RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Romeo e Giulietta

le eterne vittime della società e della famiglia

Un tratto che accomuna Shakespeare agli antichi tragici greci è l'universalità atemporale dei temi trattati: se Macbeth è il dramma del potere, Amleto rimanda all'Orestea eschilea, mentre Otello eviscera le conseguenze di un'insana passione quale la gelosia, Romeo e Giulietta, la più delicata e struggente delle tragedie del Bardo, indaga, di fatto, le conseguenze sul destino di due giovani innamorati di inimicizie antiche o recenti, esacerbate dall'occhiuto controllo sociale, da una distorta morale, e borghese o aristocratica fa lo stesso, e infine da quel verminaio di occulti condizionamenti che è il clan familiare, più o meno allargato, con i suoi pregiudizi, i suoi diktat, le sue talvolta assurde convinzioni, clan o famiglia il cui intento più o meno esplicito è quello di sopraffare l'individuo, di spezzarne la personalità, di dirigerne i desideri, i disgusti e i sentimenti, pilotandoli al fine di mantenerli su binari prestabiliti e ben oliati, che di fatto assicurano il mantenimento dello status quo.

Ebbene, se alla famiglia così intesa si sostituisce il sociale, sorta di vampiresco Moloch dotato di mille armi per condizionare l'individuo potenzialmente deviante, con le buone o con le cattive, armi che vanno dalla televisione ai social dell'epoca di Internet, dall'emarginazione sul lavoro all'esplicita condanna, in un crescendo persecutorio dove o ti spezzi o muori, perché tutti ti abbandonano o semplicemente ti guardano di traverso, non si può non plaudire alla scelta del coreografo Dario Biuso che ha offerto al pubblico del teatro antico di Taormina il 9 agosto, per il Taormina Opera Festival e il Festival Belliniano, entrambi diretti da Enrico Castiglione, una sua personalissima ma altrettanto valida reinterpretazione della sfortunata vicenda dei Capuleti e dei Montecchi, dall'indicativo titolo Romeo & Giulietta 2.0, dove il richiamo alla nostra contemporaneità nutrita di media e internet costituiva il filo conduttore di una rivisitazione che rendeva ancor più doloroso e ineluttabile il fato degli amanti veronesi.

Sull'immenso palcoscenico pressoché spoglio, tranne un piccolo scranno che dopo l'introduzione sarebbe scomparso, i ballerini si muovevano a tutto tondo, su musiche di Tchaikovsky, ma anche di Prokofe'v e Chopin, amplificate sin quasi alla destrutturazione – scelta e non casualità, volta a rendere ossessiva e non tranquillamente godibile la traccia registrata.

Dopo un breve intervento del narratore, impersonato da Alessandro Bonaccorso, la cui voce creava effetti d'eco suggestivi ed inquietanti, e che ha narrato brevemente la notissima vicenda ricorrendo volentieri al copione shakespeariano, il balletto, istruito da Antonella Grigoli, si è subito caratterizzato per una ben riuscita fusione tra la danza classica e la plasticità muscolare di quella moderna, evidenziando tutta l'aggressività del clan familiare determinato ad ostacolare l'amore dei due giovani. E se il pas de deux tra Romeo e Giulietta, impersonati dai bravissimi Dennis Vizzini e Viviana Saitta, che hanno più volte strappato lunghi e calorosi applausi a scena aperta, non era privo di compiacimenti alla tradizione, che rendevano delicate e struggenti le movenze dei due amanti, mancava tuttavia degli assolo che ne avrebbero inficiato il profondo pathos, slargando una coreogrefia che voleva essere incalzante, a tratti crudele, ma che soprattutto tendeva ad evidenziare senza mezzi termini l'opera di condizionamento sociale, concretatosi in seguito con i danzatori che portavano in scena un portatile e che tenevano in mano dei cellulari, indirizzando questi ultimi verso gli innamorati, come a comunicare in tempo reale a tutta la società il loro abissale peccato d'amore.

Di fronte a questo attacco, Romeo e Giulietta, denudatisi nella scena precedente, sentono per brevi istanti, come Adamo ed Eva dinanzi a Jahvè, tutta la vergogna del loro presunto peccato, vergogna esplicitata da goffi tentativi di riprendere gli abiti sotto gli sguardi crucciati dei parenti o degli amici.

La scena in cui Giulietta finge di morire, qui con la variante di pillole di tranquillanti o forse di droghe, nulla manteneva del languore del balletto classico, in un crescendo magistrale di muscolarità e di scultoree pose della bravissima Saitta, atte a rendere palpabile il dissidio interiore, dissidio non amoroso, ma di una personalità schiacciata dal sociale. Anche la morte di Romeo proseguiva sulla stessa linea, con Vizzini che per brevi istanti ha magistralmente imitato i tremori spasmodici di un drogato o di un epilettico, in un climax di coinvolgimento sconosciuto alla rarefatta eleganza della danza classica.

Nel finale, il messaggio coreografico si concreta nel corpo di ballo che si avventa sui due cadaveri, riemergendone come zombi e vampiri che si mostrano al pubblico in tutta la loro ormai patente aggressività omicida.

Un lavoro che addita nuove possibilità alla danza, e che ha saputo sfruttare al massimo l'estensione del palcoscenico, con movenze spettacolari e di grande impatto visivo, trovando nei costumi, essenziali ma significativi nella scelta dei colori, e nelle luci di Silvia Grigoli, una degna cornice all'abilità tecnica di tutto il corpo di ballo, formato dalla Compagnia Kóreos Ballet.

Giuliana Cutore

10/8/2016

Le foto del servizio sono di Giuseppe Gelsomino.