RECENSIONI
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direttore responsabile _ Giovanni Pasqualino_


 

 

 

 


 

L'amico Fritz

alla Fenice di Venezia

Il Teatro La Fenice produce un nuovo allestimento de L'amico Fritz di Pietro Mascagni, opera oggigiorno quasi dimenticata, nell'area nord-Italia si ricorda come ultima ripresa un'edizione con cast bizzarro, Andrea Bocelli e Cecilia Gasdia, a Verona nel 2001. L'amico Fritz è una commedia lirica in tre atti musicata su libretto di Nicola Daspuro (sotto lo pseudonimo di P. Suardon) basata sulla commedia L'ami Fritz (1876) del duo Erckmann-Chatrian. La prima rappresentazione si tenne con successo al Teatro Costanzi di Roma il 31 ottobre 1891 con protagonisti Fernando De Lucia ed Emma Calvé. È indiscusso che Mascagni, come altri compositori suoi coetanei, fosse vittima di una certa stampa carica di pregiudizi e incomprensioni. L'opera, che non vanta un impegno stilistico eccelso, ha tuttavia una costruzione musicale ben più complessa di Cavalleria Rusticana , la quale passerà alla storia come il capolavoro primo e mai superato dell'autore. Lo spartito in oggetto è opera larmoyante e carica di melodico sentimento, un genere che a cavallo tra ‘800 e ‘900 godette di ampio favore tra il pubblico e gli interpreti lirici. Tali favori si protrassero fino agli anni '60, culminate con due edizioni discografiche di riferimento.

L'Amico Fritz non è un capolavoro, la questione è accertata da tempo e una certa fortuna la può trovare solo nel caso, non raro, di validissimi cantanti e notevole direttore. Essa è un'opera unica nel suo genere idilliaco che possiamo considerare una bella o, più semplicemente, una peculiare storia d'amore ma scadente e prolissa, pur nella brevità di novanta minuti, e poco teatrale. I toni idilliaci tenui e le amenità paesaggistiche descritte in musica da Mascagni non possiamo negare abbiano un indicativo “bozzettismo” e il tratteggio dell'ambiente attraverso il gioco delle mezze-tinte, e i colori evocano un significato che qualcuno affianca alla scapigliatura, movimento artistico in voga sul finire del XIX secolo, senza tralasciare l'aspetto teatrale in musica in cui prevalgono affetti e idilli, assieme alla nostalgia del crepuscolarismo della romanza salottiera. Non mancarono come detto sopra critiche feroci alla partitura e al libretto, Verdi lo definì “scemo”, ma anche attestati di stima, come quello di Gustav Mahler che diresse l'opera ad Amburgo nel 1893 e in seguito a Vienna, ove ottenne un trionfo.

La nuova produzione veneziana affidata alla regia di Simona Marchini, Massimo Checchetto scenografo e Carlos Tieppo costumista, delude per il senso chiuso di una scenografia a forma di cartolina, sempre uguale, e da una sostanziale ingessatura della narrazione, la regia mi è parsa molto latitante, non creando quell'aspetto salottiero e idilliaco che lo spartito richiede. Non aiutavano i costumi, piuttosto dozzinali, talvolta ridicoli, se prendiamo ad esempio Beppe conciato come un corsaro. Nel complesso una soporifera e pesante ruotine senza anima, cui si sommano inserimenti mimici inutili e talvolta ridicoli.

Fabrizio Maria Carminati sarebbe concertatore sicuro e preciso, buon narratore e diligente equilibrista tra buca e palcoscenico, peccato che le sonorità fossero talvolta eccessive per il contenuto teatro veneziano, avremmo preferito più leggerezza, ma non possiamo negare che la direzione sul canto di conversazione fosse molto meritevole.

Delude nel suo complesso il cast. Alessandro Scotto di Luzio, Fritz, sfodera un timbro molto bello ma non va oltre l'esibizione, dimostrando una sommaria capacità di fraseggio e accenti. Inferiore la Suzel di Carmela Remigio, la quale avrebbe avuto i requisiti per tale ruolo, ma recenti trasbordi di repertorio hanno comportato una modifica sostanziale della vocalità, che in quest'occasione è risultata con colori troppo incisivi e con accenti drammatici del tutto estranei al ruolo; inoltre il personaggio adesso le sta stretto interpretativamente. Elia Fabbian, David, ha solo interpretato un buon personaggio ma il canto era aspro e sfasato. Leggermente meglio il Beppe di Teresa Iervolino, dalla quale però mi sarei aspettato più pathos e vena malinconica, ma la voce è bella e probabilmente la regia l'ha fortemente penalizzata.

Ottime le parti di contorno: William Corrò e Alessio Zanetti, Hanezò e Federico, sono due sgargianti amici del protagonista e Anna Bordignon una precisa Caterina. Buona la prova del Coro istruito da Claudio Marino Moretti.

Teatro con qualche vuoto sia nei palchi sia in galleria, successo di cortesia al termine.

Lukas Franceschini

7/6/2016

Le foto del servizio sono di Michele Crosera.