RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Sotto il vestito, il vestito

 

La dichiarata distanza da una visione conformistica e folkloristica dell'opera prende forma, nel lavoro del regista Daniele Menghini, con l'uso di elementi simbolici e concettuali sovrapposti alla scrittura originale. Al centro della scena, ben integrata con il muro di mattoni dello Sferisterio, un Arlecchino adagiato su un toro ucciso sono il preambolo visivo ad una versione di Carmen in bilico tra corporeità spietata e realtà celata. Alla brava attrice Valentina Picello, interprete della nota maschera della Commedia dell'Arte, è affidato l'arduo compito di proporre al pubblico impaziente, prima dell'ouverture, un monologo a dire il vero un po' forzato, utile però a comprendere la sottile interpretazione del regista.

Sensata quindi la cornice iniziale; ma lo spettacolo prende davvero anima con L'amour est un oiseau rebelle, in un'interpretazione di altissimo profilo del soprano Katevan Kemoklidze, stabile e potente anche nei passaggi più impegnativi, perfetta nel personaggio per fisicità e davvero stupefacente per naturalezza della presenza scenica. Ottima in questo caso la capacità registica di condurre le scene di insieme, in cui si nota la particolare cura nella gestione delle risorse costituite da coro, danzatori e figuranti.

In questa colorata e complessa compagine i costumi di Nika Campisi costituiscono un elemento fondamentale di connotazione concettuale, perfettamente in linea con la visione concepita dalla regia: da una parte il conformismo dei militari e delle sigaraie, uniformi e tute a toni scuri, dall'aspetto trasandato e dimesso; dall'altra, istintività e ribellione del popolo a margine, un mondo colorato dal sapore circense, in cui le peculiarità umane si palesano nella negazione della divisa e nella personalizzazione della maschera, che qui sono proposte con numerose ed efficaci variazioni dell'abito di Arlecchino.

Uno spettacolo ricco quindi sul piano visivo – evidenti i rimandi all'immaginario visivo del teatro di Emma Dante – ma nel quale l'aspetto musicale risulta perfettamente inserito e colonna portante: si è già detto dell'ottima protagonista, ma non bisogna dimenticare l'eccellente lavoro del Maestro Donato Renzetti, veterano del Macerata Opera Festival, che conduce egregiamente l'Orchestra Filarmonica Marchigiana; o il Coro Vincenzo Bellini, fondamentale nell'equilibrio generale. Allo stesso livello di eccellenza si attestano tutti gli interpreti, nessuno escluso: Ragaa Eldin, Don José, offre una caratterizzazione del soldato decisa e fisica, voce drammatica e duttile; la Micaela di Roberta Mantegna si distingue – pubblico entusiasta – per sensibilità e doti tecniche, una voce che semplicemente si adagia sulla musica con incredibili naturalezza; il duo delle zingare, Frasquita e Mércedès, trova in Francesca Benitez e Alessandra Della Croce due interpreti perfettamente complementari, per vocalità e fisicità – e sapiente scelta dei costumi, mentre i complessi arabeschi vocali richiesti a Escamillo sono affrontati con fierezza dall'ottimo Fabrizio Beggi.

La trama complessa di movimenti scenici e trovate ad effetto si consolida nel corso dello spettacolo e raggiunge negli ultimi due atti il suo pieno potenziale, con fuochi artificiali, coreografie, attrezzature di scena elaborate e vistose; parallelamente viene rappresentata un'indissolubile unione di registro tragico e farsesco in cui la nuda realtà, il racconto dei fatti, risulta ineluttabilmente distorto dalla rappresentazione di se stesso.

Puntuali gli interludi dell'Arlecchino/narratore, al principio di ogni atto: un saliscendi di riflessioni esistenziali e citazioni popolari – brani de Il cuore è uno zingaro – che non convincono fino in fondo e a tratti risultano tediosi. Poi Arlecchino, all'inizio dell'atto finale, si spoglia: sotto al costume dismesso rivela un abito identico, scolorito, sotto la maschera, un pesante trucco sugli occhi. E mentre la tragedia, l'amore e la morte si consumano sotto gli occhi di tutti, Arlecchino scrive a caratteri cubitali Al pubblico diletto, prima di spogliarsi di nuovo e rivelare, nell'infinita sequenza di realtà e finzione, un abito colorato identico al primo. E allora scordiamoci tutto, anche queste righe, e cominciamo da capo. Hai vinto tu, Arlecchino.

Giovanni Giacomelli

8/8/2023

Le foto del servizio sono di Imbrescia.