RECENSIONI
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Barcellona

Elisir alquanto decaffeinato

Ancora una volta tornava alla ribalta del Liceu L'elisir d'amore in una specie di minifestival Donizetti (contemporaneamente si dà il Poliuto, recensito qui stesso), o forse di più se si pensa che ci sarà ancora un terzo titolo del bergamasco in questa stagione, quando mancano del tutto o sono presenti con una sola opera altri nomi importanti.

Si riprendeva la messinscena di Mario Gas, molto amata dal pubblico, benché l'ambientazione durante il fascismo in Italia strida qualche volta e, senza volerlo, si presenti quel momento come quasi idillico, e non si traeva il partito che potrebbe sembrare ovvio nella caratterizzazione del moretto. Comunque sia, i personaggi, coro compreso, funzionano molto bene.

La concertazione dello spettacolo veniva affidata al giovane e molto richiesto maestro Ramón Tebar, che il sottoscritto vedeva dal vivo per la prima volta. Fermo restando che un'opera comica o sentimentale semplice può essere più difficile di altre più complicate, nel suo lavoro ci sono stati alti e bassi, particolarmente durante l'atto primo, con dei tempi da capogiro (particolarmente nelle cabalette o strette), troppo volume e soprattutto poca allegria in buca, dove i professori facevano bene la loro parte, come era anche il caso del coro dopo alcune incertezze iniziali.

Pavol Breslik è un tenore di bella presenza, simpatico, e all'occasione canta anche bene. La voce è diventata più scura e pesante, ingolata e con tendenza ad aprire gli acuti; le mezzevoci sono stimbrate e non sempre salde, come anche nei suoni sostenuti. Se l'è cavata insomma, ma il vero trionfo è stato di Jessica Pratt, la cui Adina, tipo soprano leggero puro, e quindi nei momenti più lirici il timbro risultava meno adatto, era molto credibile (anche se vestita da un nemico) e soprattutto cantata da manuale, con delle acrobazie pirotecniche molto azzardate nella sua grande aria, in particolare nella cabaletta con delle variazioni notabili, e il solo momento in cui il pubblico si lasciava andare con clamorosi applausi. Paolo Bordogna nei panni di Belcore era il solito ottimo artista e bravo cantante, ma un basso buffo quale egli è non ha la vita facile con la vocalità del ruolo; naturalmente compensava con l'interpretazione un po' sopra le righe. Roberto de Candia cantava bene e si muoveva ancora meglio, ma la voce è un po' leggera per Dulcamara, e quindi non lo si sentiva sempre, in parte colpa anche dell'orchestra. Mercedes Gancedo è un giovane soprano argentino da seguire, e sta anche facendo una bella carriera nell'ambito del canto da camera. La sua Giannetta è stata a ragione applaudita dopo la sua breve scena con il coro. Il pubblico, alquanto freddino nella prima parte, si riscaldava durante la seconda e particolarmente dopo l'aria della Pratt e a spettacolo finito quando si riprendeva il concertato finale come in un musical (già previsto dalla regia) e il battere di mani copriva le voci. Se il teatro non era stracolmo lo si vedeva molto più affollato di quanto non lo fosse due giorni prima: si vede che un titolo noto e amato, per quanto inferiore nella parte artistica, risulta preferibile a uno infrequente dello stesso autore: peccato (si veda la recensione del Poliuto).

Jorge Binaghi

13/1/2018

La foto del servizio è di Antonio Bofill.

La foto del servizio è di Antonio Bofill.