RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Riflessioni

 

La Traviata dello specchio nasce per risolvere un problema.

Si racconta che Svoboda non fosse particolarmente convinto di accettare l'incarico per la scenografia di un nuovo allestimento dell'opera: un teatro, lo Sferisterio, con un palco troppo largo, paragonato alla limitata profondità, delimitato da un enorme muro. Tutto si risolse in occasione di un pranzo: sembra che lo scenografo propose la soluzione inclinando la lama di un coltello sul tavolo e osservandone il riflesso.

Un uovo di Colombo che a trentun anni di distanza continua a meravigliare nei teatri di tutto il mondo; tornando a casa, nel luogo per il quale era stato ideato inizialmente, lo specchio non è solo soluzione tecnica: è la seconda realtà in cui si muovono i personaggi, altrimenti persi nella vastità del palco, è il mondo ideale della messinscena, in cui l'umana visione prospettica si astrae in planimetria.

Non ce ne vogliano i melomani più irriducibili, ma in questa fredda e ventosa serata, almeno durante le prime parti della rappresentazione, l'aspetto visivo prevale sulla presenza dell'orchestra, un po' perduta tra il mare di mattoni e la spiaggia di persone, spogliata del volume necessario dalla brezza che si alza dopo una pioggia abbondante. In queste condizioni ambientali la musica sembra dapprima leggermente appannata, prendendo poi corpo con la fine dell'ouverture e l'ingresso del coro – Coro Lirico Marchigiano Vincenzo Bellini – che riporta l'equilibrio tra ascolto e visione. I cantanti solisti riescono nella fondamentale impresa di scaldare la recita: Nino Machaidze, dapprima leggermente opaca – probabilmente a causa della temperatura non proprio estiva – fiorisce nel secondo atto, dando il meglio nelle parti soliste nelle quali riesce a dipingere il personaggio utilizzando i colori tenui della malinconia e della felicità sfuggente, evocando una Violetta completa, ricca di sfumature caratteriali. Anthony Ciaramitaro, Alfredo, è vocalmente deciso fin dal principio, esuberante e preciso, anch'egli particolarmente a suo agio nei passaggi solistici.

Roberto de Candia, Germont, delinea un personaggio altero e distaccato, concentrandosi quasi completamente sulle proprie ottime doti di cantante e utilizzando in maniera marginale prossemica e mobilità in scena. L'Annina di Silvia Giannetti, così come Flora, interpretata da Mariangela Marini, si rivelano efficaci, oltre che per la vocalità, anche per la buona consonanza fisica con il personaggio. Alberto Petricca, Stefano Marchisio e Carmine riccio, rispettivamente Douphol, Marchese e Gastone, con uso sapiente di tecnica e capacità interpretative, costituiscono un trio eterogeneo e integrato, perfettamente a proprio agio nei personaggi.

Poco si è detto della regia, perché l'eccellente lavoro di Henning Brockaus, autore dell'allestimento originale e responsabile del disegno luci insieme a Fabrizio Gobbi, costituisce un tutt'uno con la concezione scenografica di Svoboda. La potenza della direzione si riconosce ancora una volta nella semplicità, nella mancata scelta di un'ambientazione alternativa – grazie Brockaus – nell'assenza di forzature, nell'uso di dettagli sussurrati, presenti nei grandiosi costumi di Giancarlo Colis e nella disposizione sapiente degli oggetti di scena.

Nella Traviata dello specchio il tumulto della vita semplicemente accade, e lo si osserva di riflesso.

Giovanni Giacomelli

8/8/2023

Le foto del servizio sono di Imbrescia.