RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Il miracolo di una voce

Enumerare i pregi canori di Jessica Pratt richiederebbe un intero trattato di vocalità, specialmente in un'epoca come la nostra nella quale le uniche esecuzioni dei capolavori belliniani degne di essere ascoltate sono relegate a polverosi dischi di vinile, o a rimasterizzazioni su Cd, o a frammenti di Youtube, giacché dal vivo, nel desolante panorama sopranile, troviamo con poche eccezioni quasi solo cantanti frettolose del debutto, affannate a cantare di tutto senza alcun rispetto per la propria voce, mal impostate, ansiose dell'aria senza alcuna cura per i recitativi, in una parola amorfe e poco significanti, che senza dubbio contribuiscono non poco al generale disinteresse del pubblico nei riguardi dell'opera lirica.

A chi scrive è sembrato quasi un miracolo, il 9 settembre, alla villa Bellini di Catania, poter ascoltare, all'interno del Bellini International Context, ancora una volta dal vivo un soprano che oggi è senz'altro tra i più grandi del mondo, in un concerto spettacolare, interamente dedicato al Cigno, del quale la Pratt ha incarnato tutte le eroine, a eccezione della cupa Imogene: ed ecco le regali Beatrice di Tenda e Alaide, ovvero La Straniera, delle quali sono state proposte rispettivamente “Respiro io qui… Ma la sola, ohimè son io… Ah! La pena in lor piombò” e “Sono all'ara… Ciel pietoso, in sì crudo momento… Or sei pago, o Ciel tremendo”, ma anche la dolente Elvira de I Puritani, con la celeberrima scena della follia “O rendetemi la speme… Qui la voce sua soave… Vien, diletto, è in ciel la luna”, per giungere alla più grande delle eroine, Norma, presente con “Casta Diva … Ah! Bello a me ritorna”, per finire con la candida Amina, La Sonnambula, di cui la Pratt ha cantato l'aria e cabaletta nella quale è insuperata: “Oh, se una volta sola… Ah, non credea mirarti… Ah, non giunge”.

Tutti i brani proposti sono stati eseguiti nella loro assoluta interezza, senza quegli sconti vocali che spesso i solisti si concedono, sia in teatro che in concerto, e con le cabalette canonicamente ripetute due volte, la seconda con variazioni e cadenze nelle quali la Pratt ha sfoggiato, e con assoluta nonchalance, una tecnica sopraffina che le consentiva una tenuta dei fiati più che sufficiente a rispettare l'arcata belliniana, un'intonazione sempre assolutamente perfetta, precisione nell'attacco e nel rilascio del suono, abbellimenti scintillanti ma soprattutto una musicalità rara, che le permette di porgere il personaggio al pubblico, di introdurre lo spettatore al dramma che la voce addita, di eviscerarlo in tutte le sue sfumature, con un'interpretazione in cui nulla è lasciato al caso, dove l'abbandono lirico è sempre presente ma, come diceva Maria Callas, altrettanto lo è la mente, che tale abbandono deve guidare e indirizzare, senza mai lasciarlo scivolare nel melenso o nell'inutile compiacimento virtuosistico.

Degna partner della Pratt, sul fronte strumentale, è stata Manuela Ranno, che ha guidato con grande professionalità l'orchestra del Teatro Massimo di Palermo: anche qui va rilevata la compattezza dell'orchestra, la sua abilità nel seguire la cantante senza mai soverchiarla, rispettandone i tempi, con sonorità sempre equilibrate nonostante la microfonatura necessaria a un concerto all'aperto. Anche nei brani sinfonici che sono stati eseguiti (la Sinfonia in Re maggiore, il Capriccio ossia Sinfonia per studio in do minore e la Sinfonia dall'Adelson e Salvini) la Ranno ha retto l'orchestra con piglio sicuro, ferrea nella precisione dell'attacco e del rilascio del suono, sicura nei passaggi repentini dal forte al piano (quasi un effetto a terrazze!), coadiuvata nel suo compito da una compagine di veri professionisti, dove la sontuosità sonora degli archi si univa al nitore fonico dei fiati, completandosi nell'estrema misura delle percussioni.

Al termine, alle ovazioni del pubblico, Jessica Pratt, generosa come solo i grandi artisti sanno essere, ha offerto un bis d'eccezione, tanto più prezioso in un'epoca dove spesso l'encore consiste nella ripetizione di uno dei brani già in programma: la fantasmagorica Polacca di Elvira “Son vergin vezzosa” da I Puritani, dove il soprano ha raggiunto spettacolari vette virtuosistiche, porte con assoluta sprezzatura e sì, anche con un sorriso divertito e smagliante!

Unica nota stonata in una serata d'eccezione, per di più offerta a titolo assolutamente gratuito a chiunque volesse accedere: un pubblico non foltissimo per un concerto che altrove avrebbe fatto accorrere frotte di appassionati…

Giuliana Cutore

10/9/2023

La foto del servizio è di Giacomo Orlando.