RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

Una notte di inganni e di equivoci

all'Albergo del Libero Scambio

L'albergo del libero scambio è una delle opere più famose e ancor oggi rappresentate del celebre drammaturgo francese Georges Feydeau, vissuto a cavallo tra l'800 e il ‘900: una commedia rutilante, basata su un gioco degli equivoci a tratti paradossale, in cui due coppie di mezza età, ciascuna a suo modo stanca e delusa dalla vita coniugale, vivono una terribile notte di inganni, paure, angosce in un alberghetto per coppie clandestine, fino all'immancabile retata della polizia, che avrà i suoi pericolosi risvolti (ma anche la sua comica soluzione) la mattina dopo, quando i veri colpevoli, che tuttavia non sono riusciti a diventare amanti per fare dispetto ai rispettivi coniugi, riusciranno a salvarsi la reputazione per il classico rotto della cuffia, pur rimettendoci una discreta somma di denaro.

Come si vede, un classico dell'umorismo, lieve e ilare, quello proposto dal Brancati di Catania il 10 gennaio, con repliche sino al 27: la regia di Sebastiano Tringali ha diretto la compagnia con mano leggera, puntando a una tipizzazione dei protagonisti e a una recitazione abbastanza straniata che desse allo spettatore proprio l'impressione di assistere a uno spettacolo d'altri tempi, che dunque andava gustato per quello che era all'epoca, con la sua comicità disimpegnata, magari ingenua, ma ben lontana comunque dalla farsa, e giocata invece tutta su un'eleganza ben lontana dalla crassa risata. Le scene di Susanna Messina seguivano il lavoro della regia, con scenari naif, con un'attrezzeria minuta e ridotta all'essenziale, il che permetteva di focalizzare l'attenzione sugli attori, che hanno disegnato sul palcoscenico tipi più che personaggi, rendendo così le situazioni comiche quanto mai gustose e godibili. Anche le musiche di Matteo Musumeci si sono rivelate perfettamente aderenti all'idea registica di fondo, come anche i bei costumi, molto colorati e ricercati sin nei minimi particolari, delle Sorelle Rinaldi.

La compagnia si è mostrata ben a proprio agio in questo scenario d'altri tempi, con una recitazione mai sopra le righe, con movimenti scenici vivaci e rapidi ma non esagitati: bravi Giuseppe Aiello, Marianna Occhipinti e Paola Bonaccorso, quelli che un tempo sarebbero stati definiti gli attori giovani, che hanno impersonato lo studente di filosofiaMaxime e le due figlie adolescenti del balbuziente (ma solo quando piove) Mathieu, interpretato da Plinio Milazzo, che ha strappato calorosi applausi coi suoi disperati, comicissimi tentativi di parlare mentre infuria il temporale, ritornando subito un composto, austero e impeccabile professionista appena il tempo volge al bello. Bravissimo come sempre, grazie a un'efficace mimica e a una gestualità che ricordano per certi versi quelle del grande Totò, Dodo Gagliarde, l'untuoso e compiacente Bastien, gestore dell'albergo, mentre Lorenza Denaro ha impersonato con estrema freschezza la giovane servetta Victoire, che all'Albergo del Libero Scambio cerca di sedurre l'imbranato Mathieu. Riccardo Maria Tarci, l'architetto Paillardin, ha presentato con la consueta classe il suo personaggio, mentre Olivia Spigarelli, l'arcigna Angélique, moglie del costruttore Pinglet, ha ben reso la moglie dispotica e perbenista, dedita al diuturno martirio psicologico del consorte. Alessandra Cacialli, nel ruolo di Marcelle, moglie delusa e frustrata di Paillardin, è riuscita come sempre, con la sua gestualità espressiva e la sua mimica affidata a piccole ma efficaci smorfie, velenose e ammiccanti al punto giusto, a disegnare un personaggio completo, comico ma al tempo stesso un po' patetico, dimostrando di essere a proprio agio anche nei ruoli più tipicamente umoristici, e piegandosi volentieri anche al ruolo di spalla di Filippo Brazzaventre, il costruttore Pinglet, arricchito da una voluminosa pancia da borghese benestante d'altri tempi; muovendosi con estrema disinvoltura, dando continuamente la netta sensazione di recitare, senza mai una sbavatura caricaturale o naturalistica, Brazzaventre ha scolpito un personaggio godibilissimo e ben tipizzato, dalla mimica comicamente irresistibile.

Uno spettacolo di buon livello, cui purtroppo ha nuociuto l'eccessiva lunghezza dei cambi scena, che hanno per così dire spezzato il torrente della comicità, stancando alquanto gli spettatori, che hanno comunque tributato calorosi applausi a tutta la compagnia al termine della rappresentazione.

Giuliana Cutore

12/1/2019