RECENSIONI
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Ian Bostridge nella morsa del gelo

“Esplorare qualcosa di inesplorabile”, scrive Thomas Bernhard in Gelo, suo esordio romanzesco, una frase che ben potrebbe porsi a epigrafe della Winterreise schubertiana, mappa emotiva di un'esistenza erratica e disorientata, pregna di osservazioni al limitare della pazzia, coltivate in un incessante vagare infestato da pensieri mortiferi. L'identificazione fra Ian Bostridge e i paesaggi interiori del ciclo è ormai totale, tanto da aver dato vita a un volume nel quale il tenore britannico analizza in ogni singolo dettaglio la poetica di Schubert. Tutto appare frammentato, irrigidito e racchiuso in una coltre di ghiaccio. Lo spunto dell'amante respinto muove l'ispirazione del poeta Wilhelm Müller, autore delle poesie, ma si muta in qualcosa di inedito, in un percorso allegorico compiuto in uno spazio dalle coordinate incerte, in una temporalità indefinita. Non appena Bostridge intona i primi versi, l'Aula Magna dell'Università romana diviene un mondo altro che ha poca attinenza con la realtà, un luogo sferzato da un vento che scompiglia l'anima. Stremato, assiderato dal proprio incessante vagare, Bostridge si aggrappa al pianoforte, governato dal fido Julius Drake, per mantenere l'equilibrio fra perigliose prospettive.

Chi scrive ha avuto la fortuna di ascoltarlo in innumerevoli occasioni, sin dall'ormai lontano 2003. La maestria di colui che, a nostro avviso, è il più grande liederista della sua generazione, sembra andare oggi ancor più nel profondo di quanto facesse nel passato, se mai risulti possibile affinare una tecnica e una capacità mimetica sorprendenti sin dal loro primo apparire. Ogni nota, ogni accento, scavano l'anima e la espongono a morbosi rovelli. Versi ridotti a brandelli ruotano nell'aria, come fantasmi di vite esposte al tormento. Il suono dell'organetto conclude il ciclo in una danza macabra, un movimento circolare che richiama la conclusione di alcune pellicole di Werner Herzog. Siamo di fronte a una ritualità ossessiva e ipnotica, estremamente evocativa e colma di suggestioni. Una tensione inesausta anima il ciclo, in particolare nell'attenzione verso i reietti, siano essi uomini o animali, votati a un tragico destino. In quest'ottica il Wanderer di romantica memoria è l'uomo di oggi, smarrito e abbandonato in un universo che gli appare incomprensibile.

Riccardo Cenci

31/10/2023

 

 

 

 

 

22/10/2022