RECENSIONI
-

_ HOMEPAGE_ | _CHI_SIAMO_ | _LIRICA_ | _PROSA_ | _RECENSIONI_| CONCERTI | BALLETTI_|_LINKS_| CONTATTI

direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Barcellona

Prima assoluta in Spagna di Written on Skin

Written on Skin si è ascoltata (più che vista) il 16 marzo a Barcellona e il giorno seguente a Madrid. Al Liceu si era vista, dello stesso compositore e librettista, George Benjamin e Martin Crimp, rispettivamente, nel 2011, al foyer, il loro primo lavoro lirico, Into the Little hill (2006), piuttosto ‘da camera'.

Questo secondo titolo, che vedeva la luce a Aix en Provence durante il Festival del 2012, ha avuto un'eco molto più larga e soprattutto recensioni laudatorie dove si è presentata, e cioè in varie città europee e negli Stati Uniti. In una versione da concerto con qualche oggetto, parecchi dettagli e movimenti e gesti molto chiari ed opportuni degli interpreti, diretti in questo aspetto da Benjamin Davis, che ha collaborato anche alla fortemente apprezzata messinscena della prima mondiale e ad altre recite, la compagnia di canto, con un'eccezione, era quella della prima assoluta. Se si ha poi il prezioso contributo della Mahler Chamber Orchestra (grazie ancora una volta, Maestro Abbado) e la concertazione dell'autore, e se Benjamin dirige tutto così io cercherei di assicurarmi la sua presenza in tutte le stagioni, l'opera non poteva non suscitare l'entusiasmo del pubblico: la sala non era gremita, ma abbastanza occupata – resta pendente per altro momento la considerazione sull'ostinazione del pubblico in generale che predilige titoli del repertorio anche in allestimenti e versioni appena mediocri, e sta alla larga da un'opera nuova che ha destato ammirazione dappertutto, come non capitava con certi titoli locali o nazionali d'infausta memoria nel passato recente del Liceu.

Io ritengo che una recensione non debba mai spiegare la trama dell'opera, si tratti de La Traviata o Sarka, e così mi limiterò a lodare la scelta del racconto (presente in Boccaccio ma anche in altri autori) del signore feudale che chiama un artista per scrivere ed illustrare (ecco il motivo del titolo) le imprese della sua stirpe; tra gli oggetti che possiede c'è però anche una moglie analfabeta, che finalmente trova qualcuno che la sa rispettare e le fa capire cosa sia l'amore e, più genericamente, l'essere donna. Ovviamente tutto finisce malissimo, con l'artista ucciso e il suo cuore dato in pasto alla moglie senza che lei lo sappia e quando il marito la vuole uccidere lei si butta dalla finestra. Al soggetto medievale si aggiungono dei commenti ‘anacronistici' di oggi fatti da tre angeli – uno dei quali è anche l'artista. Ottimo il libretto di Crimp, che riesce più di una volta a evocare diversi livelli e possibilità e a fare sì che ‘tempo fa' e ‘allora' del racconto diventino anche assolutamente contemporanei

La scrittura vocale dei tre principali è straordinaria, e quella dei comprimari pure, tranne quando cantano ‘da angeli' alquanto astratti, e allora ascoltiamo quanto già abbiamo sentito parecchie volte – troppe – nel secolo scorso, seconda metà, per intenderci, ma si sposa sempre bene alla musica rispettando la fonetica dell'inglese (chiarissimo sempre, e non solo per via della stupenda articolazione degli artisti) e intenta a cogliere fino al minimo dettaglio del valore espressivo della parola. Ancora più notevole, però, mi è sembrata la parte orchestrale, di grande forza drammatica e molto immaginativa; ci sono i mandolini, la viola d'amore e perfino una ‘glass harmonica' per niente esotici o dimostrazione vuota di bravura; anzi, il loro effetto è magico e sempre in funzione di testo e situazione. Insomma, teatro lirico di quello vero e allo stato puro, ad altissimo livello.

Christopher Purves e Barbara Hannigan sono dei cantanti notevoli (lei è addirittura favolosa) e artisti senza pari; figuriamoci cosa capita quando cantano parti concepite apposta pensando alle loro caratteristiche vocali: le loro qualità vengono potenziate e il risultato è sconvolgente, e non è che abbiano la vita facile, e lo stesso va detto degli altri interpreti. Il terzo vertice del triangolo era qui il controtenore Tim Meade, che si era preso altre volte l'onere della parte: era bravissimo, anche se si può pensare cosa sarà riuscito a fare con il suo timbro e il suo fascino Bejun Mehta alla prima assoluta nel ruolo dell'artista trasgressore.

Non so se, come si è ripetuto un po' troppo, siamo davanti alla ‘grande opera del ventunesimo secolo'. Noi sicuramente non arriveremo alla fine di un secolo che ha davanti ottantaquattro anni, ma quello che potremo dire senza troppa paura di sbagliare è che finalmente abbiamo davanti una partitura assolutamene dei nostri giorni, che potrà piacere più o meno, ma sulla cui importanza e interesse non c'è dubbio alcuno.

Jorge Binaghi

22/3/2016

La foto del servizio è di Antonio Bofill.