RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

«Fatto, matto, quid pro quo»

A latere della stagione canonica del Teatro Regio di Torino orbitano iniziative interessanti che sarebbe ingiusto relegare nell'ombra e nel silenzio. Ne è un esempio la rassegna «In famiglia», che enuclea alcuni dei titoli del cartellone (e non solo) e li adatta alla fruizione dei più piccoli: un modo per poterli avvicinare, col supporto dei genitori, al mondo dell'opera. In famiglia, appunto.

Quest'anno, dopo due adattamenti del Barbiere di Siviglia e una rarità come Noye's fuddle (L'arca di Noè) di Benjamin Britten, è la volta di Bastiano e Bastiana, versione in italiano della prima opera di Wolfgang Amadeus Mozart, Bastien und Bastienne, KV 50/46b. Opera, o meglio Singspiel, su libretto di Friedrich Wilhelm Weiskern, Johann H. F. Mueller e Johann Andreas Schachtner, scritta nel 1768 da un Mozart appena dodicenne per Franz Anton Mesmer: questa curiosa figura di medico, precursore dell'ipnosi e fondatore del mesmerismo, desiderava una opera in miniatura da far rappresentare presso la sua villa viennese. Mozart inscena un argomento non nuovo – tratto da Le devin du village di Rousseau, del 1752 – ma dall'intreccio semplice e gestibile. Sono sufficienti una ventina di orchestrali e tre solisti: Bastiana (soprano), giovane pastora in ambasce amorose per il tradimento del suo innamorato; Bastiano (tenore), che ha preferito all'amore puro di Bastiana quello prezzolato di una castellana; Colas (basso), sedicente mago indovino, in realtà carismatico ciarlatano che propizia la loro riunione suggerendo a lei di civettare e a lui di credere a un improvvisato quanto improbabile rito magico: e quando Bastiano minaccia di annegarsi per amore, ecco Bastiana abbandonare la civetteria e accettare la proposta di matrimonio. L'opera fu messa in scena il primo di ottobre di quel 1768, ma venne abbandonata dopo poche rappresentazioni, liquidata come lavoro occasionale. A tutt'oggi è un titolo di raro ascolto: motivo di plauso in più per il Regio, quindi, di averla disseppellita.

Paolo Vettori, regista, distintosi quest'anno a marzo per l'intelligente allestimento di Powder her face di Thomas Adès, torna in confidenza con le ridotte dimensioni del Piccolo Regio Puccini per dar a vita uno spettacolo gustoso, frizzante, adatto a tutte le età, condividendo il merito con Chiara Osella. Servendosi delle scene di Claudia Boasso, ambienta la vicenda in un brolo elisio, nient'altro che un prato verde contornato da quinte grigie, che la sagoma di un albero sullo sfondo divide in due metà simmetriche. A proposito di sagome, ve ne sono di diverse fogge, che alludono alle figure citate durante i dialoghi: i giovanotti che adocchia Bastiana, le cittadine modaiole mirate da Bastiano, la castellana, che gli offre anche una ricca tavola imbandita al di sotto della quale egli si appisola. I costumi, di Laura Viglione, si conformano a questa visione arcadica e un po' naïf, vestendo Bastiano coi classici abiti da contadino settecentesco, casacca marrone su camicia bianca, e Bastiana come la più iconica delle pastorelle, grembiule bianco e cuffietta; ma quando deve far ingelosire il suo innamorato, eccola cambiare le babbucce coi tacchi, il grembiule con gonna e corsetto e sciogliere le bionde trecce, che poi raccoglie sotto un cappello alla moda. Colas, invece, il più estroso dei tre, arriva in scena con un lungo cappotto rosso e stivali neri, (il pizzetto e i capelli lunghi, oltre alla lavallière scura e le mostrine dorate, gli danno un vago aspetto di corsaro), spargendo manciate di coriandoli luccicosi. Il rito magico è forse il momento più riuscito della produzione: le luci (a cura di Gianni Bertoli) si abbassano e il ciurmadore versa polveri colorate in un secchio, pozione per Bastiano, pronunciando la formula arcana, in realtà parole senza senso, da «Digghi, dagghi» fino a «Fatto, matto [in italiano anche nel testo originale], quid pro quo»; il fatto poi che si aiuti con una grande calamita a C, da cartone animato, è la finezza, l'Easter egg, il riferimento al “magnetismo animale” di Mesmer (Mozart se ne ricorderà ancora a distanza di anni, quando nel Così fan tutte, farà intervenire una «pietra mesmerica», cioè proprio un magnete, a risanare i due finti pretendenti, i cui abiti, da turchi, valacchi o albanesi, come dice Despina, sono riprodotti nelle sagome dei ragazzi notati da Bastiana).

A beneficio dei bambini viene anche introdotta la figura mimo di Mozart stesso, qui l'attore Marco Caudera: parrucca barocca e abito da iconografia classica, Vettori/Osella gli fanno impersonare un personaggio simile a quello reso celebre da Tom Hulce in Amadeus. Si affaccia sul proscenio a sipario chiuso con quella risatina beota da “genio e sregolatezza”, ma è un attimo, ché subito dopo prende avvio la finzione di un Mozart che si ravvoltola nelle falde del sipario e si addormenta, sognando i protagonisti della sua opera, due sagomette manovrate da mano ignota sopra la sua testa, mentre in orchestra attacca l'Intrada. Lungo l'opera, sempre senza dire una parola, lo si ritrova a favorire movimenti, passare oggetti, posizionare sagome. Ben riuscita ad esempio l'entrata in scena di Colas, preparata da un Mozart che finge di suonare la cornamusa (e in effetti il trattamento degli archi è tale da imitare, in una friulana, il suono della cornamusa pastorale) e che gli stende davanti la passatoia rossa, dopo un maldestro e inefficace tentativo di srotolarla. Anche i flutti nei quali Bastiano vorrebbe annegarsi sono resi con un disegno dai colori pastello che emerge da una botola nel prato. Tutti stratagemmi per rendere la recita simpatica e farne uno spettacolo adatto ai bambini.

Tutt'altro che da bambini è invece il lato tecnico-musicale. Il giovane Riccardo Bisatti, dopo aver dato prova di grande maestria in Powder her face, si cimenta con questa partitura in confronto molto più accessibile, procedendo ad un accurato lavoro di concertazione fra i solisti e i diciassette elementi dell'Orchestra del Teatro Regio, mantenendone il suono lieve, aereo, asservendolo al palcoscenico, di cui rispetta e asseconda i tempi drammaturgici, ma sapendolo adeguatamente scurire quando, nel do minore di Digghi, dagghi, assume una nuance già preromantica. Una chicca architettata fra lui e il regista ha permesso di dar modo a qualche bambino (chissà? Si spera!) di chiedere ai genitori che cosa fosse quel frammento che il primo violino intona quasi di sfuggita, quando Colas dice a Bastiana che Bastiano è un po' farfallone, ma è anche amoroso: naturalmente, l'incipit del Non più andrai.

Meritatamente applaudita la Bastiana di Amélie Hois, anch'ella già ammirata per la sua voce limpida, cristallina e luminosa in Powder her face e impegnata contemporaneamente quale Marie in un adattamento della Fille du régiment. Delicata «figura da paravento», quasi statuina di presepio, a lei viene demandata gran parte delle arie del Singspiel, ed ella risolve egregiamente il ruolo con eleganza e vitalità, aggraziando la prestazione con movenze sceniche volutamente caricaturali, di indiscutibile verve e frizzante simpatia, e soprattutto adattissime allo scopo e al target del pubblico. Di fatto, questo delle movenze caricaturali è tratto richiesto a tutto il trio, che riesce complessivamente bene per suscitare l'ilarità della fetta più giovane. Meno a fuoco, forse per colpa di una voce ancora in via di affermazione definitiva e di fibra piuttosto esile, il Bastiano di Francesco Lucii, che, nonostante una parte più contenuta, delinea il suo personaggio con correttezza. Voce calda, profonda e vibrante e ricchezza di risorse espressive, non solo vocali ma anche fisiche e attoriali, caratterizzano invece Rocco Lia nel dar vita a un Colas un po' Dulcamara, un po' Don Giovanni mancato nei buffi tentativi di sedurre Bastiana.

Alla prima, domenica 28 maggio 2023, la recita suscita consensi da parte di pubblico e critica. Applausi prolungati e convinti accolgono solisti e direttore, tutti artisti del Regio Ensemble, e anche il gruppo registico che regge, ultimo tocco di simpatia, un'altra sagoma, stavolta quella di una fotografia a grandezza naturale di Paolo Vettori (anch'egli del Regio Ensemble), impossibilitato a presenziare per motivi di salute.

Christian Speranza

15/6/2023

Le foto del servizio sono di Andrea Macchia.