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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

La città di Bologna

dedica una mostra ad Antonio Vivaldi

Tra le iniziative culturali estive sul territorio nazionale, merita attenzione la mostra “Vivaldi. La mia vita, la mia musica” allestita a Bologna dal 24 maggio 2019, che si protrarrà fino al 3 novembre, nello storico Palazzo Fava di via Manzoni 2, in stile rinascimentale. Prodotta da Emotional Experiences Srl e da Genus Bononiae.

Musei nella città, la mostra si snoda attraverso le sale del Piano Nobile, tra le decorazioni ad affresco dei Carracci, lungo un percorso audiovisivo che illustra in maniera attraente la vita e lo stile compositivo del musicista veneziano Antonio Vivaldi, nato nella città veneta il 4 marzo 1678. Dall'infanzia, sotto la guida del padre violinista, all'ordinazione sacerdotale del 1703 (periodo al quale risale anche l'assunzione come maestro di violino al Pio Ospedale della Pietà fino al 1720, dove si impartiva l'educazione musicale alle ragazze) alla grande risonanza europea di colui che codificò la struttura del concerto barocco nella forma tripartita allegro-adagio-allegro, la figura del “Prete Rosso” (così definito per la sua chioma fulva) riscoperta dal 1939 in poi, dopo un oblio di quasi due secoli, si propone al visitatore grazie a un'audioguida che si avvale dell'incisiva voce dell'attore Giancarlo Giannini il quale, nel ruolo dello stesso musicista, ripercorre in prima persona i momenti difficili legati al suo precario stato di salute, a quella “ristrettezza di petto” ovvero una forma di asma, che lo portò ad essere dispensato dall'esercizio sacerdotale, ma che al tempo stesso lo indusse a votarsi interamente alla musica, con tutto l'amore possibile, nel suo prolifico repertorio di oltre 450 concerti e musica sacra( accanto al settore operistico). Sino alla nefasta svolta che la sua carriera subisce, con la morte dell'imperatore asburgico Carlo VI a Vienna nel 1740, già suo mecenate, alla quale seguirà il declino della carriera di Vivaldi fino al suo decesso in povertà, nel 1741, sempre nella capitale austriaca. Della suddetta produzione, man mano che si procede dalla Sala Carracci alla Sala Rubianesca fino a quella denominata Giasone, il percorso a tappe con didascalie disvela un'interessante cernita di brani in un progressivo coinvolgimento ottico-sonoro (Andante dal Concerto per violino, archi e 2 clavicembali in Si bemolle maggiore RV583; Aria “Domine Deus” dal Gloria in Re maggiore, RV 589; Sonata in Re minore op.1 n.12 RV63 “La follia”; Largo dal Doppio concerto per violino, violoncello, archi e continuo in Fa maggiore, RV 544; Allegro dal Concerto n.8 in La minore RV 522; Adagio dal Concerto n.7 in Fa maggiore RV 567), favorito dal minuzioso ascolto in cuffia, mentre il racconto intrigante di Giannini ci conduce di fronte alla libreria virtuale e allo scrittoio colmo di fogli di partiture; accanto, cascate di note colorate tra effetti di luce psichedelica e disegni di una Venezia stilizzata, nonché la chicca degli strumenti autentici in bella posa, utilizzati dal musicista lungo la sua carriera, ovvero un violino, una viola e un violoncello, sul toccante “Dixit Dominus”, Salmo 109 per due soprani, contralto, tenore e basso solisti, coro a cinque voci miste, tromba, due oboi, archi e basso continuo, RV 595, a cura dell'ensemble vocale Il canto di Orfeo. Altro aspetto interessante, la ricostruzione di un teatro d'epoca nella Sala Rubianesca, con la nota alquanto grottesca degli spettatori (in fondo alla platea o nei palchi), molti dei quali lungi dal seguire l'opera sono dediti ad altre attività ricreative (tra cibo e gioco delle carte), mentre l'audioguida si sofferma sulla tanto discussa amicizia con la cantante Anna Giraud (il contralto che da allieva di Vivaldi divenne più tardi la prima donna in numerosi lavori teatrali del compositore) ribadendone con fermezza di non aver mai travalicato i limiti di un sincero rapporto professionale. Il clou dell'emozione si riserva certamente all'ultima sala del percorso (la suddetta Giasone), dove attraverso la tecnica digitale del video mapping si proiettano immagini fantasmagoriche tra gli archi, con effetti di stupefacente ottica tridimensionale, immergendo lo spettatore in un'ammaliante atmosfera onirica che lo avvolge di sorpresa e per intero, tra gittate di luce multicolore in movimento, ed estrosi disegni che si susseguono nell'ambiente dall'alto verso il basso o viceversa e lateralmente, con spiccati cromatismi o vivissimi accostamenti di colore nell'integrarsi alle suggestioni sonore di brani emblematici dell'estro vivaldiano: in particolare, dei noti Concerti Le quattro stagioni, abbiamo apprezzato i funambolici e icastici effetti descrittivi protesi a valorizzare l'inventiva dell'arte vivaldiana.

Si tratta, dunque, a nostro avviso, di un'iniziativa validissima per qualsiasi tipologia di utenza e di età (e che ben venga in questo caso una veste di modernizzazione nel rispetto dell'integrità compositiva, anzi a vantaggio di un'avveniristica modalità di ascolto), a prescindere dall'interesse personale più o meno ampio per lo sfaccettato mondo della musica in generale, attraverso i secoli.

Anna Rita Fontana

1/8/2019