RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

A Jesi un Barbiere contemporaneo

Meraviglioso meccanismo teatrale Il barbiere di Siviglia, compatto e unitario pur nella eterogeneità del materiale impiegato, proveniente in parte da lavori precedenti; pratica in uso all'epoca, dettata dai forsennati ritmi produttivi imposti dal mercato. A una gestazione tanto rapida segue un capolavoro assoluto del teatro di ogni tempo. L'allestimento visto a Jesi fa parte di un progetto di coproduzione che, oltre alla cittadina marchigiana, vede coinvolti gli enti lirici di Pisa, Lucca, Rovigo e Ravenna. Il regista Luigi De Angelis, fra i fondatori della compagnia Fanny & Alexander, mira esplicitare il conflitto generazionale e gli attriti sociali presenti nel libretto di Cesare Sterbini, derivato dalla commedia omonima di Beaumarchais.

Quattro ambienti di un moderno condominio distribuiti su due piani permettono agli spettatori di sbirciare nell'intimità dei personaggi; quasi a dire che il microcosmo creato da Rossini addita un più ampio macrocosmo, con tutte le sue complessità. Scopo della messa in scena esplicitare le idiosincrasie del nostro tempo, mettendole in burla. Così il Conte chiama Fiorello con il cellulare, mentre i musicanti che accompagneranno la serenata sono giovani componenti di un gruppo rock. Alcune trovate suscitano l'ilarità del pubblico come quando Don Bartolo, spaventato dalla presunta malattia di Basilio, spruzza disinfettante sulla scena dopo aver indossato una mascherina usa e getta, di quelle che sono entrate nelle nostre vite in seguito alla pandemia da Covid. Più spesso le incursioni nella modernità appaiono gratuite e distraenti. Alcuni ragazzi picchiano un barbone, un rider consegna le sue pizze mentre un operatore ecologico raccoglie i rifiuti gettati a terra con noncuranza dai passanti, evocando i temi della fragilità sociale e dell'incuria. Una varia umanità composta da suore, balie, atleti dediti allo jogging occasionale, transita di fronte al condominio in maniera fin troppo ripetitiva. Le scene affidate a giovani attori, occorre dirlo, sono ben costruite, ma resta l'impressione di un horror vacui che spinge a colmare ogni spazio anche dove non se ne sente il bisogno.

Le cose vanno molto meglio dal punto di vista vocale. Chiara Amarù è una Rosina brillante, dal timbro avvolgente e dalle colorature facili e luminose, a dispetto dell'improvvisa indisposizione annunciata all'inizio della recita. Dal punto di vista interpretativo incarna perfettamente i tormenti di una fanciulla costretta all'isolamento, mentre attorno a lei la vita si mostra nelle sue molteplici sfaccettature. Le sta accanto l'Almaviva dal fraseggio chiaro e disinvolto di Dave Monaco, in grado di disimpegnarsi con lodevole espressione e agilità nell'aria conclusiva Cessa di più resistere. Peccato che il regista abbia deciso di mostrare contemporaneamente una scena di seduzione omosessuale che non ha alcuna attinenza con l'azione. Gurgen Baveyan è un Figaro convincente nella cavatina di esordio e apprezzabile nel prosieguo dell'azione. Roberto Abbondanza (Don Bartolo) supplisce all'inevitabile usura vocale con il mestiere derivato da una lunga carriera, anche se il fitto sillabato rossiniano non si attaglia perfettamente alle sue doti. Arturo Espinosa è un Don Basilio misurato, scevro da qualsiasi effetto caricaturale. Eccellente infine la Berta di Paola Valentina Molinari, alla quale il regista dona un inconsueto rilievo e una inaspettata soddisfazione sessuale. Francesco Pasqualetti dirige con ritmi serrati e dinamiche improntate al forte, appiattendo i multiformi valori della scrittura rossiniana.

Riccardo Cenci

7/11/2023

La foto del servizio è di Binci.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

22/10/2022