RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

La Cenerentola

al Teatro Sociale di Rovigo

La Stagione d'Opera del Teatro Sociale di Rovigo si è conclusa con una bella edizione del melodramma giocoso La Cenerentola di Gioachino Rossini. Il Teatro Sociale di Rovigo vanta una lunghissima tradizione ed è stato frequentato dai più illustri cantanti, basti pensare ivi hanno fatto il loro debutto Beniamino Gigli ne La Gioconda e Renata Tebaldi nel Mefistofele, altri tempi! Teatro di provincia, quando provincia non significa inferiorità, nel mezzo della pianura padana ad ugual distanza tra le Fondazioni di Verona, Bologna e Venezia. Nella ristrettezza economica dei tempi odierni è uno dei teatri di tradizione che ha saputo crearsi una propria identità abbinata ad una programmazione di assoluto rispetto.

Ne è la riprova questa Cenerentola in coproduzione con il Teatro dell'Opera Giocosa di Savona, ove ha debuttato nel luglio 2014. Francesco Esposito, regista e costumista, e Mauro Tinti, scenografo, hanno ricostruito la fiaba tratta da Perrault in maniera efficace e divertente. Una collocazione atemporale con costumi sgargianti e coloratissimi come a rilevare che la vicenda è sempre attuale e la felice conclusione soddisfa il pubblico. La scena fissa circoscritta su un praticabile inclinato rotondo presenta pochi elementi, che sono inseriti a vista, e sovente si utilizza una simpatica passerella attorno alla buca dell'orchestra. La regia molto divertente e precisa dosa il giusto peso sia sull'aspetto patetico sia su quello comico. Qualche leggera diversione se la prende, ad esempio don Magnifico che dorme in un letto assieme a numerose fanciulle (escort?), ma sono cose di poco conto, nell'insieme Esposito è capace focalizzare tutti i personaggi con brio ed eleganza. Tinti si adopera efficacemente con bellissime tappezzerie, ora calate dall'alto ora distese sul palcoscenico, e qualche mobile nell'uniformità del concetto di scena unica, cui si sommano le ottime luci di Alessandro Canali e, parafrasando il libretto, il gioco è fatto. Piacevole e simpatico spettacolo, il quale regge anche per la bravura attoriale di un cast molto omogeneo.

Giovanni Di Stefano a capo dell'Orchestra Sinfonica di Sanremo tiene ben saldo l'insieme in tempi molto serrati ed imprime un ritmo davvero incalzante. In alcuni momenti non era ben rifinito l'insieme delle sezioni orchestrali, ma il risultato era più che positivo. Ottima la prova del settore maschile del Coro Lirico “Pietro Mascagni” di Savona istruito da Gianluca Ascheri.

Nel ruolo in titolo debuttava, salvo errore di chi scrive, Marina De Liso, la quale riusciva ad affrontare Angelina con spiccata sensibilità artistica e un rifinito materiale vocale, anche se ha privilegiato più l'aspetto patetico cantabile rispetto a quello virtuosistico. Tuttavia, la sua è una Cenerentola ben rappresentata ed interpretata, finemente scolpita nei sentimenti. Filippo Adami è un buon Ramiro dall'ottima dizione e con voce lirica e timbrata. Talvolta il settore acuto lo mette a disagio e sarebbe opportuno tralasciare, poiché il personaggio è riuscitissimo per eleganza e proprietà di fraseggio cui si unisce un'innata musicalità che ha appagato la sua performance. Domenico Colaianni era un bravissimo Don Magnifico, voce tendenzialmente chiara ma splendido vocalista soprattutto nel sillabato, rende un personaggio uniforme di gran classe senza mai cadere nella facile trappola della compassata comicità. Lievemente inferiore Enrico Maria Marabelli, un Dandini che dovrebbe assestare la parte tecnica soprattutto nel registro acuto assolvendo comunque il suo compito con onore.

Molto positiva la prova di Rocco Cavalluzzi, Alidoro, un giovane che a mio parere è da tenere in considerazione in futuro. Bellissima voce di basso, ha caratterizzato il filosofo con nobiltà d'accenti e uno stupendo fraseggio, anche se nell'aria si sono notate talune sfasature nella tenuta dei fiati (e precisiamo che cantava una sola aria ma la più difficile di tutta l'opera); tuttavia in considerazione della giovane età è auspicabile, se non certo, un progredire a livello tecnico e vorremo ancora avere occasione di ascoltarlo in futuro. Infine, ma per questo non da ultime perché in Cenerentola tutti i cantanti sono coprotagonisti, le due sorellastre: Linda Campanella e Paola Pittaluga. Entrambe hanno centrato i loro personaggi con grande classe attoriale, vorrei aggiungere con spiccata autoironia, e doveroso aggiungere con estrema professionalità nel canto. La signora Campanella ha eseguito l'aria “Sventurata! Mi credea” solitamente omessa, con professionalità.

Successo clamoroso al termine per tutta la compagnia, anche se stranamente il teatro non era esaurito per un titolo che dovrebbe attirare molto pubblico, il quale s'è perso l'occasione per passare una serata divertente.

Lukas Franceschini

30/4/2015

 

Le foto del servizio sono di Luigi Cerati.

 

 

 

Giuseppe Perrotta

Recita un'antica sentenza: «Padre Modesto non diventò mai Priore», intendendo con ciò che timidezza e riservatezza, se eccessive e paralizzanti bloccano e impediscono ogni realizzazione pratica ed ogni azione umana. Forse nessuna sentenza è mai stata più pertinente e adatta alla vita e all'opera di colui che fu certo uno dei musicisti più sfortunati della nostra terra e che risponde al nome di Giuseppe Perrotta. Nato a Catania, in via Garibaldi, il 19 marzo del 1843 dall'avvocato Emanuele Perrotta e da Giuseppa Musumeci, il giovane futuro compositore si dedicava alla musica per diletto (la sua formazione fu da autodidatta) e anche per passione, ma per non deludere le aspettative paterne, come tanti figli ubbidienti di quell'epoca, si dedicò agli studi giuridici, laureandosi in legge presso l'Università etnea nel 1862. Nello stesso anno convolerà a nozze con Antonina Ardizzoni Carbonaro, che gli darà due figli. Il suo carattere schivo ed il suo stato di giovane padre di famiglia gli impediranno di viaggiare, a differenza degli amici artisti e letterati suoi conterranei Giovanni Verga, Luigi Capuana, Federico De Roberto, Mario Rapisardi, Francesco Paolo Frontini e soprattutto di promuovere, caldeggiare e divulgare le sue composizioni. Si recò solo una volta a Milano nel 1879, su sollecitazione di Verga e Capuana, ma nonostante le calorose accoglienze ricevute dal mondo musicale ambrosiano ritornò subito nella sua città. In seguito Perrotta rimase vedovo, cosa che presumibilmente gli provocò uno stato di profonda tristezza e depressione. Pertanto si ritirò gli ultimi anni della vita nel suo villino di Cibali con i figli e la madre, abbandonando la composizione musicale e morendo suicida nel 1910. Il musicista catanese diede vita a tre opere liriche: Bianca di Lara su libretto di Stefano Interdonato; Il trionfo dell'amore su testo originale dell'omonima fiaba in versi di Giuseppe Giacosa; Il conte Yanno su libretto di Ugo Fleres. Nessuna di queste partiture fu mai rappresentata e certamente anche in questo caso il carattere ostico, poco comunicativo ed austero del musicista avrà avuto il suo peso, assieme certo alla non eccezionale valenza artistica delle opere. Il suo grande e solerte amico Giovanni Verga lo incaricò, certo per aiutarlo e incoraggiarlo, un preludio per piccola orchestra da anteporre al dramma «Cavalleria Rusticana» che andava in scena a Milano, ma la partitura, giudicata di difficile comprensione, venne scartata. Tuttavia l'anno seguente venne riproposta all'arena Pacini di Catania, esattamente il 29 luglio del 1886, ottenendo un buon successo di pubblico e di critica, così come riporta ed evidenzia il Corriere di Catania dell'epoca. Il musicista fu anche autore di musiche da camera, pianistica e vocale.

Il periodico di cultura siciliana «Agorà» ha voluto commemorare alla fine di questo 2010 il centenario della morte del compositore etneo offrendo ai suoi lettori in allegato alla rivista n. 35 un volume biografico ed un CD di sue musiche al prezzo davvero popolare di Euro 7,50. Il libro scritto con estrema cura e perizia da Elio Miccichè si rivela quanto mai esaustivo riguardo non solo la vita e le opere del Perrotta ma anche del milieu artistico e culturale col quale interagì. Il testo si avvale anche di una illuminante prefazione di Roberto Carnevale, il quale coglie acutamente nelle creazioni del «Solitario di Cibali» ascendenze ed arditezze armoniche tipicamente wagneriane. Un ricco apparato epistolare, fotografico ed iconografico, nonché una veste tipografica elegante, rendono la pubblicazione degna di stare nella biblioteca di ogni storico della musica ed appassionato di storia patria.

Il CD contiene 6 Romanze per voce e pianoforte: «Aura», «Gentile», «Idol mio», «Abbandonata», «O fior della pensosa sera» «Cuor morto», «La luna dal rotondo volto», eseguite egregiamente dal soprano Stefania Pistone, accompagnata al pianoforte dalla brava Alessandro Toscano. I pezzi per pianoforte solo: «Ouverture per Cavalleria Rusticana», «Preludio dallo Stabat Mater di Pergolesi», «Preludio in mi bemolle maggiore da Otium», e «Barcarola n. 3 senza parole» sono eseguite con garbo e buon gusto da Mario Spinnicchia.

Giovanni Pasqualino

13/2/2011