RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Religioso, anzi spirituale

 

Religiosità e spiritualità, nella storia della musica, possono tanto alimentarsi reciprocamente quanto elidersi a vicenda. È difficile concepire qualcosa di più antispirituale del Largo religioso “sostenuto molto” con cui Puccini inizia Tre sbirri, una carrozza, vaneggiamento erotico di Scarpia in pieno Te Deum e oscena quintessenza d'ogni farisaismo; così come, mezzo secolo più tardi, sarà invece Luigi Dallapiccola a creare un circolo virtuoso di laicità e spiritualità nella sua Piccola musica notturna, dove un soggetto musicale in sé del tutto profano si dematerializza in una rarefazione pensosa – una sorta d'intellettualità incorporea – di gran levatura morale e concettuale.

Sotto tale profilo, impaginare l'ultimo concerto della Fondazione Haydn di Bolzano e Trento usando questa breve partitura di Dallapiccola a mo' di preludio, e proseguendo poi con un muro maestro della musica sacra di tutti i tempi come Le sette ultime parole del nostro Salvatore sulla croce, è stata una felice: la religiosità archetipica del capolavoro haydniano ha avuto un ottimo viatico nella laica elevatezza della Piccola musica notturna. E pure sul fronte della coincidenza degli opposti si è trattato di un abbinamento riuscito, con il fertile transito da un compositore fedele alla musa dello sfoltimento e dell'attenuazione, qual era Dallapiccola, a quell'intensità drammatica con cui Haydn – senza uscire dai rigidi confini del sacro – compie comunque il miracolo di “fare teatro” con la mera musica strumentale.

Tutto questo resta però confinato nei cieli delle speculazioni teoriche, in mancanza un'esecuzione illuminante. Che qui per fortuna c'era. L'Orchestra Haydn è da tempo una realtà consolidata, non più semplice promessa; e sotto la guida di Kent Nagano – dall'anno scorso uno dei suoi direttori di riferimento – si trasforma in un fluido meccanismo di fraseggio articolato, sonorità flessibili, appiombo ritmico, dove la stessa acustica non ottimale del Duomo di Bolzano (il giorno dopo si è replicato nel Duomo di Trento) diventa occasione di trasparenti scandagli fonici. Dal canto suo, Nagano punta su una lettura tanto analitica quanto rarefatta, gettando una campata di suggestioni stilistico-coloristiche che lo confermano, tra le grandi bacchette di oggi, quella con un maggior talento “diacronico”: i dieci minuti della Piccola musica notturna alternano ombrosità timbriche (è questa la tinta dominante del brano) a sprazzi di quasi mozartiana luminosità, in un ponte tra diciottesimo e ventesimo secolo che si rivela il modo migliore per prepararci all'ascolto di Haydn. E lasciando però trapelare la consapevolezza – ben suggerita dal gesto scarno di Nagano – che, al contrario di altri compositori suoi contemporanei, quello di Dallapiccola è un Settecento rivissuto in via intellettuale, non ricalcato in senso calligrafico.

Al contrario, ma pure con perfetta consequenzialità, arrivato alle Sette ultime parole Nagano sembra voler ripercorrere la strada di Dallapiccola, o comunque una strada novecentesca: la drammaticità di Haydn si stempera e rimane in filigrana, mentre la solennità della religione cede il passo all'intimismo della spiritualità. Gli stessi tempi lenti che costellano la partitura (una pressoché ininterrotta alternanza di Largo e Adagio, finale escluso) diventano in Nagano non manifestazioni di gravità ma fonte di riflessione, proprio in virtù di una differenziazione dialettica tra quei “larghi” e quegli “adagi”. E il terremoto del Golgota, su cui si chiude la partitura, suona più come una resa dell'umano al mistero del divino che come un reale sconvolgimento tellurico.

Haydn aveva concepito il suo lavoro con una funzione quasi ancillare, come se i sette movimenti in cui esso si articola non fossero che dei brevi “intermedi” tra una riflessione e l'altra del sacerdote durante la celebrazione della Passione di Cristo. Nel concerto al Duomo di Bolzano si è fatta la stessa operazione in senso opposto, nel senso che alcuni movimenti (non tutti) sono stato intervallati da chiose di Monsignor Ivo Muser, vescovo bolzanino: commenti misurati, ecumenici – molto in linea con la lettura di Nagano, insomma – e anche musicologicamente appropriati.

Paolo Patrizi

28/6/2023

La foto del servizio è della Fondazione Haydn.