembra votata all'assoluto immobilismo. Lontana la Chiesa ufficiale, con i suoi potenti mezzi e le sue pompe, una Chiesa che manda allo sbaraglio due ragazzi in una parrocchia della quale sono rimaste solo le mura, e anche qui potrebbe leggersi una polemica non tanto nascosta contro certe istituzioni religiose che non si occupano dei giovani e di Cristo nello stesso modo in cui se ne occupano i protagonisti…

Molto bravi tutti gli attori della compagnia, a cominciare dall'autore-protagonista Antonio Grosso che, pur se molto giovane, dimostra una professionalità non comune e un notevole dominio della scena: divertenti ma misurati e mai caricati, pur nell'ovvia necessità di una dizione sporca, a momenti assolutamente dialettale, Antonello Pascale, Filippo Tirabassi, Maria Scorza e Antonio Spaguolo. Perfetta la scelta delle voci fuori scena del boss e del suo scagnozzo, affidate a Gianfelice Imparato e a Ciro Scalera.

Giuliana Cutore

19/11/2018