RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Aperitivo con Andrés

 

Con l'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai (OSN) Andrés Orozco-Estrada ha debuttato nel maggio del 2022: un concerto tutto straussiano che ha posto le basi per quella che si è concretizzata come la nomina a Direttore principale della stessa per un triennio a partire da quest'anno.Manca poco, intanto, per vedere il Direttore emerito dell'OSN, Fabio Luisi, impegnato a fare gli onori di casa col primo concerto della stagione 2023-24, giovedì 26 ottobre, con un'ospite d'eccezione (una certa Martha Argerich...). In attesa dell'inizio ufficiale, per farsi conoscere e ri-conoscere dagli aficionados  dell'auditorium Arturo Toscanini di Torino, Orozco-Estrada pensa bene di offrire, a mo' di aperitivo, un concerto straordinario sabato 14.

Se serve a farsi conoscere, giustamente anche il programma deve essere conosciuto. Dirige così la Sinfonia nº41 in do maggiore KV 551 di Wolfgang Amadeus Mozart e i Quadri di un'esposizione di Modest Musorgskij nella classica veste orchestrale di Maurice Ravel.

La KV 551 reca la data 10 agosto 1788 e nasce come terza di una triade di sinfonie scritte quasi di getto nell'estate di quell'anno, assieme alla nº39 e alla nº40, forse in vista di un concerto pubblico. Il soprannome Jupiter, apposto probabilmente dall'impresario inglese Salomon, è stato dato per evidenziarne il carattere grandioso, e la tonalità scelta non fa che ribadirlo: «Do maggiore rest[a] in Mozart, come in Haydn, il simbolo della vivacità e della chiarezza, oltreché beninteso dei fasti di corte, […] ideale per un discorso diretto, trionfale e ampolloso ( Linz ), come pure affermativo e interiormente vissuto ( Jupiter )» (L. Della Croce, Le sinfonie di Mozart ). E d'altro canto la Jupiter non poteva che uscire dalla penna del Salisburghese: confrontando gli incipit di altre sue sinfonie in do maggiore, quella propulsiva terzina di semicrome che invola la frase musicale compare almeno, come biscrome ma poco importa, nella nº46 KV 96/111b e nella nº34 KV 338.

Anche i Quadri di un'esposizione fanno parte del tipico bagaglio del frequentatore di concerti. Nata nel 1874 dalle impressioni di una mostra di quadri e bozzetti dell'amico Viktor Hartmann, la suite di quindici pezzi che Musorgskij scrisse per pianoforte venne pubblicata solo nel 1886, cinque anni dopo la sua morte, grazie all'interessamento di Rimskij-Korsakov, e orchestrata da Ravel nel 1922 in un'operazione di stupefacente inventiva timbrica.

Colombiano, classe 1977, Orozco-Estrada ha diretto orchestre come i Wiener e i Berliner Philharmoniker, la nostrana Accademia di Santa Cecilia e, oltreoceano, la Chicago e la Philadelphia Symphony Orchestra, e il suo talento ha avuto modo di esprimersi in repertori che spaziano dal Settecento al Novecento con un notevole ventaglio di autori. Qui in particolare dà sfoggio di magistrale competenza su pezzi che paiono non avere più altro da dire, tante sono le incisioni e le esecuzioni che un ascoltatore medio ha macinato; eppure, proprio qui, nel repertorio più consumato, riesce ad essere originale. L'attacco della Jupiter avviene sotto un gesto consueto, confondibile con mille altri; ma basta aspettare, nell'esposizione della forma sonata, l'arrivo del secondo tema per notare come la messa in rilievo del dialogo tra violini primi e bassi, e poco dopo tra fagotti e bassi, mostri lampante che ci troviamo di fronte a un fuoriclasse che guarda il dettaglio e la finezza, e di finezze ci sarebbe da noverarne troppe per non annoiare il lettore. Il discorso prosegue con uno sviluppo chiarissimo e una chiusa pomposa e a suo modo “operistica”, da finale di Ouverture delle Nozze di Figaro. Bene anche per l'Andante cantabile che segue, dove la parentesi in minore si vela di malinconie che sanno già di romantico, e per il Minuetto, cerimonioso nella sua tronfia pomposità. Il Molto allegro conclusivo, invece, lascia perplessi. In questo finale, Mozart distilla una scrittura contrappuntistica di rara sapienza, che combina la forma sonata con la fuga, o per lo meno con il fugato. Un pezzo così, che col finale della Quinta di Bruckner condivide una complessità tale da poter essere apprezzata solo con la partitura sotto gli occhi, pone non pochi problemi direttoriali, ad esempio: prediligere una lettura analitica o una uniforme? Orozco-Estrada preferisce questa seconda opzione, non badando a sottolineare le entrate, a rilevare il gioco polifonico, quanto piuttosto a smaltare di brillantezza il suono e spingendo sull'acceleratore per garantire l'effetto “tappo di champagne che salta” al termine. L'effetto riesce, ma a scapito della preziosità compositiva del pezzo.

Smalto e brillantezza sembrano essere anche le parole d'ordine per i Quadri . Dall'inizio alla fine è una girandola di colori orchestrali dal suono riuscito e pulito, merito di una OSN in forma smagliante che risponde bene ai comandi del nuovo pilota. Fin dall'avvio della prima Promenade si percepisce un voler fare le cose in grande, c'è aria di maestosità, di grandezza. Poco più avanti, è l'immutabile scansione ritmica del pedale in 6/8 ai celli a colpire, ne Il vecchio castello, costantemente marcata sotto le volute penetranti del saxofono a formare come uno spesso e fosco tappeto di nebbia. Di Bydlo, il carro polacco che avanza lento e pesante, si desidererebbe che si fermasse un po' di più e corresse di meno: in altre parole, meno velocità e un suono più scuro avrebbero potuto contribuire a tornirlo al meglio. Pazienza, e pazienza anche per la piccola scivolata della tuba solista, costretta a suonare in un registro scomodo, molto acuto. Di Samuel Goldberg e Schmuyle restano impresse le convincenti sfumature dinamiche e la bravura della prima tromba Roberto Rossi nei rapidi ribattuti. Vivo e ben tenuto il tempo del Mercato di Limoges quanto cupa e irrespirabile l'aria delle Catacombæ. Alla conclusione ci aspetta il suono pieno e selvaggio, anche se non “così” selvaggio, di Baba Yaga e il trionfalismo maestoso della Grande porta di Kyev, dove le pause poco prima dei vari refrain enfatizzano la strumentazione via via più massiccia. Peccato che il volume, da un certo punto in avanti, si attesti su un livello e da quello non si muova più, mancando di convincere del tutto sull'effetto di crescendo continuo. Si tratta tuttavia di riccioli interpretativi che non inficiano una prestazione di alto livello da parte di un direttore che promette molto e sicuramente manterrà anche di più. Benvenuto, Andrés!

Christian Speranza

17/10/2023

La foto del servizio è di PiLuce.